La scorsa settimana le autorità albanesi hanno espulso Danial Kassrae, un ventinovenne iraniano che però i media albanesi chiamano con insistenza come “italoiraniano”. La storia è stata ripresa dal manifesto, che spiega: “Il 22 luglio il ministro degli Interni albanese Sander Lleshaj lo ha dichiarato persona non grata e firmato un ordine di espulsione con cui a Kassrae è stato interdetto l’ingresso in Albania per i prossimi 15 anni. L’uomo è stato prima condotto nel campo profughi di Karec a Vora e poi il 23 luglio messo su un aereo della Blue Panorama, destinazione: Roma”.
L’ACCUSA DI TIRANA
L’accusa a suo carico è spionaggio per conto del ministro dell’Intelligence iraniano (Mois) in Albania. Il suo obiettivo sarebbe stato acquisire informazioni sui Mujahedeen-e-Khalq (Mek), uno dei principali gruppi d’opposizione al regime di Teheran che ha la propria base a Manza, vicino Durazzo. Lì vivono in quasi totale isolamento più di 4.000 mujahedeen nel campo Ashraf-3.
Il Mek è da sempre nel mirino dell’Iran, che lo ritiene un’organizzazione terroristica. Basti pensare che la resistenza in esilio era l’obiettivo dello sventato attentato terroristico a Parigi contro un grande evento organizzato dal gruppo a cui ha partecipato, oltre a molti politici occidentali (anche italiani), Rudy Giuliani, ex sindaco di New York e vicinissimo al presidente statunitense Donald Trump.
KASSRAE NON È SOLO
Ma torniamo a Kassrae. Secondo la stampa locale, scrive sempre il manifesto, “nel periodo in cui ha soggiornato in Albania, lo 007 iraniano avrebbe raccolto informazioni sui membri del Mek e cercato di contattare e reclutare attuali ed ex esponenti dell’organizzazione. Ma c’è di più”. Infatti, dalle intercettazioni telefoniche risulta che Kassrae “si sarebbe introdotto nel campo diverse volte e qui avrebbe cercato di mettersi in contatto con tre esponenti del gruppo. Scopo dell’operazione: condurre una campagna di demonizzazione sul controverso gruppo iraniano e facilitare l’organizzazione di attentati terroristici. Secondo le ricostruzioni apparse sui giornali locali, sarebbero in corso delle indagini su persone che potrebbero aver collaborato con l’agente iraniano”.
Quello di Kassrae non è il primo caso di cittadino iraniano espulso dall’Albania per spionaggio. Come ricorda il manifesto, infatti, a gennaio era toccato a due diplomatici dell’ambasciata iraniana in Albania, ritenuti dall’intelligence albanesi vicini all’ex leader delle forze Quds, il generale Qassem Soleimani, ucciso da un raid statunitense a Baghdad a inizio anno. A gennaio 2018, invece era stato espulso l’ambasciatore e un altro diplomatico, dichiarati entrambi persona non grata dal ministero degli Esteri in quanto ritenuti una minaccia alla sicurezza del Paese.
L’ARRIVO IN ITALIA
Com’è possibile però che un soggetto ritenuto dall’intelligence albanese pericoloso e una minaccia alla sicurezza nazionale sia arrivato in Italia? Perché Kassrae ha la cittadinanza italiana. Addirittura, secondo il Consiglio nazionale della resistenza iraniana, Kassrae sarebbe stato “precedentemente impiegato come reporter dalla televisione statale iraniana Press TV a Roma” e sarebbe stato lo stesso Mois a inviarlo dall’Italia in Albania “contemporaneamente al trasferimento in Albania degli ultimi gruppi di membri del Mek dall’Iraq”.
Come aveva già raccontato a novembre il Consiglio nazionale della resistenza iraniana, Kassrae è stato più volte visto nei pressi del campo del Mek (Ashraf-3), presentatosi in più vesti: reporter, poliziotto, operatore di call center. Sempre con lo stesso obiettivo, però: ingannare i mujahedeen e passare informazioni al Mois. Ed è per questo che, giustamente nota il manifesto, è “difficile valutare l’attendibilità del suo ingaggio come giornalista a Roma”.
GLI INTERROGATIVI
Vi è però (almeno) un elemento che non torna in questa storia: perché una spia iraniana è stata espulsa, per giunta facendola passare per un campo profughi, e non incarcerata dalle autorità albanesi? Due diverse fonti di Formiche.net che hanno conoscenza del dossier iraniano sul fronte dell’intelligence e delle relazioni internazionali concordano nel suggerire che la scelta albanese di non arrestare la spia sia stata dettata dal “timore di ritorsioni” da parte di Teheran. Una di loro spiega: “L’Albania è da anni nel mirino dell’Iran, è sufficiente notare quanti diplomatici del regime sono stati espulsi negli ultimi mesi”. L’altra, invece, guarda al trasferimento nel nostro Paese sottolineando che in Italia “i canali ufficiali e non della diplomazia e dell’intelligence iraniana sono particolarmente attivi nel garantire protezione a spie e informatori godendo, tra l’altro, di un discreto tasso di acquiescenza”.