“Nessuna mossa sarà intrapresa senza confronto con gli alleati”. È la rassicurazione del segretario alla Difesa Usa Mark Esper sul piano di riordino della presenza americana in Europa. Martedì scorso, infatti, la conferenza stampa al Pentagono aveva colto un po’ di sorpresa il pubblico europeo, con numeri non chiarissimi sulle nuove destinazioni di quasi la metà dei dodicimila militari in uscita dalla Germania (soprattutto verso Belgio e Italia). E così, oggi, sulle colonne online del quotidiano The Hill il capo del Pentagono è intervenuto sul tema, con messaggi tutt’altro che scontati per il Congresso e gli alleati del Vecchio continente.
“THE PRESIDENT TRUMP’S DECISION”
Confermati i numeri complessivi: il ritiro dalla Germania conterà 11.900 unità, così da scendere a 24mila militari presenti nel Paese. Esper non nasconde la paternità della scelta di ridurre la presenza in Germania, definita “president Trump’s decision” (da leggere, a riguardo, il punto del generale Mario Arpino). Eppure, sottolinea, è solo un’accelerazione della review già prevista del Comando europeo degli Stati Uniti (EuCom), teso a “riposizionare le forze in Europa per essere meglio preparati al confronto tra grandi potenze”. Proprio il ritorno alla logica competitiva su larga scala è difatti posto alla base delle manovre nel Vecchio continente. Il confronto con Russia e Cina richiede infatti di “costruire una forza più letale, rafforzare le nostre alleanze e attrarre nuovi partner”. Per tutto questo, “si riforma e ottimizza la presenza operativa in tutto il mondo”, ha spiegato Esper.
I PRINCIPI
E così, rispettando la decisione di Trump e seguendo le esigenze definite dalla National Defense Strategy, l’EuCom, guidato dal generale Tod Wolters (che ha partecipato alla conferenza stampa dello scorso martedì) ha elaborato un piano “strong”, basato su cinque principi: “rafforzare la capacità di deterrenza sulla Russia da parte degli Stati Uniti e della Nato; rafforzare l’Alleanza Atlantica; rassicurare gli alleati; migliorare la flessibilità strategica Usa e quelle operativa dell’EuCom; prendersi cura dei membri delle nostre Forze armate e delle loro famiglie durante tutto il processo”.
NUOVE DESTINAZIONI
Dei quasi dodicimila militari in ritiro dalla Germania, 5.600 verranno riposizionati in altri Paesi Nato, mentre 6.400 ritorneranno negli Stati Uniti “sebbene – questa è una delle novità dell’editoriale di Esper – molti di loro, o unità simili, saranno rapidamente dispiegati a rotazione nuovamente in Europa”. Confermata l’uscita dei quartier generali presenti in Germania, soprattutto EuCom e l’equivalente con competenza sull’Africa (AfriCom), entrambi a Stoccarda. Esper parla delle “stesse località delle controparti Nato in Belgio e Italia”, così da rafforzare l’Alleanza e “aumentare l’efficienza operativa e la prontezza di oltre duemila militari Usa di tali comandi”. In Belgio potrebbe infatti finire EuCom, lì dove ha sede già Shape, comando supremo dell’Alleanza, tra l’altro sotto la guida dello stesso Wolters. Per AfriCom la naturale destinazione sarebbe a questo punto Napoli, dove gli Usa hanno il comando della Sesta flotta e dove l’Alleanza schiera uno dei suoi tre “Joint Force Command”, quello comprensivo dell’Hub per il Sud.
LA POSIZIONE ITALIANA
Lato italiano, come notato da queste colonne dall’ambasciatore Stefano Stefanini, uno spostamento a Napoli di AfriCom potrebbe rappresentare quanto chiesto dal nostro Paese da anni: una maggiore attenzione di Usa e Nato per il fronte mediterraneo. Nel suo editoriale, Esper non parla però di “sud”, quanto di “sud-est”, con la regione del Mar Nero nel mirino. “Uno squadrone caccia e elementi di una fighter wing (che di solito comprende tre squadroni, ndr) saranno riposizionati in Italia, più vicini al Mar Nero e meglio capaci di condurre impieghi dinamici e dispiegamenti a rotazione sul fianco sud-est della Nato”, ha scritto il capo del Pentagono. In più, “quasi 4.500 membri del secondo Reggimento cavalleria (con sede attuale a Vilseck, in Baviera, ndr ) torneranno negli Usa, mentre altre unità stryker inizieranno continue rotazioni più a est verso la regione del Mar Nero, dandoci una presenza più forte per aumentare la deterrenza e rassicurare gli alleati della regione”.
TRA REGNO UNITO E POLONIA
Altre manovre riguardano Regno Unito e Polonia. I 2.500 militari della Us Air Force per cui si prevedeva uno spostamento in Germania, è confermato il dietrofront: resteranno da Sua Maestà. Coinvolta anche la Polonia, che dalla conferenza di martedì era invece stata esclusa. Come da intese tra Donald Trump e Andrzej Duda già nel 2019, lì dovrebbero andare altri mille militari americani oltre i 4.500 già presenti. Potrebbero essere di più con il piano di ritiro dalla Germania, in particolare per il V Corps dell’Esercito Usa, re-istituito solo lo scorso febbraio proprio per rafforzare la presenza in Europa. Si sposterebbe a rotazione in Polonia “una volta che Varsavia firmerà un accordo di cooperazione nella Difesa e un patto di burden sharing”, ha specificato Esper. Infine, “ci possono essere altre opportunità di spostare altre forze in Polonia e nei Paesi baltici”, cioè coloro che potrebbero essere maggiormente indispettiti dalla riduzione della presenza in Germania a favore del rientro in Patria e del ridispiegamento tra Belgio e Italia.
TEMPI, SE E MA…
Il Pentagono, ha spiegato Esper, “intende attuare tali movimenti nel modo più veloce possibile, con alcuni di essere che inizieranno entro alcune settimane, e altre che richiederanno più tempo”. Martedì, il generale John E. Hyten, vice capo di Stato maggiore della Difesa Usa, aveva parlato di anni. Lo stesso hanno notato Stefanini e il generale Marco Bertolini nelle rispettive riflessioni per Formiche.net. D’altronde è lo stesso Esper che “durante questo processo, garantiremo che nessuna mossa avvenga senza un’accurata comunicazione con il nostro personale e con gli alleati; siamo stati e resteremo in stretta consultazione con il Congresso (visto che il piano richiederà delle spese, ndr), con la Nato e con i Paesi direttamente coinvolti”. Ciò potrebbe portare l’esecuzione del piano ben oltre le prossime elezioni presidenziali, con tutto ciò che ne conseguenze in termini di incertezze nella futura amministrazione.