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Turismo, innovazione e green. Così spenderemo i 209 miliardi. Parla Castaldo (M5S)

Il governo Conte e la sua maggioranza cantano vittoria per l’accordo trovato al termine di quattro giorni di lavoro del Consiglio europeo. Per fare il punto della situazione Formiche.net ha intervistato Fabio Massimo Castaldo, europarlamentare del Movimento 5 Stelle e vicepresidente del Parlamento europeo.

Castaldo, siete soddisfatti dell’intesa?

Per l’Italia è una grandissima vittoria politica, al termine di una vera e propria maratona negoziale in cui il premier Giuseppe Conte ha saputo dosare con saggezza apertura sugli aspetti secondari e fermezza sui nodi dirimenti. Rispetto alla bozza proposta dalla Commissione europea manteniamo sostanzialmente intatta la quota di sussidi e aumentiamo considerevolmente quella dei prestiti: in totale al nostro Paese viene assegnato il 28% delle risorse del Next Generation Ue, a dimostrazione del fatto che senza un’Itali forte non esiste un’Europa forte. Siamo riusciti a evitare le insidie principali, annacquando il super freno di emergenza proposto dal premier olandese Mark Rutte, derubricato a una possibile discussione d’urgenza in seno al Consiglio europeo. Non avremmo mai accettato ingerenze di un altro Paese sulle riforme da attuare in Italia, tantomeno attribuendo un potere di veto: le prerogative principali di controllo restano in mano alla Commissione.

Bene il Paese, dunque. E l’Europa?

Se siamo molto soddisfatti per il nostro Paese, per l’Europa è una vittoria a metà: i tagli al fondo Horizon Europe per la ricerca, alle politiche rurali e al nuovo fondo per la sanità Eu4Health voluti dai Paesi frugali sono sbagliati e miopi. Gli anacronistici e iniqui rebates, gli sconti al bilancio Ue, riservati ai Paesi del Nord Europa rimangono e vengono persino ritoccati verso l’alto, ma si è trattato del prezzo da pagare per far prevalere il bene comune: dovevamo agire con rapidità e decisione, per garantire ai cittadini italiani ed europei le risorse ambiziose che servono a scongiurare la crisi e rilanciare la crescita.

Ad accordo trovato, come vi spiegate lo scontro con i Frugali e in particolare con il premier olandese Mark Rutte?

Da Rutte ci separa una visione profondamente diversa di Europa: per noi l’Unione deve essere più forte e autorevole di fronte alle grandi sfide globali. E deve esserlo facendo prevalere le logiche del metodo comunitario: in questo negoziato l’Italia è stata la vera paladina dei trattati e delle prerogative di Commissione e Parlamento. Le posizioni di Rutte sono invece figlie di una cultura diversa, fortemente intergovernativa, dove decidono tutto gli Stati membri e non le istituzioni comunitarie, una posizione in realtà molto vicina alle logiche degli ultrasovranisti dell’estrema destra che dice ipocritamente di voler combattere. Il premier olandese ha paralizzato per quattro giorni la risposta europea a fini squisitamente elettorali: lo spettro delle elezioni olandesi del prossimo anno è stato il convitato di pietra di questo Consiglio. Una lezione da non dimenticare: è necessario anche in questo ambito superare l’unanimità per approdare alla maggioranza qualificata. Cinque Paesi che rappresentano poco più del 10% della popolazione europea non possono tenere in ostaggio il continente in un momento così delicato. Ma ciò che conta è che alla fine abbiamo vinto noi il braccio di ferro, non solo perché abbiamo evitato l’introduzione di ingiustificabili veti in mano a singoli Paesi, ma soprattutto perché, per la prima volta nella sua storia, l’Europa emetterà titoli di debito comuni che serviranno a finanziare il nuovo strumento.

L’Italia rimarrà ancora sorvegliata speciale?

No. Ricordo anche che persino la vecchia Commissione Juncker, non propriamente benevola nei nostri confronti, aveva già deciso nel luglio 2019 di non raccomandare all’Ecofin l’avvio della procedura per deficit eccessivo contro il nostro Paese, alla luce delle rassicurazioni chiare e puntuali fornite dal governo Conte. La priorità di questa nuova Commissione, alla luce della pandemia, è la crescita e insieme lavoreremo per questo obiettivo. E il nostro sostegno alla von der Leyen, come Movimento 5 Stelle, ci rende centrali e decisivi nei nuovi equilibri.

Scongiurato il ricorso al Mes nonostante le richieste del Partito democratico per rilanciare la sanità pubblica?

Non voglio sollevare polemiche con gli alleati di governo, ma sono settimane che ripetiamo che aprire un dibattito sul Mes mentre erano in corso le negoziazioni sul Next Generation Ue era semplicemente surreale. Il tempo è come sempre galantuomo e ci ha dato ragione. Con 209 miliardi di euro tra sussidi e prestiti il ricorso al Mes diventa di fatto irrilevante e illogico. I prestiti del Recovery Fund non sono sottoposti alle condizionalità di rientro ancora esistenti per il Mes, a partire dal sistema di allerta rapido e dai controlli post programma, possono essere usati anche per programmi di riforma che vadano a sostegno di famiglie e imprese e non solo, quindi, per le spese sanitarie, e sono tripla A, con una scadenza lunghissima.

Ora serve investirli, questi 209 miliardi. Quali sono le priorità del Movimento 5 stelle?

Bisogna puntare con convinzione sui settori ad alto moltiplicatore, per creare occupazione plasmando le professioni del domani. Spingere sul pedale dell’innovazione e della ricerca, rilanciare un turismo sempre più “smart” su tutto il territorio nazionale. Scommettere sulla transizione verso un‘economia sempre più green e sostenibile, sviluppando un modello di produzione a minor impatto energetico e basato sulle rinnovabili, un percorso che già vede l’Italia all’avanguardia, avendo raggiunto i target del 2020 a differenza di molti altri Stati europei. E poi ancora la connettività puntando a portare la banda ultralarga anche nelle zone periferiche e demograficamente marginali, per contrastare lo spopolamento di queste aree e quindi anche il dissesto idrogeologico. Abbiamo tante idee innovative: vogliamo portare l’Italia nel futuro.

Come fare per distribuire le risorse? Un’altra task force?

Su questo deciderà il presidente del Consiglio d’accordo con le forze di maggioranza. Di certo servirà una gestione più centralizzata rispetto a quella dei fondi strutturali: il modello delle Regioni come autorità di gestione mostra ancora troppi limiti, specie nelle tempistiche. Come dimostrato agli Stati Generali c’è massima apertura al confronto con tutti, ma anche la volontà di mettere in campo il più rapidamente e più efficacemente possibile queste risorse per il bene dell’Italia.

A pagare il conto saranno proprio i Paesi del Nord (a iniziare da Germania e Paesi Bassi). L’Europa ha ritrovato la solidarietà?

Nessuno paga il conto di altri. Questa narrativa è tanto inesatta quanto controproducente. Semmai è vero il contrario: i Paesi del Nord cosiddetti “frugali”, vale a dire Olanda, Austria, Svezia, Danimarca e Finlandia, hanno ottenuto enormi vantaggi in questi anni dal mercato interno e hanno strappato con il ricatto agli altri 22 la conferma dei rebates per i prossimi 7 anni: un meccanismo ingiusto, per il quale i Paesi più ricchi pagano in proporzione molto meno di quelli più poveri. E che dovrà essere superato: la battaglia è solo rimandata. Ma come ho detto l’urgenza di sbloccare il Next Generation EU era impellente, di fronte alle decine di migliaia di vittime causate dal Covid-19, senza contare il rischio di una seconda ondata. Non dimentichiamo che Italia e Spagna hanno subito più degli altri le conseguenze della pandemia: aiutare questi due Paesi a risollevarsi, senza appesantire il loro debito, è un dovere dell’Europa perché senza di noi crollerebbe il mercato unico e la prospettiva di un’Europa come grande attore geopolitico.

Grazie anche all’impegno della cancelliera tedesca Angela Merkel?

La Germania ha ben capito l’entità di questa sfida fin dal primo momento, giocando un ruolo costruttivo di mediazione, mentre qualcuno in Olanda ha fatto orecchie da mercante per interessi elettorali, fino a quando il nostro premier ha fatto comprendere con decisione al suo omologo che con questo comportamento egoista e oltranzista avrebbe scambiato una effimera popolarità in patria con una responsabilità storica di proporzioni immani. E il buonsenso ha infine prevalso.

Questo Consiglio europeo segna l’inizio di una nuova fase negli rapporti di forza?

Vedremo, certamente segna la rinascita della visione di un’Europa coraggiosa e solidale dopo anni segnati dal periodo buio dell’austerity, con il trattamento vergognoso riservato ai cittadini greci e la sconfitta geopolitica della Brexit. Questo accordo passerà alla storia e noi ne siamo stati protagonisti. Nell’attesa di aprire una nuova fase con la Conferenza sul futuro dell’Europa, che non dovrebbe a nostro avviso escludere una possibile riforma anche dei trattati, dobbiamo essere orgogliosi di aver scritto una pagina importante della storia europea.


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