Ventiquattro persone sono state arrestate la scorsa settimana in Turchia per avere scritto “commenti provocatori” sui social network. Le frasi incriminate erano rivolte contro il partito Akp al governo e contro il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan.
L’agenzia turca Anadolu sostiene che gli accusati si dedicavano a promuovere l’odio e l’ostilità, “insultando leader statali e del governo” attraverso il movimento Anonymous in rete. Sevket Uyanik, un attivista per i diritti online, sostiene che il governo turco ha bloccato nell’ultimo anno 408.000 siti, 40.000 tweet, 10.000 video di YouTube e 6.200 condivisioni su Facebook.
Il 29 agosto il Parlamento turco ha approvato una legge di controllo dei contenuti sui social network, che da oggi entra in vigore. L’approvazione legislativa è arrivata meno di un mese dopo che Erdogan aveva chiesto di “portare ordine” sui social network, uno dei pochi spazi rimasti liberi dal controllo del governo in Turchia. A scatenare la rabbia di Erdogan contro la rete questa volta sono stati alcuni messaggi contro di lui e la figlia pubblicati su Twitter.
Ma lo scontro tra il presidente turco e la rete è cominciato anni fa. Nel 2013, le piattaforme di Twitter e Facebook sono servite per organizzare le grandi manifestazioni contro il governo del Movimento di Gezi. Questa legge è stata fortemente criticata perché rappresenta un attacco alla libertà di espressione, secondo organizzazioni internazionali che si battano per i diritti umani come Reporter senza frontiere e Human Right Watch.
Ma cosa prevede la normativa? Principalmente che i social network con più di un milione di utenti devono avere un rappresentante legale turco in Turchia, per archiviare localmente i dati degli iscritti ed eliminare entro 48 ore – tramite richiesta giudiziaria – qualsiasi messaggio o notizia che un tribunale ritenga “offensivo”. Se i messaggi non verranno cancellati, i social saranno soggetti ad una riduzione della loro banda in Turchia e a sanzioni fino a 4,3 milioni di euro.
Per Yaman Akdeniz, professore di Diritto dell’Università di Istanbul Bilgi ed esperto di diritto di Internet, questa legge arriva perché si è registrato un aumento nelle critiche contro il governo durante la pandemia coronavirus. All’agenzia Afp Akdeniz ha spiegato che “la stampa scritta e i media audiovisivi sono già sotto il contro del governo, ma i social network erano rimasti relativamente liberi”. Andrew Gardner, ricercatore di Amnesty International, sostiene che la legge rafforzerà le capacità del governo di censurare contenuti digitali e perseguitare gli utenti. Una chiara violazione al diritto e alla libertà di espressione in rete, che si aggiunge all’autocensura che già subiscono i turchi.
Tom Porteous, vice direttore di Human Rights Watch a Washington DC, sostiene che “i social network sono molto importanti per alcune persone che li utilizzano per informarsi. Questa legge preannuncia un periodo buio con la censura in internet”.
Ma c’è chi resta ottimista. Emma Sinclair-Webb, direttrice di Human Rights Watch in Turchia, crede che sia “impossibile in un Paese come la Turchia sopprimere i social network che sono parte integrante della vita delle persone […] L’obiettivo della legge è minacciare i social network costringendoli all’obbedienza o alla morte”.