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Trump vs Biden, cosa c’è da sapere sul primo dibattito elettorale

Grande attesa per domani, 29 settembre, quando si svolgerà il primo dibattito presidenziale negli Stati Uniti. L’incontro tra i candidati alla Casa Bianca, il presidente Donald Trump per il partito Repubblicano, e Joe Biden, per il partito Democratico, sarà all’Università Case Western Reserve a Cleveland. L’Università di Notre Dame ha annullato la disponibilità a causa della pandemia da coronavirus.

A moderare il dibattito sarà Chris Wallace, presentatore di Fox News Sunday. Questa è la seconda volta che il giornalista ha questo compito: la prima volta è stata nel 2016 quando ha moderato il dibattito tra Donald Trump e Hillary Clinton.

Secondo il quotidiano The New York Times, il moderatore gode di piena libertà nel scegliere i temi del dibattito. Per questo primo dibattito, Wallace ha scelto la storia di Trump e di Biden, il caso della Corte Suprema, la pandemia Covid-19, lo stato dell’economia, le violenze razziali in diverse città americane, e l’integrità del voto. Ogni argomento sarà discusso per 15 minuti.

A causa della pandemia, questa volta i candidati non potranno stringersi le mani, né tra di loro né con il moderatore. Una volta sul palco però potranno togliersi le mascherine. Sarà ridotto il numero di persone presenti nella sala e tutti dovranno sottoporsi al test per il Covid-19 prima del dibattito. Questa volta non ci sarà la “spin-room”, la stanza dove i giornalisti si confrontano con i rappresentanti della campagna elettorale dei due candidati.

Il primo dibattito sarà trasmesso dalle emittenti Cnn, Fox News, Cbs, Abc, C-Span, Nbc, Msnbc e dal sito del The New York Times.

È noto il peso dei dibattiti televisivi nel voto americano. Massimiliano Cavallo, esperto di public speaking, ha spiegato all’agenzia Agi che la storia insegna che “le elezioni alla presidenza degli Stati Uniti si vincono, e soprattutto si perdono, nei dibattiti in tv. Domani sarà un giorno importante per Donald Trump e Joe Biden: la prima impressione che daranno agli elettori americani sarà determinante e potrebbe influire sul risultato delle elezioni il prossimo 3 novembre”. “Le strategie che i candidati possono utilizzare sono di due tipi: decidere di parlare agli indecisi o puntare al proprio target per mobilitarli e motivarli alla campagna elettorale delle ultime decisive settimane – ha dichiarato -. Se è vero che una buona prestazione in tv non sempre permette di aumentare i consensi è altrettanto vero che una gaffe può portare a un crollo verticale da cui è difficile risalire”.

Per Diana B. Carlin, docente di Comunicazione all’Università di Saint Louis e Mitchell S. McKinney, docente di Comunicazione e direttore dell’Istituto di Comunicazione politica all’Università di Missouri, oggi più che mai gli americani hanno bisogno di dibattiti televisivi prima delle elezioni presidenziali. In un editoriale pubblicato dalla Cnn, i due docenti sostengono che questi eventi equivalgono ad un colloquio di lavoro per la presidenza.

Carlin e McKinney ricordano che i dibattiti hanno fatto parte della scena politica statunitense da quando James Madison e James Monroe hanno partecipato ad un dibattito per un seggio al Congresso e Abraham Lincoln fece lo stesso in rappresentanza del partito Whig quando i candidati presidenziali ancora non facevano campagna pubblicamente.

“Negli anni – sostengono gli esperti – abbiamo sentito molti argomenti per l’abolizione dei dibattiti. I principali sono che non cambiano il voto, che non hanno sostanza e non presentano informazione nuovo e stimolano ai candidati a giocare con frasi ingegnose che sono raccolta dai media”.

Ma le loro ricerche sui sondaggi, prima e dopo i dibattiti, dimostrano che questi influiscono sugli indecisi: “È vero che molti elettori usano i dibattiti per confermare la loro scelta sul voto, non per cambiarla. Tuttavia, in questo anno elettorale, dove il gruppo di indecisi è piccolo ma milioni di giovani americani votano per la prima volta, i dibattiti potrebbero essere decisivi per dare forma alle opzioni dei nuovi elettori e decidere il risultato”.

Carlin e McKinney credono che invece di eliminare i dibattiti, già consacrati, è meglio migliorarli: “Niente in una democrazia è perfetto, e niente nei dibattiti politici è perfetto. Ma continuano ad essere, sulla base dell’opinione pubblica e la ricerca seria, la miglior forma di comunicare al pubblico le posizioni e differenze dei candidati”.

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