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Perché Trump semina dubbi sulle elezioni. Il punto di Gramaglia

Donald Trump insiste: per la seconda volta in due giorni, rifiuta di impegnarsi ad accettare l’esito delle elezioni, se dovesse perdere, e un passaggio dei poteri pacifico. Vuole essere certo che il voto sia “onesto”, ma non è sicuro che possa esserlo, con tutti quelle schede per posta che rappresentano “un grande imbroglio”. Il presidente candidato continua, dunque, a seminare dubbi sulla regolarità delle elezioni, creandosi un alibi per contestarne il risultato e non effettuare il passaggio dei poteri. La sua portavoce Kayleigh McEnany gira in positivo le affermazioni contestate: “Il presidente accetterà il risultato di elezioni imparziali e libere”.

Ma l’atteggiamento del magnate allarma i suoi più fidi alleati. “Ci sarà una transizione ordinata”, assicura il leader dei senatori repubblicani, Mitch McConnell, turbato dalle parole di Trump che creano incertezze sul passaggio dei poteri pacifico. “Il vincitore delle elezioni di novembre si insedierà il 20 gennaio, come è avvenuto ogni quattro anni dal 1792” (il che non è proprio vero, perché fino all’Ottocento il presidente s’insediava a marzo, ndr).

Il Senato a maggioranza repubblicana approva all’unanimità una risoluzione che riafferma “l’impegno per un passaggio ordinato e pacifico dei poteri come previsto dalla Costituzione”. Nel documento non vincolante, proposto dal senatore democratico Joe Manchin, il Senato afferma, inoltre, che “non ci devono essere ostruzioni da parte del presidente o di qualsiasi persona al potere per rovesciare la volontà del popolo degli Stati Uniti”. Manchin ha così spiegato la sua iniziativa: “Sentire parlare il leader del Mondo libero come se fossimo un regime autocratico o autoritario e non in una democrazia è qualcosa che allarma me e un sacco di altri colleghi di entrambi i partiti”.

Il clima di scontro e di tensione che si respira nelle campagna elettorale ha indotto il governatore dell’Ohio Mike Dewine, repubblicano ma spesso in conflitto con Trump, a mobilitare 300 uomini della Guardia nazionale, in vista del primo dibattito televisivo, martedì 29, a Cleveland, tra Trump e il suo rivale Joe Biden. Il contingente assisterà la polizia nel garantire la sicurezza dei partecipanti al dibattito.

Ieri, il presidente è stato contestato da una parte della folla riunita davanti alla Corte Suprema dove è stata allestita la camera ardente per il giudice Ruth Bader Ginsburg. Trump, con mascherina nera, è arrivato per rendere omaggio al giudice insieme alla first lady Melania e s’è intrattenuto davanti alla bara in silenzio per alcuni minuti. I manifestanti intanto gridavano: “Cacciatelo via col voto!”; e “Rispetta le sue volontà”, riferendosi al desiderio di Ginsburg di essere sostituita dopo le elezioni e dopo l’insediamento del vincitore e del nuovo Congresso. L’auspicio della giudice va però contro la volontà del presidente di fare in fretta a designare il successore: intende annunciare domani la sua scelta, che dovrà poi essere avallata dal Senato.

I democratici lavorano a un disegno di legge per limitare a 18 anni il mandato, attualmente a vita, dei giudici della Corte Suprema, attualmente a vita. L’obiettivo dell’iniziativa, senza precedenti, è quello di ridurre i conflitti di parte in caso di posti vacanti.

Sembra intanto allargarsi nei sondaggi il numero degli Stati in bilico: ai tradizionali Ohio e Florida, più Wisconsin, Michigan, Pennsylvania, North Carolina e Arizona, si aggiungono ora tre Stati dove Trump vinse nel 2016: Texas Georgia e Iowa. Secondo un sondaggio condotto dal Siena College per conto del New York Times, in Texas e in Iowa Trump è in vantaggio su Joe Biden di tre punti (46 a 43% e 45 a 42%, rispettivamente); in Georgia testa a testa, entrambi i candidati al 45%.

Fronte coronavirus, i dati della Johns Hopkins University, alla mezzanotte della East Coast, dicono che i contagi nell’Unione s’avvicinano a 6.978.500 e potrebbero oggi superare i sette milioni, mentre i decessi superava i 202.800.

Ex vertici della Difesa per Biden – Cinque ex segretari alla Difesa (William Perry, William Cohen, Chuck Hagel, Leon Panetta e Ash Carter), oltre 200 tra ex generali ed ex ammiragli e quasi 300 ex dirigenti della sicurezza nazionale ed ex diplomatici hanno dato il loro endorsement a Joe Biden, sostenendo in una lettera aperta che il candidato democratico ha il carattere e la capacità di giudizio per servire come “comandante in capo”, mentre Trump “non è stato all’altezza delle sfide né grandi né piccole”. La lista comprende 22 ex ufficiali a quattro stelle, alcuni dei quali hanno anche prestato servizio sotto l’Amministrazione Trump. C’è pure la firma di William Webster, ex capo Cia ed Fbi.

Guai giudiziari nella famiglia Trump – Eric Trump, figlio di Donald, dovrà presentarsi a deporre davanti al procuratore generale di New York entro il 7 ottobre, nell’inchiesta su pratiche finanziarie della Trump Organization. Lo ha ieri deciso un giudice. Eric voleva essere ascoltato dopo il voto.

Mary Trump, la nipote di Donald, ha intanto fatto causa a lui e ad altri due zii accusandoli di averla truffata per milioni di dollari svalutando il valore del patrimonio di famiglia e quindi la sua eredità. “La frode non era solo un business di famiglia ma un modo di vivere”, è scritto nella citazione, presentata in un tribunale di New York.

Il documento riprende un passaggio del libro di Mary, uscito da poco, che fa un ritratto impietoso del presidente e della sua famiglia. Mary, che è figlia del fratello maggiore Freddy, morto nel 1981 a soli 43 anni, chiama in causa Donald, Robert (morto ad agosto) e l’ex giudice Maryanne.

(Usa2020)


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