Giorgia Meloni, che in questo momento è fra i tre leader del centrodestra quello con il vento in poppa, sabato scorso, durante la manifestazione unitaria di Piazza del Popolo, fu categorica: “Se Conte ci invita a Palazzo Chigi – disse dal palco – noi siamo sempre disponibili, ma non per andare a prendere il tè con i pasticcini: se vuole che andiamo ci deve mandare un documento”.
E in un altro passaggio del suo discorso aveva ulteriormente precisato che il centrodestra non avrebbe accettato tentativi di essere “comprato” con qualche provvedimento o qualche “marchetta” ad hoc da inserire nel “Decreto Rilancio”. Il modo di porre la questione era serio, rigoroso, lineare: se “collaborazione” deve essere, come il momento eccezionale imporrebbe, e come il Presidente della Repubblica aveva chiesto all’inizio della crisi (senza poi peraltro insistervi con più decisione come era in suo potere), essa deve avvenire su un progetto generale di rinascita del paese. Un progetto che, per essere serio, deve recepire la visione e la sensibilità della parte d’Italia, fra l’altro maggioritaria, che non si riconosce in un governo nettamente spostato a sinistra come l’attuale.
In verità, è fin troppo chiaro che da parte del governo questa volontà di coinvolgimento non esista, e per un semplice motivo a Conte ben chiaro: può un esecutivo debolissimo e diviso al proprio interno su ogni questione, e quindi sostanzialmente in stallo, recepire anche le idee dell’opposizione, e casomai essere pure messo sotto controllo sulla loro realizzazione che è quasi impossibile vada oltre un propagandistico “effetto annuncio”?
Conte ha provato perciò, da una parte, a concedere il minimo possibile, cioè solo una “collaborazione” di facciata fatto di qualche (nemmeno troppo cordiale) incontro. E, dall’altra, a disarticolare il fronte avversario, tentando di inserirsi nelle contraddizioni fra i tre partiti che lo compongono, sia per depotenziarlo sia per crearsi una riserva di voti sul Mes qualora la defezione dei deputati grillini mettesse in crisi la sua maggioranza.
Ora, la risposta politicamente più appropriata del centrodestra, una volta verificata la non volontà, o impossibilità, di un suo coinvolgimento, sarebbe stata:
1) di restare compatta su scelte unitarie.
2) di iniziare una legittima opposizione senza sconti al governo in parlamento, in piazza e in ogni dove. In verità, e questo dimostra forse i problemi attuali di chi si pone come possibile altenativa a Conte, non c’è stata né l’una né l’altra. In primo luogo, Forza Italia ha da tempo annunciato che romperà il fronte anti-Mes per il “bene dell’Italia” (ma soprattutto, va aggiunto, perché ciò permette a Berlusconi di non risultare gregario agli altri due leader e, nello stesso tempo, di acquistare punti nella famiglia dei popolari europei a cui appartiene).
Secondariamente, quando oggi l’invito di Conte a Palazzo Chigi è improvvisamente arrivato, Giorgia Meloni e Matteo Salvini, che in un primo tempo avevano giustamente declinato stizziti l’idea del premier di vederli separatamente, hanno risposto senza consultarsi in modo opposto: la prima accettando l’invito ma condizionandolo a una “diretta streaming” e il secondo rifiutandolo perché aveva cose “più serie” da fare.
Ora, mentre la risposta di Salvini ha un vago accento “populista” forse più consono ad un’altra stagioni politica, quella della Meloni è molto intelligente sicuramente: qui lo streaming non avrebbe la funzione di “trasparenza” che gli dettero i grillini quando incontrarono, in un’altra “era geologica” della politica nazionale, il Pd di Bersani. Esso servirebbe a dimostrare l’effettiva, e cioè inesistente, volontà collaborativa del governo prima che la macchina di Rocco Casalino addossi il fallimento della mancata collaborazione all’opposizione.
Un modo per denudare il re. Ma in ogni caso il problema resta: nei rapporti col governo il centrodestra non può permettersi di agire in modo non coordinato. Esso deve agire come un sol uomo, se vuole avere qualche peso nelle dinamiche politiche in atto. È veramente poco saggio servire su un piatto d’argento a Conte una battuta provocatoria e ridicolizzante come quella che ha dato ai giornalisti che gli avevano chiesto un commento sulle contrastanti risposte al suo invito: “Mi ricorda, non vorrei sbagliare, quel film di Nanni Moretti Ecce Bombo: mi si nota di più se lo facciamo a Chigi o a Villa Doria Pamphilij? In streaming o in rappresentazione fotografica?”. Che è un modo per accusare di presenzialismo chi piuttosto la sua presenza e la sua nell’agone politico dimostra di non saperla valorizzare come dovrebbe.