Quando iniziò l’avventura del cosiddetto Bis Conte, il Movimento Cinque Stelle era in caduta libera di consensi. L’anno al governo con la Lega ne aveva dimezzato la forza e il Pd, pur entrando nella nuova maggioranza da una posizione di minoranza, contava in cuor suo di accelerare ancora di più il processo di sfaldamento in atto e nel contempo di imprimere la direzione e dare il tono al nuovo esecutivo, anche in virtù dei suoi rapporti con l’establishment europeo. Lo avrebbe aiutato, fra l’altro, una struttura e un’organizzazione coesa e capillare che i grillini non potevano avere. Ma che le ciambelle non riescano con il buco, lo si capì subito con la scissione renziana. Così come si capì che il presidente del Consiglio, che in sostanza era stato il vice dei suoi vice nel primo governo da lui presieduto, aveva ora intenzione di riscattarsi e giocare una partita autonoma. Ma questo fatto, fino a un certo momento, è stato tollerato perché il Pd si era convinto che Giuseppe Conte fosse un leader naturaliter progressista, come ebbe a dire Nicola Zingaretti, e che quindi avrebbe mediato sì ma avrebbe di fatto accompagnato un processo che sarebbe progressivamente sfociato nell’inglobamento del pesce grande da parte di quello più piccolo ma più sano e robusto.
Come le cose siano andate a finire, a quasi un anno di distanza, è abbastanza chiaro. A parte l’imbarcata di nomine, politicamente il Pd non ha ottenuto nulla: l’attività di governo si è arenata in una impossibilità di prendere una qualsivoglia decisione; la guerra fratricida nel Movimento, che vede in prima fila un Luigi Di Maio che si sente detronizzato, usa spregiudicatamente le più svariare sponde all’esterno per combattere la propria battaglia; il blocco e lo stallo del governo sono tanto evidenti quanto pericolosi vista l’incipiente tragedia economica che sembra attenderci in autunno.
Il Pd, e in genere il deep state, non solo italiano ma anche europeo, non aveva fatto i conti con il fatto che i grillini, e non i “sovranisti” , sono la vera forza destrutturante di questa legislatura per il semplice motivo che non hanno un minimo di cultura politica e un minimo di visione complessiva che vada oltre i tanti no e qualche ideologica e demagogica battaglia di bandiera come il reddito di cittadinanza, il taglio dei parlamentari o l’abolizione della prescrizione.
Paradossalmente, era più “produttivo” il governo giallo-verde, nato su una schizofrenica base “contrattuale”, che non un governo, come quello giallo-rosso, che addirittura si era proposto come la base di un’ “alleanza organica” fra forze se non simili di certo credute assimilabili. Dalla storia, alla fine, è proprio il Pd che potrebbe uscirne con le ossa rotte, molto più di Giuseppe Conte, che non a caso gode ancora oggi, a pandemia esaurita, di un consenso personale alto secondo vari sondaggisti. Non è detto che questo consenso, come è successo per altri uomini politici nel recente passato (a cominciare da Mario Monti e Matteo Renzi), non crolli all’improvviso, per il precipitare della situazione economica o per un semplice cambio di umore dell’elettorato.
Per intanto, però Conte tira a campare lavorando, con l’aiuto di Rocco Casalino, su una comunicazione aggressiva e fondata su un prodotto che non c’è per il semplice motivo che non può esserci in questa situazione. Quanto al suo posizionamento, egli si tiene in una posizione ambigua che lo fa apparire a volte piddino, a volte grillino, altre volte federatore e potenzialmente anche il leader di un suo “partito personale”.
Alla fine, sono proprio questi equilibrismi conditi di invenzioni e colpi di scena mediatici, che lo tengono in sella, oltre ovviamente alla debolezza degli altri. La scommessa di Conte è che, rinviando fin che si può il redde rationem, possa accadere qualcosa all’esterno che cambi lo scenario e le coordinate strutturalmente. Non è una bella prospettiva per il Paese l’immobilismo e il rinvio, ma il politico in genere persegue i propri interessi. A ben vedere, solo le elezioni politiche potrebbero sciogliere qualche nodo. Chiedere però a chi molto probabilmente verrebbe impiccato di prepararsi la corda e accompagnarsi al patibolo, mi sembra alquanto irrealistico se non velleitario.
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