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Salvini ko. Così le Regionali cambiano gli equilibri nel centrodestra. Il diario di Colombo

È come essere tornati allo status quo ante, cioè a quando la Lega non faceva il bello e il cattivo tempo, dentro la coalizione di centrodestra, ma era solo uno dei commensali. Le candidature per le Regionali le “vincono” Meloni e il Cav su Salvini che aveva provato a rovesciare il tavolo.

“Il centrodestra – recita l’odierna nota congiunta che reca la firma dei tre ‘amigos’ (si fa per dire), cioè dei tre leader della coalizione, Silvio Berlusconi, per FI, Giorgia Meloni, per FdI, e Matteo Salvini, per la Lega – ha individuato la squadra migliore per vincere le elezioni nelle Regioni che andranno al voto a settembre e, soprattutto, per portare il buongoverno in quelle che (sic, così nel testo, ndr.) oggi sono male amministrate dalla sinistra”.

I candidati del centrodestra saranno, sciorina la nota – una sorta di “ecce candidates” che non è una notizia perché, appunto, i loro nomi sono gli stessi decisi un anno fa – questi: Francesco Acquaroli (FdI) per le Marche, Stefano Caldoro (FI) per la Campania, Susanna Ceccardi (Lega) per la Toscana, Raffaele Fitto (FdI) per la Puglia. Questi “magnifici quattro” si aggiungeranno ai governatori uscenti – continua la nota – che sono stati confermati: Giovanni Toti (ex FI) in Liguria e Luca Zaia (Lega) in Veneto.

L’ACCORDO COMPLESSIVO RIGUARDA ANCHE LE COMUNALI 

L’accordo faticosamente raggiunto riguarda anche le prossime elezioni comunali che si terranno sempre il 20 settembre, giorno di election day così voluto dal governo. Anche qui il centrodestra esprimerà candidati unitari: “L’accordo raggiunto, in un clima di grande collaborazione (ri-sic) prevede che la Lega indichi i candidati in alcune città del Centrosud fra cui Reggio Calabria, Andria, Chieti, Macerata, Matera, Nuoro, mentre Forza Italia e Fratelli d’Italia esprimeranno candidati in altre città al voto”. Insomma, la Lega cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno, rivendicando lo “sfondamento” – almeno a livello di candidature, che a livello di vittorie concrete è un’altra cosa – in diverse città chiave del Centrosud. Ma Salvini voleva “sfondare”, imponendo dei “suoi” candidati, alle Regionali. Invece, la manovra – in atto da mesi – non gli è riuscita.

UNA PARTITA INTERNA CHE È DURATA PRATICAMENTE UN ANNO

In teoria, dunque, la partita interna al centrodestra, in merito alle candidature alle Regionali, s’è conclusa ‘bene’, ma in realtà è finita esattamente come si era aperta e come, nelle intenzioni degli ‘altri’ due (FI e FdI) si doveva chiudere. Dopo le candidature (vincenti) degli azzurri Cirio in Piemonte, Baldi in Basilicata, Toma in Molise, del leghista Fedriga in Friuli, del sardista Solinas in Sardegna e del fratello d’Italia Marsilio in Abruzzo – una progressione impressionante di vittorie e di regioni strappate alla sinistra (sette regioni su sette tolte al centrosinistra in soli due anni, dal 2018 al 2019) – toccava affrontare la tornata del 2020 perché, considerazione mai banale e spesso vera, in politica, “chi vince le amministrative, poi vince pure le Politiche”.

Il problema, come al solito, stava e sta negli equilibri interni. Infatti, nel 2019, la Lega aveva già incassato la (vincente) candidatura di Donatella Tesei in Umbria e la (perdente) candidatura di Lucia Borgonzoni in Emilia-Romagna. Un disastro, a dirla tutta, facile da preventivare sia per la debolezza intrinseca della sfidante di Bonaccini sia per quella, estrinseca, della destra in un fortino rosso come l’Emilia che ha resistito bene all’assalto leghista. Morale, nella ripartizione dei pani e dei pesci, cioè in vista di amministrative che si dovevano celebrare a maggio 2020, alla Lega spettava di indicare ancora solo una regione (la Toscana, dove viene confermata la candidatura della sindaca di Cecina, Ceccardi, altra pasionaria salviniana), oltre alla ovvia riconferma di Zaia (giunto al terzo mandato, un’eternità, grazie alla modifica della legge elettorale regionale), mentre le altre dovevano essere divise tra FdI (due, Marche e Puglia) e FI (una, la Campania), con la Liguria del governatore Toti in comproprietà di tutto il centrodestra, dato che Toti si è staccato da FI per lanciare un suo movimento, Cambiamo!, quotato allo zero virgola.

SALVINI, PER MESI, HA CERCATO DI RIBALTARE IL TAVOLO

I tre leader – Berlusconi, Salvini e Meloni – si erano incontrati e avevano sancito e sottoscritto il patto sulle Regionali e, come si suol dire, pacta sunt servanda. Ma Salvini ha passato mesi a far fuoco e fiamme, dentro e fuori il Parlamento, la coalizione di centrodestra e il suo partito.

In buona sostanza, il leader della Lega si è comportato “come se” il capo del centrodestra fosse lui – una di quelle cose che, per dire, a Berlusconi fanno venire l’orticaria – e ha cercato di “ribaltare il tavolo”. Non gli andavano bene le candidature volute dalla Meloni sia in Puglia (“Fitto è il vecchio, un ex dc, già sconfitto da Emiliano, meglio un altro”), dove la Lega ha rilanciato sul nome del suo Altieri, sia nelle Marche (“Acquaroli non va bene, è troppo di destra, serve un nome della società civile”, il concetto). Non contento, Salvini ha messo in discussione pure la candidatura di Caldoro – un nome che Berlusconi voleva imporre sin dall’inizio e contraddire il Cavaliere, quando vuole una cosa è sempre uno sport estremo – in Campania, lanciando una girandola di nomi i più disparati tra di loro. Dal direttore del Tg2, Gennaro Sangiuliano, fino a mister X “imprenditori di successo”, mai resi noti dal Capitano, passando per nomi campani dello stesso partito azzurro (Martusciello) pescati, lanciati e bruciati solo per fare un ‘dispetto’ agli azzurri, Salvini le ha provate proprio tutte. Giocando anche di sponda con la vicepresidente della Camera ed esponente campana di FI, quella Mara Carfagna che di Caldoro è acerrima nemica e la cui candidatura ha provato, anche lei, di bruciare in tutti i modi.

Sono dunque trascorsi, come nelle migliori famiglie e come nei peggiori matrimoni di interesse, più che di amore, mesi e mesi di scontri, verbali e non solo, porte sbattute e parole grosse, passioni tumultuanti e orgogli feriti, polemiche e ire funeste, vertici annullati di giorno e poi tenuti nella notte.

IL RISULTATO, PER SALVINI, È PESSIMO: HA SOLO PERSO TEMPO

Il risultato, però, per Salvini, è stato pari a zero. I candidati, cioè, sono esattamente quelli decisi nella ripartizione che il ‘triumvirato’ del centrodestra (Salvini, Meloni e il povero coordinatore nazionale di FI Tajani, ormai avvezzo, novello Cireneo, a portar la croce in vece di Berlusconi)

Ma il risultato politico di tante burrascose liti, dentro la coalizione – andate in scena per mesi tra fase pre-Covid, fase Covid e fase post-Covid – è che il centrodestra ha perso mesi preziosi, lasciando sul terreno la possibilità concreta, per governatori di centrosinistra in disarmo e claudicanti, di recuperare consensi e visibilità, che sono di gran lunga aumentati, specie nella gestione della pandemia. Certo, anche il centrosinistra ha i suoi guai. L’annunciata rottura del fronte da parte di Italia Viva – che presenterà candidature autonome e diverse da quelle del centrosinistra in Veneto (dove però sa già di perdere), in Liguria (idem) e, soprattutto, in Puglia (dove può far perdere, e male, il Pd che ricandida il governatore uscente, Michele Emiliano) favorirà di sicuro la compattezza ritrovata del centrodestra che, però, rischia di mancare il successo sia in Campania che, forse, in Liguria – dove Pd e M5S si avviano a stringere un’alleanza – solo a causa delle “bizze” di Salvini.

RISULTATO È LA VITTORIA DELLA SQUADRA FDI-FI SULLA LEGA

In ogni caso, ecco il risultato della “telenovela” candidature del centrodestra che con oggi si è definitivamente conclusa. Se fosse una partita a tennis, quella interna al centrodestra, sarebbe finita 7 a 2 per la “coppia” mista Meloni-Berlusconi contro un’altra coppia mista, quella Salvini-Carfagna, con la prima che potrebbe urlare il proprio “game, set, match”. Se fosse una partita a calcio – paragone forse più calzante, dato che il campionato è appena ricominciato – è appena finita 4 a 3 per la squadra dei “nerazzurri” (FdI-FI) contro la “squadra” dei “verdiazzurri” (Lega-FI, pur se solo un pezzo). Come la giri la giri, in ogni caso, il Capitano Matteo Salvini ha “perso un’altra occasione buona” (e qui siamo a dover citare Vasco Rossi) per imporre la propria leadership sul centrodestra del presente e del futuro. Non a caso, oggi, Giorgia Meloni, dopo l’intervista in cui Salvini diceva – solo il giorno prima – “il leader della coalizione sono io” – gli risponde “Salvini leader? Vedremo alle elezioni”.

Traduzione: nei sondaggi, ad oggi, sono più forte io, che ti sto “mangiando in testa”, se alle regionali e alle comunali i voti veri seguiranno i sondaggi, la leadership te la scordi. Berlusconi, nel suo buen retiro in Costa azzurra, si frega le mani: lui, ormai, il Capitano lo detesta. Meglio la Capitana. Un nuovo centrodestra, forse, sta per nascere, ma il colore portante potrebbe essere il nero-azzurro, non il verde-nero.

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