Il rischio di nuovi contagi da Covid-19, il terrorismo e l’apertura al regime iraniano. Ci sono questi tre elementi al centro dell’interrogazione presentata da Antonio Zennaro (primo firmatario), Fabiola Bologna e Michele Nitti (Misto – Popolo protagonista – Alternativa popolare) al premier Giuseppe Conte, al ministro della Salute Roberto Speranza e a quello delle Infrastrutture e dei trasporti Paola De Micheli.
I tre deputati guidati dal membro del Copasir Zennaro partono da un fatto. “AIRiminum 2014, società che ha in gestione l’aeroporto di Rimini-San Marino, ha siglato un accordo con la compagnia di bandiera iraniana Iran Air, per un collegamento di linea con la capitale dell’Iran”, si legge nell’interrogazione. “La Iran Air, dal 1° luglio 2020 collegherà, con tre voli settimanali, l’Aeroporto Federico Fellini di Rimini all’Aeroporto Internazionale di Teheran-Imam Khomeini, con l’obiettivo di favorire il turismo iraniano in Italia. Dopo Milano Malpensa e Roma Fiumicino, Rimini diventerebbe il terzo scalo italiano per la compagnia di bandiera della Repubblica Islamica”.
I TIMORI PER LA SALUTE…
L’accordo solleva due problematiche, scrivono i deputati. La prima è di carattere sanitario:
Dalle ultime informazioni, l’Iran risulta essere ancora sotto emergenza Covid-19, solo il 14 giugno 2020 il Paese ha registrato in 24 ore oltre cento decessi, un rialzo tale da indurre il portavoce del Ministero della Sanità, Sima Sadat Lari, a definire il virus “selvaggio ed imprevedibile” e a richiamare i cittadini ad uno sforzo collettivo di rispetto dei protocolli sanitari e del distanziamento sociale. A ciò si aggiungono forti dubbi sulla trasparenza del regime iraniano circa la comunicazione dei numeri reali del contagio. Si ricorda, inoltre, che Teheran ha ordinato il lockdown con ritardo, soprattutto nella città santa di Qom, epicentro del coronavirus in Iran, senza per altro bloccare i voli della compagnia aerea dei Pasdaran, Mahan Air, tra Iran e Cina, contribuendo non solo all’importazione del virus da Pechino, ma anche all’esportazione di positivi verso altri Paesi della regione (la Mahan Air viaggia infatti anche verso Iraq, Libano e Siria). Il lockdown è durato solo qualche settimana per poi riaprire tutto per ragioni economiche, favorendo così migliaia di nuovi contagiati in pochi giorni. Su tali considerazioni si fondano ragionevoli preoccupazioni circa l’accordo che coinvolge l’Emilia Romagna, regione tra le più colpite dal Coronavirus in Italia, e che potrebbe importare una seconda ondata di positivi dall’Iran, un rischio per emiliani e sammarinesi, ma anche per italiani ed europei;
… E QUELLI PER LA SICUREZZA
La seconda questione è un problema di sicurezza:
La Iran Air risulta essere inserita nella lista delle sanzioni americane, così come la Mahan Air, fermata in Europa per i suoi rapporti con i Pasdaran iraniani. La compagnia di bandiera iraniana potrebbe fungere da collegamento aereo per il trasferimento di jihadisti sciiti dall’Iran alla Siria, la preoccupazione è che ciò possa facilitare l’ingresso in Italia di comandanti Pasdaran e di elevare il rischio di attentati contro obiettivi sensibili. Si ricorda, infatti, che negli ultimi due anni il regime iraniano ha tentato più volte di organizzare atti terroristici in Europa e la linea di separazione tra membri diplomatici di Teheran e membri della Forza Qods non è mai stata chiara. La crisi del coronavirus ha aumentato le tensioni internazionali e quelle sociali interne ai vari Paesi, una maggiore instabilità generale potrebbe favorire un regime che mira a dividere il mondo occidentale.
LE RICHIESTE DI CHIARIMENTI
Alla luce di queste due preoccupazioni i deputati chiedono al premier e ai ministeri della Salute e delle Infrastrutture e dei trasporti “se e quali valutazioni siano state effettuate riguardo ai rischi sanitari per l’Emilia-Romagna ed il resto d’Italia, a fronte delle differenze dei due Paesi nelle misure utilizzate per il contenimento e la gestione del contagio da coronavirus”; e “se siano stati interessati gli organi competenti al fine di poter stimare il rischio reale di una compromissione della sicurezza nazionale a cui andrebbe incontro il nostro Paese, con un’ulteriore apertura al regime iraniano attraverso la Iran Air”.
L’ASSE TRA CARACAS, PECHINO, TEHERAN (E ROMA?)
Mahan Air, come raccontato da Formiche.net perno dei collegamenti tra Cina e Iran anche durante il Covid-19, è al centro di un’altra questione delicata: quella degli scambi “carburante per oro” in corso da tempo tra Venezuela e Iran. Come spiegato dall’Agenzia Nova, la compagnia iraniana Mahan Air, da tempo sotto la lente d’ingrandimento di Washington perché accusata di trasportare armi e combattenti in Siria e in Iraq, invia additivi e attrezzature in Venezuela per consentire la riattivazione delle raffinerie locali, da tempo soffocate da una combinazione di sanzioni, corruzione e instabilità. Ma il materiale, come confermato di recente dal dipartimento del Tesoro Usa, è di produzione cinese. Secondo il sito britannico Argus media, nell’operazione è coinvolta la Jichai Power Equipment Company di Chengdu, una controllata del colosso cinese Cnpc; per il dipartimento di Stato Usa, la Shanghai Saint Logistics Limited ha fornito servizi alla Mahan Air. Gli aerei, secondo l’agenzia Bloomberg, della Mahan Air tornano in Iran con un carico di nove tonnellate di oro, pari a circa 500 milioni di dollari. Una maxi-operazione che viene mediata dal nuovo ministro del Petrolio ad interim del Venezuela, Tareck El Aissami, noto per i suoi rapporti con l’Iran e sospettato di essere vicino al movimento sciita libanese Hezbollah ma anche uno degli uomini al centro del Venezuela-gate che coinvolgerebbe, secondo il quotidiano spagnolo Abc, il Movimento 5 stelle.
Ecco ciò che annotavamo su Formiche.net pochi giorni fa: “I 3,5 milioni di euro, racconta Abc, sarebbero stati inviati “in modo sicuro” tramite una valigia diplomatica dall’intelligence militare guidata da Hugo Carvajal, oggi indagato dagli Stati Uniti per crimini legati al narcotraffico e per aver rifornito di armi alle Farc colombiane. Il giornale aggiunge che quei soldi provenivano da fondi neri utilizzati dall’allora ministro degli Interni oggi del Petrolio Tareck El Aissami, uomo di fiducia dell’attuale presidente Nicolás Maduro indagato negli Stati Uniti per reati di droga e riciclaggio di denaro e ritenuto anche uno dei collegamenti più saldi tra il Venezuela e l’Iran”.