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Russia, Cina, Iran. Ecco chi trema per l’estradizione di Alex Saab

Non sarà facile né veloce la pratica di estradizione (o deportazione) di Alex Saab, ex tesoriere del regime venezuelano, arrestato per riciclaggio e altri reati a Capo Verde, e ricercato dalla giustizia americana.

L’imprenditore colombiano ha nominato come avvocato difensore José Manuel Pinto Monteiro, che ha confermato l’intenzione di combattere fino all’ultimo per evitare di essere portato sul territorio americano.

In un’intervista con l’agenzia The Associated Press, l’avvocato ha spiegato che la strada sarà molto lunga, il processo potrebbe richiedere mesi, giacché è molto probabile che entrambe le parti presenteranno ricorsi attraverso tribunali superiori, tra cui la Corte costituzionale e la Corte suprema, per cui i tempi si allungheranno.

Nel 2019, Saab è stato accusato dai pubblici ministeri di Miami di riciclaggio di denaro legato ad un caso di corruzione con il governo di Nicolás Maduro. L’impresa dell’imprenditore avrebbe ricevuto dallo Stato venezuelano circa 350 milioni di dollari per un programma di edilizia che non è mai stato fatto.
Per gli Stati Uniti, Saab sarebbe l’uomo delle finanze internazionali di Maduro. Il patrimonio di Saab sarebbe di 15 miliardi di dollari. Sempre l’anno scorso, Saab è finito in uno scandalo fiscale in Italia. La moglie, la romana Camilla Fabri, ha intestata una casa per il valore di 5 milioni di euro e non ha risposto alle verifiche dei redditi. L’arresto di Saab preoccupa a molti Paesi.
Il caso è finito al centro di tensioni geopolitiche di alto livello, dove sarebbero coinvolte non solo Venezuela e Stati Uniti, ma anche Cuba, Russia, Iran, Turchia e anche Cina. Le autorità di Capo Verde hanno ordinato l’arresto preventivo e ora dovrà iniziare un processo che potrebbe finire con l’estradizione o la liberazione dell’accusato. Fanno pressioni russi, iraniani e venezuelani, mentre la Procura americana cerca di muoversi ancora più velocemente.
José Landim, procuratore generale capoverdiano, ha spiegato che il Paese “non ha un accordo bilaterale di estradizione con gli Stati Uniti, ma è vincolato con le Nazioni Unite, che costringono a rispondere a questa richiesta se viene fatta”. Per alcuni esperti, con il trascorso dei giorni il regime di Maduro e i suoi alleati si beneficiano.
Tuttavia, “ci sono vantaggi in questo momento che facilitano l’esito dell’estradizione di Saab negli Stati Uniti […] C’è un processo contro Saab negli Stati Uniti che è pubblico dall’anno scorso, in più c’è un ordine di arresto attraverso l’Interpol, e un accordo tra Capo Verde e gli Usa sulla lotta contro il narcotraffico e il crimine organizzato che permetterebbe l’estradizione. Se ci fosse il trattato di estradizione, ci vorrebbero meno di 24 ore”, ha spiegato Joseph Humire, direttore del Center for a Secure Free Society a PanAm Post. Sebbene la prima volta che Humire ha sentito nominare Saab sia stata nel 2013, è da tre anni che indaga sulle sue attività in maniera approfondita.
Secondo l’esperto, il regime di Maduro e i Paesi alleati hanno il timore che, una volta negli Stati Uniti, Saab cominci a svelare informazioni su temi più strategici come trattati nascosti tra il Venezuela, Russia, Cina e Iran: “Saab non è un semplice riciclatore, lui è un pezzo fondamentale della logistica di questi poteri”. Humire crede che la Russia sia il principale interlocutore per la missione diplomatica sul caso dell’estradizione dell’imprenditore e avrebbe offerto anche una consulenza legale.
“Ci sono cose che non vuoi che sappia il tuo nemico (Usa, ndr) e non sono necessariamente piani di attacco. Vuoi proteggere a tutti costi fonti e metodi […] La Russia non è da sola, rappresenta anche la Cina e l’Iran, e cercherà di assicurarsi che gli Usa non abbiano accesso all’informazione”. Sul caso Saab anche la Cina sta esercitando la sua influenza economica a Capo Verde, mentre la Russia cerca di fare pressione politica. “Alex Saab occupa spazi molto grandi dentro le alleanze di Maduro con Turchia, Iran e Russia”, sottolinea Humire.

Sui legami di Saab con il gruppo terrorista Hezbollah, l’esperto preferisce non dare informazione perché le indagini sono in corso, ma anticipa che l’imprenditore è colombo-libanese, cresciuto nella città colombiana di Barranquilla: “Hezbollah ha grandi centri di appoggio in tutta la cosa dei Caraibi. Sono partiti da Maicao e adesso sono in quasi tutta la Colombia. Per me se si capisce questo e che questo è il modus operandi, non è difficile parlare di un’alleanza con Hezbollah”.

Infine, Humire resta ottimista sull’estradizione: “Non sono nei negoziati, ma le mie fonti mi dicono di essere ottimista […] Questo non è un caso simile a quello del Pollo Carvajal ad Aruba (un altro uomo di Maduro arrestato e poi liberato, ndr) perché in quell’opportunità non c’erano ordini di arresto dell’Interpol, e adesso sì. Ci sarà un processo e il caso sarà lavorato bene”.


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