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Phisikk du role – Stati generali, raccolta fondi, Immuni e altre note stonate

In francese farebbe États généraux. Se proprio vogliamo ritrovare gli ascendenti storici più blasonati, gli Stati Generali che il governo Conte due sta celebrando con la grancassa di un’intera settimana di performance per aprire un dialogo con le forze sociali e produttive del paese nello splendore dei 70 millimetri ( come si diceva per il cinemascope), dobbiamo andare a Filippo IV re di Francia.

Fu lui, nel 1302, a inventarsi un’assemblea consultiva del Regno, che chiamò Stati Generali, che veniva convocata quando si trattava di imporre tasse e gabelle al popolo. Gli ultimi Stati Generali furono convocati da Luigi XVI il 5 maggio del 1789 e scoppiò la Rivoluzione. Ma il brand “Stati Generali” piacque e si diffuse in Europa. L’avevamo anche nel Regno d’Italia e Mussolini, che soffriva se non ci metteva il marchietto suo, ne fece una copia fascista col nome di Gran Consiglio.

Lo ricordiamo tanto per dare un nome e un cognome alla storia. Vedremo, dunque, se la settimana di Villa Pamphili, che non è una spa di Stato, ma la residenza di rappresentanza del governo, sarà solo scenografia in linea di continuità con il plotone dei 250 esperti nei comitati vari istituiti per combattere la pandemia con un po’ di “muina”, oppure ci sarà anche la “ciccia”.

Personalmente resto del parere che avrebbe meglio giovato una commissione parlamentare ad hoc sull’emergenza, con la presidenza affidata all’opposizione, riportando il controllo delle spese in parlamento. Giudizio sospeso, dunque, ma, nella fase di discesa del covid ( si spera definitiva: confidiamo nella forza del sole per ammazzare il virus), un paio di notarelle sulle cose stonate che ancora si stanno vedendo.

La prima: la raccolta fondi della Rai in favore della Protezione civile, iniziata appena è insorta l’emergenza, con risultati tuttora ignoti. La Protezione civile italiana è una cosa seria, funziona e fa il suo dovere nelle tante emergenze nazionali legate alla nota fragilità del territorio. Si tratta di un’articolazione del governo italiano, assimilabile a ministeri o dipartimenti. Scusatemi, ma questa raccolta fondi attinta da italiani stremati e bisognosi loro di un intervento governativo, non si è capita proprio.

È come se la Rai avesse lanciato una sottoscrizione per il Ministero della Sanità, o dell’Interno o della Pubblica Istruzione, anch’essi visibilmente bisognosi di sostegno. Capisco che la mediatizzazione della solidarietà è il modo per promuovere chi la fa, un’alternativa buonista alla pubblicità, che comunque andrebbe sempre incoraggiata. Ma perché non destinare quelle risorse ai tanti italiani precipitati in povertà profonda e rimasti invisibili ai radar dello Stato?

La seconda: questa app immuni, la discussa misura di tracciamento anti-coronavirus della popolazione, contenuta nel DL 30 aprile 2020, n.28. Si tratta, come è noto, di un sistema di individuazione dei contatti e dei contagi, da attivare su base volontaria, che ripropone una modalità già sperimentata con successo in alcuni altri Paesi, in particolare dell’Asia orientale, la cui efficacia è direttamente proporzionale al numero degli aderenti al programma.

Vivendo noi in un sistema democratico l’applicazione non può che essere adottata solo su base volontaria. Ma su base volontaria come sarà mai possibile che il sistema di tracciamento funzioni, se vi partecipa solo una minoranza di italiani? Infatti non funzionerà. E se sappiamo già in partenza che sarà solo una parte minoritaria di cittadini ad usarla, perché farla circolare e poi, che ne sarà dei dati raccolti? Il pericolo della sedimentazione nell’ordinamento di istituti e rimedi sopravvissuti all’emergenza esiste e si rende particolarmente insidioso con la tracciabilità dei cittadini, esponendoli all’uso improprio di informazioni sensibili da parte del governo. Insomma: prove di grande fratello. A nostra insaputa.


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