C’è chi vorrebbe impedire a oltranza manifestazioni di dissenso verso il governo ma il dissenso, se dimostrato in modo ordinato, rispettoso, pacifico, è la base della democrazia. Esiste un abisso tra le cento piazze organizzate dal centrodestra in tutta Italia (capeggiate dal lungo tricolore che da Piazza del Popolo è passato per Via del Corso a Roma), per proporre una visione diversa della ripartenza da quella immaginata dal governo giallorosso, e altre manifestazioni avvenute nelle scorse settimane (su tutte quella dei gilet arancioni).
Negli ultimi mesi il centrodestra ha dimostrato senso di responsabilità evitando di scendere in piazza nei giorni in cui i dati sanitari impedivano di farlo in sicurezza, non sono state organizzate manifestazioni il 25 aprile né il 1 maggio e anche l’iniziativa del 2 giugno è promossa in prevalenza da parlamentari, amministratori locali, militanti, senza organizzare un’imponente manifestazione popolare che rischia di prestare il fianco a critiche o attacchi.
Quell’appuntamento è rimandato al 4 luglio al Circo Massimo, quando il rischio contagio, se il trend in corso verrà confermato, dovrebbe essere pressoché azzerato.
Manifestare in questa fase non è solo un segno di dissenso verso un governo che sembra incapace di mettere in campo serie misure a sostegno dell’economia, delle imprese (come sottolineato anche dal Presidente di Confindustria Carlo Bonomi) e dei milioni di italiani che rischiano di trovarsi senza un lavoro, ma anche l’occasione per proporre un progetto alternativo per il futuro del Paese.
La vera sfida per il centrodestra sarà proprio questa: offrire una proposta credibile, rassicurante, seria che abbia a cuore i ceti produttivi e la tutela della libertà.
Gli appuntamenti elettorali nei prossimi mesi, con le elezioni in molte importanti regioni, saranno un’occasione per il centrodestra di dare voce a chi non l’ha avuta durante il lockdown e a tutte quelle categorie che non riescono a ripartire durante la fase due.
Il momento più difficile per il nostro Paese arriverà in autunno. Se dovesse esserci un ritorno del virus con i numeri che abbiamo visto a febbraio, marzo e aprile, occorrerà farsi trovare pronti.Ma anche se qesta risalita dei contagi non dovesse verificarsi, le prospettive non sarebbero rosee. Già oggi abbiamo un sentore delle drammatiche conseguenze di tre mesi di lockdown sulla nostra economia.
Di fronte a questi numeri, purtroppo, il governo si sta mostrando incapace di mettere in campo una proposta concreta per ripartire, una road map chiara per chi attende risposte. Di qui la possibilità di offrire un’alternativa, per chi saprà coglierla, che si basi sui pilastri che dovrebbero sostenere una visione “di destra” dell’economia: nazione, libertà, lavoro.