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Se tutto parte, tranne la scuola. Il commento di Giuliani

Le prossime saranno ore cruciali, anche simbolicamente. Persino emozionanti, mentre vedremo l’Italia rimettersi in moto, dopo le lunghe settimane della chiusura. Un silenzio, un immobilismo – quello del lockdown- che ci è entrato dentro e faremo fatica a comprendere per chissà quanto tempo ancora, in tutte le sue conseguenze e implicazioni. Per ciascuno di noi e per il paese.
Ripartiamo e non ne vediamo l’ora, ma senza una parte fondamentale della nostra vita in comunità. La scuola.

Sia chiaro, non sfugge a nessuno l’estrema complessità del riavvio delle attività scolastiche in presenza. Milioni di persone che tornerebbero a muoversi più o meno all’unisono, moltiplicando in modo esponenziale i rischi di ripresa dei focolai in tanti, troppi angoli del nostro paese. Non c’è scienziato o osservatore che non abbia sottolineato, del resto, quanto l’attività scolastica non possa rientrare nel novero dei rischi calcolati. Per dirla alla Giuseppe Conte. Eppure, la scuola dovrebbe mancarci più di qualsiasi altra attività, perché non c’è nulla che profumi così tanto di futuro, che aiuti a immaginare le basi di un domani più solido, più inclusivo, persino più giusto. Senza la scuola non siamo niente.

Che vi si debba rinunciare ancora fa male, di più se nel farlo ci si affida a indicazioni molto vaghe. Sappiamo solo che tutto è rinviato a settembre e che la maturità 2020 sarà un simulacro di esame di Stato. Abbiamo visto decidere, in compenso, l’assunzione di migliaia di nuovi professori a tempo di record, un provvedimento che avrebbe avuto un senso se accompagnato da un progetto strategico sulla nostra scuola. Così, avremo solo l’ennesima e vasta regolarizzazione di posizioni precarie o semi precari. Una regolarizzazione pensata per la scuola di sempre, quella che non sapeva che pesci prendere all’inizio della pandemia. Tanto per esser chiari.

Sentiamo di vaghe indicazioni su giorni alterni di lezioni in classe, a partire da settembre. Ragazzi divisi fra giornate in presenza e didattica a distanza, come se bastasse il tentativo di ridurre del 50% l’afflusso di studenti nelle strutture scolastiche per poter parlare di nuova scuola.

Non c’è un’idea definita di ciò che continueremo a utilizzare dell’esperienza maturata in questi mesi, cosa andrà conservato e potenziato della didattica d’emergenza, che ha salvato il salvabile dell’anno scolastico. Soprattutto non c’è un’idea di una scuola finalmente al passo con i tempi, nata dalle ceneri dello shock-coronavirus. Si spera di gestire, tamponare, blandire e naturalmente assumere un po’, aspettando che passi. Così, ci ritroveremo tutti più spaesati, meno preparati e meno pronti alla terribile concorrenza che ci aspetta là fuori. Una verità antipatica, che verrà fuori. Comunque.



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