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Corriere della Sera e Repubblica divisi su Berlusconi e Ruby

Tra “Macelleria” (Il Giornale) e “Giustizia a puttane” (Libero) da una parte e “Femme fatale” (Il Manifesto) e “Il settennato di Berlusconi” (Il Secolo XIX) dall’altra, i quotidiani di oggi riflettono il radicalizzarsi dello scontro tra pro o contro Silvio Berlusconi che la sentenza di ieri sul processo Ruby ha provocato.

Anche i due principali quotidiani italiani, Corriere della Sera e Repubblica, hanno un atteggiamento diverso nei confronti della condanna inflitta dal tribunale di Milano. Lo dimostrano i due commenti che i giornali scelgono per la loro prima pagina.

Le conseguenze i dubbi per il Corsera

Il quotidiano di via Solferino si focalizza sulle conseguenze che questa sentenza porterà con sé. Pierluigi Battista, l’autore della nota, esprime le sue riserve, come ha fatto ieri nell’intervista di Formiche.net, e nelle sue parole emerge tutta la preoccupazione per il futuro del governo Letta e per la stabilità del Paese che la condanna di Berlusconi mette seriamente a rischio. “Le sentenze si rispettano, ma si possono commentare e criticare, come in ogni nazione libera. Negarlo è ipocrita. Come lo sarebbe negare che una condanna rigidissima, addirittura superiore alle pur severe richieste dell’accusa, possa evitare conseguenze politiche se ad essere considerato il vertice di una ramificata banda dedita a reati moralmente spregevoli è il capo di uno schieramento che compartecipa in modo determinante al governo del Paese”, scrive. E ancora, secondo Battista, la sentenza avrebbe “ipotecato il futuro politico di questo Paese”.

Le cause e le accuse per Repubblica

Si fa invece più battagliera La Repubblica per lo storico nemico Berlusconi e il direttore Ezio Mauro che firma l’editoriale di prima pagina affronta soprattutto le cause che hanno portato a quella sentenza. E nelle cause c’è una precisa accusa alla “dismisura e all’abuso di potere” che hanno caratterizzato la condotta di Berlusconi in questo scandalo. Mauro sceglie le parole di Giuseppe D’Avanzo, il giornalista di Repubblica scomparso due anni fa che si dedicò a lungo a questa inchiesta. “La questione – scriveva D’Avanzo – non ha nulla a che fare con il giudizio morale, bensì con la responsabilità politica. Questo progressivo disvelamento del disordine in cui si muove il premier e della sua fragilità privata ripropone la debolezza del Cavaliere, tema che interpella la credibilità delle istituzioni”, perché tutto ciò “rende vulnerabile la sua funzione pubblica, così come le sue ossessioni personali possono sottoporlo a pressioni incontrollabili”.

Per questo, secondo il direttore di Repubblica, la “pacificazione” e il governo Letta” sono diventati per il Cav. e i suoi il tentativo di “chiudere i conti con il passato” mentre la conseguenza politica più netta e più chiara “sarebbe il ritiro di Berlusconi dalla politica, come accadrebbe dovunque. Ma in Italia non accadrà”.



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