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Un popolo in ostaggio. Il Venezuela di Maduro spiegato da Santodomingo

Roger Santodomingo conosce bene gli intrighi della politica interna (e anche estera) del Venezuela. È comunicatore e politologo, specialista in strategia politica, e vive a Washington Dc, dove dirige l’ong Citizenz per lo sviluppo di innovazione e tecnologia per la democrazia. Ma il suo legame con il Venezuela resta intatto, dagli Stati Uniti Santodomingo contribuisce con il governo ad interim di Juan Guaidó come consigliere speciale di Affari Esteri dell’Assemblea Nazionale del Venezuela. Ha scritto diversi libri sul processo venezuelano, tra cui De verde a Maduro (Random House, 2013), biografia non autorizzata del leader del regime venezuelano, Nicolás Maduro.

Per Santodomingo, il piano di transizione per il Venezuela proposto dagli Stati Uniti è una presa d’atto della realtà, giacché il regime di Maduro non vuole negoziare un’uscita ma la sua permanenza al potere. In una conversazione con Formiche.net, l’esperto spiega che “la proposta di cercare una via d’uscita elettorale passa per un gioco del bastone e della carota. La carota: se Maduro abbandona ora, forse gli sarà concesso l’esilio. Il bastone è già visibile: la cupola non ha altra opzione che fare i conti con il sistema della giustizia e finire sempre più isolata, sulla testa di Maduro c’è una taglia, ci sono incentivi monetari per imprenditori del settore di sicurezza, non si fermeranno finché non saranno stati presi tutti”.

LA CAROTA E IL BASTONE

A prima vista questo scenario può sembrare poco realista, ha ammesso Santodomingo, perché il regime di Maduro controlla i canali istituzionali e la Forza Armata, e non ha incentivi apparenti per mollare la presa: “Sono barricati in Venezuela e tengono la popolazione in ostaggio. Hanno pronta una via di fuga in Russia, in Cina e nelle nazioni a loro vicine. La realtà è più complessa”.

Quanto all’efficacia delle sanzioni internazionali imposte ai funzionari del regime, Santodomingo sottolinea che non servono a facilitare l’uscita immediata di Maduro, ma sì colpiscono, sempre di più, la loro capacità di manovra e devono rimanere in vigore. Anzi, deve aumentare il numero di Paesi che le applica: “L’alternativa è non fare nulla, perché nessuno invaderà il Venezuela da un giorno all’altro”.

LA CRISI DEL GREGGIO

“Il Venezuela quasi non produceva più petrolio prima del Covid-19 – ha ricordato Santodomingo – e quel poco che produceva era a beneficio di Cina, Russia e Cuba. Il Coronavirus è stato molto più efficace di qualsiasi sanzione internazionale nel soffocare il finanziamento al regime di Maduro”. In effetti il Venezuela è la nazione petrolifera più colpita dalla débâcle dei prezzi dei barili di greggio. Inoltre, i proventi che il gruppo intorno a Maduro ricava sia dal business dell’estrazione di minerali sia dal narcotraffico sono limitati, non tanto per l’operazione antidroga Commando Sud quanto per la quarantena globale.

GUAIDÓ VS MADURO

Secondo Santodomingo, Guaidó continua a rappresentare l’unica istituzione con legittimità democratica del Venezuela (è l’unico con legittimità elettorale e il riconoscimento internazionale) ma ha una responsabilità enorme, forse troppo grande per la sua effettiva  capacità di azione: “È un leader giovane, che ha dovuto imparare strada facendo. Il Venezuela ha bisogno ora di una leadership più ferma e meno conciliatrice, ma la realtà è che lui guida un governo parlamentare e arbitrato. È inevitabile che i deficit di un governo simile in una situazione di emergenza emergano con evidenza, è molto difficile mantenere la disciplina quando più serve. Ma non c’è altra opzione”.

In Venezuela, “esiste poi un’opposizione nell’opposizione, che si lamenta perché ritiene che la caduta di Guaidò scatenerebbe una soluzione di forza della comunità internazionale. Nulla di più lontano dalla realtà, tanto più oggi con la crisi del Covid-19″.

Durante il brevissimo colpo di Stato contro Hugo Chávez nel 2002, Maduro è scappato per rifugiarsi alla frontiera. Oggi più di allora, ne è convinto Santodomingo, Maduro ha paura della sua stessa ombra, e cercherà di rimanere al potere finché potrà: “Eliminerà qualsiasi minaccia, sacrificherà tutto quello che può per dimostrare che la sua crudeltà non ha limiti. Il suo modello di riferimento è il sovietico Stalin. Quando arriverà la sua fine, non uscirà allo scoperto, come fa un buon rapinatore di banche, ma si infilerà in qualche tunnel per fuggire di nascosto a Cuba, in Russia o in Turchia”.



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