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Non solo Trump. Così 007 e Congresso sospettano del laboratorio di Wuhan

Tra il 2017 e il 2018 pare ci fosse anche il suo nome nella lista dei candidati del presidente Donald Trump a prendere il posto di Mike Pompeo, nominato segretario di Stato, alla guida della Cia. Poi ha prevalso chi predicava l’alternanza tra un politico come Pompeo, deputato del Kansas, con un operativo: così l’Agenzia è finita per la prima volta nelle mani di una donna, Gina Haspel, e Tom Cotton è rimasto in Senato – probabilmente senza rimpiangere molto quella decisione viste le sue speranze un giorno di candidarsi alla presidenza – a battagliare, in particolare al Select Committee on Intelligence, contro la Cina.

Ha firmato lettere molto decise sul 5G cinese e su Huawei, sulla repressione degli uiguri nello Xinjiang da parte del regime cinese e sulle responsabilità di Pechino sul coronavirus. Oggi il Wall Street Journal ha pubblicato un suo durissimo editoriale che il senatore riassume così pubblicando su Twitter: “Indipendentemente da ciò che dice il Partito comunista cinese, date le evidenze crescenti, l’origine più probabili del virus cinese sono i laboratori di Wuhan che studiano pipistrelli e coronavirus”. Un tweet molto netto che parla di China virus in barba alle accuse di razzismo da parte dei diplomatici di Pechino a chiunque colleghi il morbo al suo luogo d’origine. E che ha attirato l’attenzione di Chen Weihua, firma del China Daily (giornale nelle mani del Partito comunista cinese) ma soprattutto uno dei principali fustigatori dei critici di Pechino su Twitter, che ha replicato al senatore Cotton definendolo “una barzelletta”.

Il tema è stato affrontato anche in un denso articolo da Axios.com che spiega come negli Stati Uniti ci siano due teorie attorno all’Istituto di virologia di Wuhan e l’origine del coronavirus. Quella assai improbabilmente è la pista dell’arma biologica. Quella più plausibile ma non dimostrata – e sostenuta anche dal premio Nobel Luc Montagnier – è quella di un coronavirus in fase di studio in laboratorio e sfuggito agli scienziati cinesi. Non sarebbe altro che quanto già accaduto nel 2004 con la Sars.

Il senatore Cotton sposa la seconda tesi, quella più plausibile ma non dimostrata. E, dice lui, non dimostrabile vista la scarsa collaborazione di Pechino, la sua censura e i suoi insabbiamenti. Le ipotesi del senatore Cotton ruotano attorno a quanto riportato dalla rivista scientifica Lancet il 24 gennaio: i primi casi noti di contagiati non hanno avuto contatti con i wet market (versione confermata perfino dal Global Times, una delle voci del regime). Inoltre, continua Cotton, “non ci sono prove che il mercato venda pipistrelli o pangolini, gli animali che si suppone abbiano trasmesso il virus agli uomini. E le specie di pipistrelli che lo trasmettono non si trovano entra 100 miglia da Wuhan”. E allora da dove sarebbe nato il virus? Il senatore avanza quella ipotesi: “Wuhan ha due laboratori in cui sappiamo che pipistrelli e umani hanno interagito. Uno è l’Istituto di virologia, a otto miglia dal wet market; l’altro è il Centro Wuhan per il controllo e la prevenzione delle malattie, a soli 300 metri dal mercato”.

Ecco come Cotton conclude il suo editoriale.

Mentre il governo cinese nega si possa essere trattato di una fuga di laboratorio, le sue azioni raccontano una storia diversa. L’esercito cinese ha inviato il suo principale epidemiologo all’Istituto di virologia a gennaio. A febbraio il presidente Xi Jinping ha sollecitato una rapida attuazione delle nuove norme sulla biosicurezza per gestire i patogeni negli ambienti di laboratorio. I documenti accademici sulle origini del virus sono ora soggetti a censura preventiva da parte del governo.

All’inizio di gennaio, le forze di sicurezza hanno minacciato i medici che avevano avvertito i loro colleghi del virus. Tra loro c’era Li Wenliang, morto di Covid-19 a febbraio. Ai laboratori che lavorano per sequenziare il codice genetico del virus è stato ordinato di distruggere i loro campioni. Il laboratorio che ha pubblicato per la prima volta il genoma del virus è stato chiuso, ha riferito il South China Morning Post di Hong Kong a febbraio.

Questa prova è circostanziale, certo, ma tutto va verso i laboratori di Wuhan. Grazie all’insabbiamento cinese, non potremo avere mai prove dirette e definitive ma gli americani possono legittimamente usare il buon senso per seguire la logica intrinseca degli eventi fino alla loro probabile conclusione.

In palio per la Cina non ci sono quindi soltanto la credibilità e l’affidabilità politica. Pechino sta rischiando di vanificare i suoi sforzi per dimostrare una potenza anche scientifica. Ma se da una parte c’è la verità, dall’altra rischia di esserci il futuro del presidente Xi Jinping e del Partito comunista cinese. 

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