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Schermaglie di ottobre

Mentre si avvicina il 150esimo anniversario dell’Unità, i registi italiani tornano a interessarsi di Risorgimento. È il caso di Martone, assente dagli schermi da alcuni anni, e tornato alla regia con Noi credevamo, fluviale affresco risorgimentale ambientato fra il 1828 e la spedizione dei Mille.
Il Risorgimento è sempre stato considerato un periodo chiave per la manifestazione di una serie di dinamiche politiche: dal cattolicesimo liberale, al socialismo, al nazionalismo. Assume pertanto le vesti dell’unico fenomeno rivoluzionario che il nostro Paese abbia conosciuto. Come ogni rivoluzione, si pone il problema del suo completamento o compimento. Proprio perché il Risorgimento assume l’aura di un mito, la sua natura narrativa e la sua incompletezza hanno spinto artisti e cineasti a giudicare quel processo di volta in volta incompiuto, insufficiente o tradito.
Se dovessimo esaminare la storia dei rapporti fra il cinema e l’iconografia risorgimentale, dovremmo andare molto indietro nel tempo (La presa di Roma del 1905 è uno dei primi muti italiani). Ma è il fascismo a tentare per primo una riconsiderazione finalistica del Risorgimento, nel quale la dittatura sia vista come il completamento naturale dell’unificazione. Blasetti, regista di punta del regime, realizza nel 1934 l’interessante epica di 1860, con uno stile che prelude all’imminente neorealismo. Il film narra le vicende di un siciliano che percorre tutta l’Italia per riunirsi ai Mille di Garibaldi. La sequenza finale, spesso tagliata nelle edizioni correnti, è una dissolvenza nella quale i garibaldini lasciano il posto sullo schermo a camicie nere in marcia. Il processo di appropriazione del Risorgimento continua nel dopoguerra. Il Pci identifica i moti risorgimentali con il bisogno di rivoluzione sociale, prima ancora che patriottica. Film come Senso e Il Gattopardo di Visconti adombrano, dietro la descrizione del fallimento delle speranze rivoluzionarie, la necessità di riforme che smontino l’apparato feudale della società italiana. Il Risorgimento assume così un carattere quasi di preludio al socialismo. Di rivoluzione tradita parlano invece i movimentisti che si muovono tra il ‘68 e il ‘77, a cui il Risorgimento appare come un tentativo rivoluzionario mancato. Persino Magni, vicino al Pci, assume questa prospettiva in In nome del Papa Re, proponendo lo spontaneismo rivoluzionario dei giovani come antidoto alle delusioni riformiste di un alto prelato, gigionescamente interpretato da Manfredi. Una critica non troppo velata ai tentennamenti comunisti rispetto all’azione rivoluzionaria dei movimenti. Da questi film emerge il cotè mitografico del Risorgimento. Un processo che deve necessariamente sfociare in un’utopia, ma proprio in quanto mito assume i caratteri spesso superficiali di un’apologia della lotta politica, senza tenere conto dei contesti storici. Quello che forse Martone insinua nel suo film è il dubbio che la Storia non coinciderà mai con un processo di salvezza collettivo.
 
_INDICE DELLE COSE NOTEVOLI una clip del film di Mario Martone Noi credevamo: http://www.youtube.com/watch?v=RDM7DoztkYo * Un interessante tentativo di riappropriazione del mito risorgimentale: 1860. I Mille di Garibaldi di Alessandro Blasetti, Dvd strato singolo, Cecchi Gori Home Video 2009 * Il fallimento degli ideali risorgimentali ritratto magistralmente in uno dei romanzi meno conosciuti di Pirandello: Luigi Pirandello, I vecchi e i giovani, Garzanti, Milano, 2007 * Una clip da In nome del Papa Re di Luigi Magni: http://www.youtube.com/watch?v=y4oZAFFl8p0 * Considerato unanimemente uno dei capolavori storici del regista: Senso di Luchino Visconti, DVD doppio strato, Dolmen Home Video, 2007 * Un’agile introduzione storica al Risorgimento: Alberto Banti, Il Risorgimento italiano, Laterza, Bari, 2009 * Alcune interviste raccolte sul set del film di Mario Martone: http://www.youtube.com/watch?v=awGaBF531S8&NR=1 *


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