Skip to main content

La balla dei 200 mila nuovi posti di lavoro

Il tanto annunciato e atteso Decreto Lavoro del Governo Letta è giunto alla luce. Ma, come si era intuito da tempo, le  misure adottate sono le solite: ossia inefficaci, con l’aggravante dello sperpero di risorse preziose in un momento di grave crisi economica e occupazionale.

Pensare di creare nuova occupazione con gli incentivi contributivi e fiscali è una sciocchezza. La nuova occupazione la creano lo sviluppo e la crecita economica e delle imprese. Questo è l’unico modo per creare occupazione aggiuntiva. Tutto il resto è noia, avrebbe detto il compianto Califano. Emma Marcegaglia, da poco presidente di Business Europe ha ricordato, a commento del provvedimento sul lavoro, questo semplice concetto affermando che “senza crescita le imprese non assumono giovani”. Allora, se il lavoro si crea con la crescita delle imprese perché buttare soldi negli incentivi contributivi alle assunzioni? Come ha ricordato Tito Boeri, questi soldi sono un regalo alle aziende che comunque avrebbero assunto a prescindere dagli aiuti di Stato, semplicemente perché hanno un’esigenza produttiva in questo senso. Lo stesso Boeri ha ricordato il bilancio assolutamente negativo riscontrato con meccanismi simili già adottati nel 2001.

La parte principale del provvedimento (800 milioni stanziati su un totale di 1,2 miliardi individuati), in sostanza, prevede una decontribuzione per i nuovi assunti tra i giovani compresi tra i 18 e i 29 anni senza occupazione da almeno 6 mesi o senza diploma di scuola superiore: 500 milioni saranno per il Sud e 300 milioni per il Centro Nord. L’ammontare della decontribuzione arriva ad un massimo di 650 euro mensili e durerà per un anno e mezzo. La condizione per far scattare il bonus è l’aumento delle persone assunte da un’azienda rispetto alla media dell’anno precedente.  Sommando questa misura alle altre previste sull’auto-imprendiotorialità e i tirocini, si prevedono 200 mila nuovi posti di lavoro.  La balla, in tale affermazione, è nell’aggettivo “nuovi”.  Come già accennato, questi incentivi non creeranno nessun nuovo posto di lavoro ma saranno un gradito dono a quelle imprese che comunque avrebbero già assunto.  Mentre i tirocini non possono essere considerati come nuova occupazione, seppur meritorio un loro incentivo.  L’unico impatto positivo della misura può riguardare la qualità del rapporto lavorativo, ma questa è un’altra questione.

Aver recuperato una somma significatica dalla riprogrammazione dei fondi Ue non spesi, e che avremmo probabilmente perso, è certamente positivo, ma se poi queste risorse vengono burciate con un provvedimento inutile al fine della nuova occupazione, allora tutto viene vanificato.

Tre sono le strade maestre che bisognerebbe seguire per rilanciare l’occupazione nel nostro Paese. Primo. La riforma radicale dei centri per l’impiego e l’attivazione di efficaci politiche attive del lavoro che facciano davvero incontare i tanti lavori non coperti con chi quei lavori vuole farli, e vi assicuro che in giro c’è tantissima gente pronta a rimboccarsi le maniche. Fare matching tra questi due flussi del mercato del lavoro creerebbe nuova occupazione per cifre importanti e non solo tra i giovani. Una vera riforma, infatti, deve tener conto della questione occupazionale nella sua interezza e non lasciando per strada pezzi importanti, come coloro che perdono il lavoro tra i 40 e i 50 anni. Secondo. Sostenere la nuova impreditorialità, soprattuo nei settori ad elevato contenuto innovativo e tecnologico attraverso ingenti risorse dedicate e con una legislzione del lavoro di sostegno alle start up sotto i 15 dipendenti. Ci sono oltre 300 mila aspiranti impreditori, secondo Italia Start up, che rappresentano una straordianria risorsa per lo sviluppo e la nuova occupazione. Terzo. Il Presidente della Confindustria ha chiesto un taglio immediato di almeno il 10 per cento del cuneo fiscale. Se questa misura fosse adottata (alzando ulteriormente la percentuale del taglio) avremmo un rilancio significativo della competitività delle imprese e dei livelli salariali delle famiglie, con benefici sulla ripresa dei consumi, delle produzioni e del lavoro.  Queste sono le direttrici sulle quali concentrae le risorse per il lavoro. Perché non sono seguite? Probabilmente chi è al Governo non le considera efficaci e pensa invece, anche contro la ragione e l’evidenza, il contrario. A volte, però, mi prende il dubbio che in alcuni prevalga semplicemente l’incompetenza.

Il Decreto del Fare, invece, su alcuni punti relativi al rilancio dello sviluppo ha imboccato il binario giusto. Tutte quelle misure che favoriscono l’accesso al credito, gli investimenti in macchinari e innovazione, attraverso una riattualizzazione della legge Sabatini, sono un concreto incentivo all’economia e alla ripresa. Compresa l’azione del Ministro delle Infrastrutture Lupi, che sta spingendo per una costruttiva gestione delle risorse già staziate per le grandi opere e ancora non spese, provvedendo ad una loro eventuale riallocazione.

Urge un altro provvedimento, a questo punto: togliamo la questione della crescita della nuova occupazione dalle mani dei giuslavoristi, degli statistici e degli incompetenti, per favore, e mettiamola nelle mani di chi conosce il mondo delle imprese e del lavoro. Faremo un grande passo in avanti.



×

Iscriviti alla newsletter