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L’Accordo Ue-Cina si allontana. Ma per Pechino è buona notizia

“Un messaggio necessario” dopo l’aumento di casi di coronavirus. È il commento della cancelliera tedesca Angela Merkel, presidente di turno del Consiglio dell’Unione europea, alla decisione di cancellare il vertice previsto a metà novembre in cui i leader dei 27 avrebbero dovuto discutere l’approccio comunitario verso la Cina.

Le nuove infezioni stanno aumentando in tutta Europa, spingendo i governi a imporre nuove restrizioni. “Dovremmo farne a meno”, ha detto Merkel al termine del Consiglio europeo riferendosi all’accordo. E non è la prima volta: la pandemia ha già fatto saltare i piani tedeschi per una riunione dei leader dei Paesi membri dell’Unione europea e della Cina nella città di Lipsia a settembre.

Alla fine, l’incontro si fece, ma soltanto in formato virtuale (e dopo un tour-flop in Europa del capo della diplomazia cinese Wang Yi). Come raccontato allora da Formiche.net, prima del vertice Joerg Wuttke, presidente della Camera di commercio dell’Unione europea in Cina, aveva dichiarato che “dopo più di 30 dolorosi round di negoziati, c’è la sensazione che sia ora o mai più” per l’Accordo sugli investimenti. E a giudicare dalle parole pronunciate dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen dopo l’incontro, a cui partecipò anche il presidente cinese Xi Jinping, la strada era già in salita: “C’è ancora molta, molta strada da fare, se la Cina vuole chiudere l’Accordo sugli investimenti entro l’anno. In particolare occorre che si muova su due questioni: l’accesso al mercato e lo sviluppo sostenibile”. La Cina “ci deve convincere che vale la pena avere un accordo sugli investimenti”, aggiunse il capo dell’esecutivo europee riecheggiando gli appelli di Merkel a Pechino per una maggiore reciprocità negli scambi commerciale.

Con la cancellazione del vertice informale di novembre sembra tramontare definitivamente la speranza di Merkel di vedere firmato l’Accordo sugli investimenti durante il semestre di presidenza tedesca.

Secondo Thorsten Benner, cofondatore e direttore del Global Public Policy Institute di Berlino, l’annullamento dell’incontro tra i 27 leader europei è “una vera perdita”: un incontro di persona “per una discussione approfondita su come approcciarsi alla Cina colmerebbe una grossa lacuna. Deve accadere molto prima di qualsiasi riunione dell’Unione europea con Xi”, ha aggiunto via Twitter.

I 27 stanno ripensando il loro rapporto con la Cina ma l’Unione europea non ha ancora definito un approccio comune ben definito, rischiando di offrire il fianco a Pechino. Che, tuttavia, non sembra aver la forza per approfittare. La sua immagine in Europa è stata ulteriormente danneggiata dalla pandemia e l’Unione europea sta comunque cercando se non un riallineamento atlantico quantomeno un riequilibrio rispetto alle precedenti virate verso Est. Ed è per questo che tra i funzionari europei si vocifera che la cancellazione dell’incontro di metà novembre sia anche un assist a Pechino, che può tirare un sospiro di sollievo (e sperare in un nuovo approccio occidentale nel 2021, dopo le elezioni presidenziali statunitensi).

Infatti, la percezione della Cina più negativa di tutti i tempi emersa dai sondaggi Pew Research Centre rappresenta una tendenza “particolarmente minacciosa per la Cina”, come spiegato da Alessia Amighini e Giulia Sciorati in una recente analisi per l’Osservatorio ISPI-IAI sulla politica estera italiana: “I mercati dell’Europa occidentale sono l’obiettivo finale della Belt and Road Initiative, e il Paese ha più di 328 miliardi di investimenti sparsi per il continente”, scrivono. “Le opinioni negative di partner europei cruciali come questi, quindi, vanno certamente contro gli interessi della potenza asiatica, e sembrano anzi essere immuni agli strumenti di soft power messi in campo da Pechino, come la donazione di attrezzature sanitarie al culmine della pandemia o il tentativo esplicito di usare il pilastro sanitario della Bri, per rinforzare i legami con l’Ue, che sono stati finora accolti con sospetto da molti destinatari, in primis l’Unione europea”.

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