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1992, istantanee della fine

Andreotti vs industriali
Il 23 dicembre 1991, nella conferenza stampa di fine anno, il presidente del Consiglio Giulio Andreotti lanciò una memorabile – ma poco ricordata – staffilata: “C’è gente che vuole togliere potere ai partiti pensando ad arcaiche soluzioni tipo club degli ottimati”. Pochi mesi prima il vertice della Confindustria aveva firmato i sei referendum Segni sulle riforme istituzionali, nonostante la controfferta del governo. Erano i mesi finali del 1991 in cui Assolombarda “rivendicava” il diritto ad un sistema politico diverso. A interpretare e guidare il cambiamento. In un editoriale di fine anno, il Sabato trovava una fulminante definizione per l’anno appena trascorso: “il sessantotto dei padroni”.
 
La Confindustria all´opposizione
“Bisogna cambiare tutto. E per cambiare tutto ci vuole qualcosa che costringa a farlo. Insomma, uno shock”. A parlare così non era un rivoluzionario sessantottino, ma l’ex presidente di Confindustria, potente industriale dell’acciaio Luigi Lucchini, in un’intervista a Il Mondo del 13 gennaio. E per meglio chiarire la portata delle sue parole, all’intervistatore che gli chiedeva se si riferiva ad uno shock economico, rispondeva: “Certamente. Ma anche uno politico”. Tuonando contro la classe politica “marcia” e contro la magistratura “sotto il controllo dei politici” a partire dalle correnti partitocratiche del Csm, Lucchini indicava la necessità di una riforma istituzionale e sosteneva impossibilità dell’autoriforma dei partiti.
 
I presentimenti di un ’93 del “terrore”
Nell’ultimo editoriale del 1992, a consuntivo di un anno che si chiudeva con il tracollo craxiano, il Sabato metteva in riga una serie di considerazioni rivelatrici. “Un primo dato certo” era “la frenata dei grandi imprenditori e finanzieri”, considerati i registi dell’offensiva contro Dc e Psi. “Tranquillizzati” dalla svolta maggioritaria della nuova Dc e “rifocillati dai saldi delle privatizzazioni” – aggiungeva in modo pungente il quotidiano ciellino – i grandi gruppi apparivano ormai disinteressati ad un ulteriore sommovimento del quadro politico. Si esplicitava in quell’editoriale la sensazione del neosegretario Martinazzoli che l’anno successivo sarebbe stato quello della ghigliottina, invocata da ambienti giornalistici ormai sfuggiti al controllo, autoreferenziali o con referenti ignoti.
 
Economia e urne
“I partiti saranno costretti dall’economia a fare quello che devono. Sarà il mercato a prenderli a calci e a obbligarli a muoversi”. Se pensate che questo manifesto della determinazione economica della politica appartenga ad un marxista vi sbagliate di grosso. In realtà è contenuta in una lunga intervista di Beniamino Andreatta al Mondo del 13 aprile, poco dopo le elezioni. Elezioni a cui il Psi si è presentato con un programma che in funzione anticiclica prevede investimenti in grandi opere pubbliche. “Lasciamo vanghe e badili dove si trovano” dice l’economista democristiano che propone, per il rilancio di un’economia “molto finanziarizzata”, la via del risanamento finanziario con drastici tagli agli investimenti pubblici.
 
Una lotta di capitali e di partiti 
“Una lotta durissima per la ristrutturazione del potere”. Così leggeva l’ex segretario della Dc Ciriaco De Mita al Meeting di Rimini del 1992 la trama economica di quell’anno fatidico per i “poteri forti” e per il loro riallineamento nei grandi gruppi del capitalismo statale sottoposti a ristrutturazione. Una partita politico-finanziaria in corso già dal 1986-87, con i progetti di polo informatico, Tlc, ferroviario, chimico, e le divisioni tra Iri, Eni ed Efim sulla loro guida. Con una vittima eccellente – l’Efim, sottoposta a liquidazione coatta con decreto del governo Amato del luglio 1992 – e un dibattito tra Dc, Psi e Pri che, per quanto aspro, toccava punti sostanziali del modello di sviluppo italiano. La svalutazione della lira e il “commissariamento europeo” porteranno ad una svolta inattesa.
 
Domande di allora, domande di oggi 
Uno dei “più stretti collaboratori” di Andreotti rilasciava al Mondo del 27 gennaio questa indiscrezione: “Abbiamo cercato di capire se certe critiche e certi attacchi erano estemporanei o dettati da qualche disegno. Sono state fatte ricerche e l’intelligence ci ha detto che dietro le Leghe, l’insoddisfazione crescente, il governo degli onesti, l’attacco continuo alla politica romana c’era l’appoggio dell’imprenditoria italiana. Appoggio economico. Sovvenzioni, aiuti. E allora è scattata la risposta dura”. È una “memoria selettiva” che opera a ritroso su quell’anno, oppure il continuo scandalo e l’accusa di “dietrologia” di fronte ad analisi di questo tipo denuncia una vera e propria volontà di archiviare?


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