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Comunicazione, Covid e Politica. Le punture di spillo di Luca Foresti

Luca Foresti dopo la laurea in Fisica alla Scuola Normale Superiore di Pisa (SNS), ha conseguito un Master in Fisica e studiato nel PhD program di Matematica Finanziaria presso la stessa SNS.
Dal 2010 è Amministratore Delegato del Santagostino.

101 anni fa Edward Berneys, padre delle relazioni pubbliche ha scritto “Propaganda.” All’interno del volume cita un aneddoto in merito alla diffusione nel mondo del bacon, grazie alla dichiarazione favorevole di inserirlo nelle tavole delle persone, soprattutto al mattino. Poco o nulla sembra cambiato da allora. Qual è la tua opinione in merito?

La propaganda insiste sostanzialmente sul funzionamento del cervello umano e i sistemi cerebrali non sono cambiati nel corso degli anni per quanto riguarda la risposta agli istinti primari.
Una notizia che suscita paura risulta essere più notiziabile rispetto ad una notizia che tenta di spiegare un fenomeno attraverso un’analisi proprio perché va a toccare le risposte a questi istinti primordiali.
I meccanismi di comunicazione considerano ormai i cittadini incapaci di raziocinio e di memoria. Dobbiamo ritornare a prendere in considerazione le opinioni di coloro che hanno una reputazione alta, costruita nel tempo e su basi solide, evitando di dare spazio a coloro che non sono strutturati intellettualmente e cambiano idea in maniera repentina.

Alla luce della teoria dell’accelerazionismo, secondo la quale bisogna velocizzare una situazione affinché si arrivi ad un punto di rottura, ritieni che la crisi sanitaria ed economica che stiamo vivendo possa rappresentare un cambio di paradigma?

Il Covid-19 ha costretto molti di noi a fare e pensare diversamente rispetto a prima. Questa costrizione produce nuove esperienze da parte delle persone.
La domanda di fondo è: queste nuove esperienze quanto cambieranno il comportamento nel lungo periodo?
Pensiamo al fenomeno dello smart working. Siamo stati costretti a lavorare da remoto, verificando nel concreto pregi e difetti di questa esperienza. Pertanto, anche se dovesse esserci un ritorno al passato sicuramente il futuro non potrà essere integralmente uguale a prima, a partire dai fenomeni strutturali come per esempio le città, che cambieranno inevitabilmente in modo profondo. Guardiamo la città di Milano. È bastato che le persone andassero in ufficio 4 giorni anziché 5 per comportare perdite enormi in diversi settori, come i pubblici esercizi e il trasporto pubblico.
Il rischio è che questi cambiamenti finiranno con il colpire ulteriormente le fasce che erano già deboli prima del Covid. Un rischio globale. In India, per esempio, sono aumentati i morti per fame, persone fragili che prima del Covid già vivevano di espedienti. Quindi una mortalità indirettamente collegata alla pandemia, collegata alle ripercussioni economiche.
Pertanto gli shock sistemici provocano cambi di paradigma nel lungo periodo che saranno potenzialmente buoni ma nel breve/brevissimo periodo tendono a lasciare indietro la parte più debole della società.

Assistiamo ad una super polarizzazione dei redditi e una sperequazione della ricchezza senza precedenti. Già prima del Covid, alcuni intellettuali parlavano di Neo-Medioevo.
Cosa ne pensi?

Questa questione è legata al tema del potere. Si tratta dell’Easterlin Paradox: quando aumenta il reddito, e di conseguenza il benessere economico, la felicità umana aumenta fino a un certo punto per poi cominciare a diminuire, seguendo una curva a forma di parabola con concavità verso il basso. Il denaro influisce secondo questa parabola perché una volta raggiunta una proprietà personale sufficiente a garantire una vita dignitosa, un’aggiunta di ulteriore denaro non migliora la propria condizione.
Il punto fondamentale riguarda pertanto la correlazione esistente tra il potere finanziario e il potere di influenzare le decisioni pubbliche, fare lobbying politica o fare pressioni sulle democrazie. In poche parole, avere il potere.
Per non finire nelle maglie del potere è importante chiedersi quali siano le condizioni alla base di una democrazia che funzioni. Certamente una di queste è l’istruzione. Indipendemente da quale famiglia tu provenga ogni persona deve essere messa nelle condizioni di potersi istruire e costruire il proprio futuro.
Pensiamo agli Stati Uniti. Il loro livello di tassazione sull’immobile è molto elevato. Dato che le scuole sono finanziate dai comuni, accade quindi che i quartieri ricchi possiedono i soldi per avere belle scuole, mentre nei quartieri poveri accade il contrario. Su questo a vecchia Europa può indubbiamente insegnare qualcosa agli Stati Uniti.

Viviamo in piena era post-democratica, nella quale la politica si affida ad esperti di marketing e demanda le proprie decisioni ad alti consulenti, esautorando in questo modo i suoi poteri. C’è ancora spazio per una politica efficace all’interno di una democrazia?

A differenza di quanto si crede, chi oggi fa politica tende ad avere una vita non proprio piacevole ed essere pagato pochissimo. Il sindaco di una città di 35000 abitanti viene pagato 2500 euro netti al mese lavorando 10/12 ore al giorno per 7 giorni alla settimana, gestendo un bilancio di circa 50/60 milioni di euro. Se chiedi ad un CEO di gestire 50/60 milioni per 2500 euro ti manda a quel Paese.

In un mercato libero di talenti, questo pone le persone che hanno studiato di fronte a una scelta quando si tratta di avviare una carriera politica, ovvero se avventurarsi o meno in un lavoro pagato poco, in cui la qualità del lavoro è terribile, il rapporto con gli altri è quasi sempre conflittuale e la considerazione di chi fa politica da parte dei cittadini è bassissima.
Se a ciò si aggiunge che per fare carriera politica bisogna sgomitare tantissimo per le molte barriere in entrata, si comprende bene perché siano poche le persone che decidono di farlo per mera abnegazione (lasciando così un vuoto riempito da incompetenti).

Da CEO di un importante centro medico, potresti aiutarci a fare chiarezza sui numeri che ogni giorno vengono propinati dalla stampa, partendo dalla differenza tra contagiati e positivi?

Il Covid, come qualsiasi virus, è un processo diffusivo. I processi diffusivi si muovono esponenzialmente, quindi possono essere esponenziali che crescono o che scendono.
Il parametro fondamentale delle esponenziali da prendere in considerazione è il tasso di raddoppio, cioè in quanti giorni i numeri raddoppiano. Quel tasso non è stabile ma cambia continuamente nel tempo perché cambiano le regole e, di conseguenza, anche i comportamenti delle persone.
Le funzioni esponenziali vanno poi applicate ai diversi territori del nostro Paese. Quindi ci sarà una curva esponenziale a Milano, un’altra a Genova e così via. Quando guardiamo i dati nazionali stiamo guardando l’evoluzione aggregata di queste esponenziali.
Un altro parametro fondamentale per prevedere il tasso dei morti è la distribuzione per fasce d’età. La probabilità è che un ottantenne muoia dopo aver contratto il Covid è circa il 10%, mentre se a contrarlo è un giovane di 30 anni la probabilità di morte è bassissima.
Da febbraio ad ora la quota di quanti sono stati riconosciuti positivi al Covid-19 è cambiata continuamente. Da luglio sappiamo che prima si scopriva solo un decimo degli infettati totali. Lo sappiamo grazie a ISTAT che a luglio ha pubblicato 60000 test sierologici fatti in Italia su una distribuzione d’età e di sesso rappresentativa della popolazione, mostrando che fino ad allora si erano ammalate circa 1 milione e mezzo di persone.

Perché bisogna per forza incutere terrore con questa infodemia?

Non c’è nessun complotto e nessuna spiegazione prettamente filosofica. Questo atteggiamento ha a che fare con un aspetto meramente pratico.
Esistono azioni semplici, che impattano su tutti e che sono alla portata di chiunque. Il lockdown è semplice. Dici di stare a casa, metti la polizia in giro ecc…
La politica preferisce optare per le cose semplici, poco “chirurgiche” e molto costose piuttosto che mettere in essere decisioni e azioni più complesse. Le cose complesse vanno studiate, richiedono coraggio e assunzione di responsabilità nel lungo termine, laddove le cose semplici le puoi decidere da un giorno ad un altro e soprattutto sono facilmente reversibili.

Viviamo in un clima di sfiducia generale. Sembra che le persone non abbiamo più la forza di reagire. Avrà la meglio la rassegnazione o, come italiani, ci risveglieremo al 90imo minuto?

L’energia c’è nel momento in cui le persone sentono che esiste un legame tra le proprie azioni e il fatto che il mondo cambia attraverso quelle azioni. Se invece penso che quello che farò sarà profondamente inutile, allora mi rassegno.
“Sperare è la cosa più difficile, sperare la cosa più facile ed è la grande tentazione”, scriveva Shaw. Non dobbiamo mollare proprio ora.

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