Le frasi di Fabrizio Miccoli, intercettate al telefono, contro Giovanni Falcone non hanno innescato, certo non da parte mia, alcun tentativo di linciaggio, come adombrato da Pierluigi Battista sul “Corriere della Sera”.
Ma, se l’ex tesserato del Palermo calcio, durante una conversazione con un pregiudicato siciliano, intercettata dagli inquirenti, ha offeso la memoria di Giovanni Falcone, definendolo “fango” , il Presidente della FIGC, Giancarlo Abete, dovrebbe, immediatamente, sospendere dall’attività il calciatore leccese.
Miccoli, accusato di aver incaricato un boss di recuperare una somma di denaro, prima che un calciatore, è un cittadino. E non può essere consentito a lui, come a nessuno, di insultare, post-mortem, un eroe anti-mafia, come fu Giovanni Falcone, trucidato, con la moglie e la scorta, a Capaci, dallo spietato settore stragista di Cosa Nostra.
Scatti, dunque, la sospensione del calciatore, in attesa che gli inquirenti decidano se rinviare a giudizio o meno l’ex attaccante del Palermo. E il garantismo, la presunzione di innocenza e l’ipotesi che Miccoli abbia inteso dire un’idiozia, adombrati da Battista, non devono indurre ad archiviare la vicenda all’insegna del buonismo e della tolleranza. Sì, dunque, al garantismo e alla libertà di espressione. No al peloso innocentismo “erga omnes”.
Il calcio non è, nè deve considerarsi, un settore separato dalla società. E deve reagire, individuando e stroncando le collusioni, che non riguardano solo Miccoli, con i personaggi più screditati e gli ambienti più inquinati delle tifoserie tra i quali, nel capoluogo siciliano, figurerebbero degli inquietanti pregiudicati.
Pietro Mancini