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Quel pasticcio del bilancio Ue, del Recovery Fund e dei conti italiani

Un accordo inter-governativo implica un nuovo negoziato tra gli Stati che ci stanno. Un processo molto più lungo e complesso di quanto anticipato a luglio, e particolarmente dannoso per quegli Stati, come l’Italia, che hanno previsto esplicitamente nella loro programmazione di bilancio l’impiego di risorse in arrivo dal Recovery Fund. Il commento di Pennisi

Riccardo Perisich, un grande esperto di tematiche europee, ha acutamente riassunto a questo modo sul servizio telematico In più. “Consiglio Ue e Parlamento europeo hanno finalmente trovato un accordo su due progetti distinti ma connessi usciti dal tormentato Consiglio europeo di luglio: il bilancio pluriannuale dell’Unione e il Next Generation Eu (NgEu) cioè il programma straordinario di 750 miliardi per finanziare la ripresa post Covid. Sono stati affrontati sostanzialmente due problemi. Il primo riguardava i fondi del prossimo bilancio. Il Parlamento ha ottenuto un aumento di circa 16 miliardi su 7 anni destinati a programmi che gli stanno particolarmente a cuore: ricerca, salute ed Erasmus”.

“Un’inezia di fronte all’ammontare complessivo, ma simbolicamente importanti. Era prevedibile perché sui soldi ci si mette sempre d’accordo. Il secondo era più ostico perché non riguarda gli interessi ma i valori che spesso non sono negoziabili. Al centro c’era la possibilità di interrompere i finanziamenti del Ngeu in caso un paese violi lo stato di diritto. La richiesta stava particolarmente a cuore al Parlamento, ma anche ad alcuni di governi del nord (Olanda, Svezia e altri) la cui opinione pubblica è molto sensibile al problema e che anche, guarda caso, comprende i cosiddetti “frugali”, grandi contributori netti al programma. La difficoltà era che, non essendo l’Ue una federazione, gli agganci nel Trattato per simili disposizioni sono difficili da trovare. Alla fine è stato trovato un compromesso su un meccanismo farraginoso che permetterebbe alla Commissione, sostenuta dalla maggioranza del Consiglio di interrompere i finanziamenti di fronte a violazioni gravi dello stato di diritto. Allo stato attuale delle competenze dell’UE, un simile meccanismo sarà forse impossibile da applicare ed ha quindi soprattutto un valore simbolico. Tuttavia Polonia e Ungheria, che si sentono direttamente minacciati da simili misure, hanno già dichiarato la loro ostilità preannunciando il veto al bilancio. Il problema è quindi destinato a essere discusso dal Consiglio Europeo”.

“Il problema è serio perché il Ngeu va adottato all’unanimità. È molto improbabile che i Paesi sensibili al problema e il Parlamento Europeo possano fare marcia indietro, perché perderebbero ogni credibilità. Quindi polacchi e ungheresi devono far bene i loro conti. Da un lato è evidente che la questione tocca una corda per loro molto sensibile. Dall’altro sono fra i principali beneficiari del programma (circa 15% del Pil). È comunque impensabile che l’Ue possa rinunciare a un progetto ritenuto a ragione quasi rivoluzionario. Che fare se lo stallo si rivelasse insormontabile? Una soluzione sarebbe di seguire la strada che nel 2012 condusse alla creazione del Mes. Anche allora il Regno Unito pose un veto per motivi puramente politici a una decisione comune. Gli altri reagirono allora trasformando il tutto in un trattato intergovernativo senza Londra. Nulla ci impedirebbe di fare lo stesso ora per il Ngeu, rompendo il suo legame con il bilancio Ue ma mantenendo la gestione alla Commissione. I puristi storcerebbero il naso, ma il programma sarebbe salvo senza cedere sullo stato di diritto. Come nel caso di Cameron e del Mes l’operazione si rivelerebbe un clamoroso autogol per Budapest e Varsavia, il cui veto sarebbe aggirato e perderebbero l’accesso ai fondi; con in più l’eterna ira funesta di Angela Merkel“.

Un accordo inter-governativo, però, implica un nuovo negoziato tra gli Stati che ci stanno. Un processo molto più lungo e complesso di quanto anticipato a luglio, e particolarmente dannoso per quegli Stati, come l’Italia, che hanno previsto esplicitamente nella loro programmazione di bilancio l’impiego di risorse in arrivo dal Recovery Fund. Ciò ha un implicazione immediata: esaminare in Parlamento tutte quelle spese di parte corrente (ad esempio, l’aumento della dotazione per il reddito di cittadinanza) di dubbia utilità nazionale sotto il profilo economico e sociale. Su questa base, che probabilmente non piacerebbe ai pentastellati, si potrebbe giungere ad un accordo tra (parte del) Governo ed opposizione. Nell’interesse dell’Italia.


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