Alcuni media le hanno definite minacce, altri avvertimenti, altri ancora semplici colpi di tosse dovuti ai capricci di un’estate che rinvia il debutto. Con le sue dichiarazioni sul governo Letta, va dato atto a Mario Monti di aver realizzato almeno un’impresa: far sorridere il Presidente della Repubblica. Non sapremo mai se la reazione istintiva di Napolitano è dovuta alle sue difficoltà ad immaginare il lato bellicoso dell’ex tecnico, oppure sia un elegante giudizio poco lusinghiero sul politico Monti, frutto di un suo rapido calcolo sui numeri rappresentati da Scelta Civica in Parlamento, ovvero sul peso e sull’influenza che questa possa avere. La lunga carriera del nostro Presidente, avvezzo ai meccanismi ed alle logiche della politica, induce a propendere per la seconda ipotesi.
Ai tempi della sua discesa in politica, il sospetto che il professor Monti non sapesse far di conto – politico si intende – era forte. Dopo alcuni mesi di travagli e baruffe dei suoi colonnelli, il generale in loden ha probabilmente dimenticato di disporre di una poderosa armata di ben 38 deputati e 16 senatori, peraltro organizzati in due gruppi parlamentari preda di continue trepidazione interne, vedi appunto i rapporti pastorali con gli esponenti dell’Udc ed i continui mal di pancia dello sparuto drappello liberale proveniente da Italia Futura. Forte di questo potente esercito rischia davvero di apparire come un botolo che abbaia ma è privo di canini.
In soccorso sono poi giunti i suoi due capigruppo, Dellai e Susta, novelli pompieri di un fuoco di paglia, che con toni più democristianamente concilianti scrivono a Letta rassicurandolo di non aver alcuna intenzione di metterlo in discussione, anzi di volerlo rafforzare con la loro iniziativa di organizzare incontri finalizzati a chiarire i patti di governo (?) che li lega alla maggioranza. C’è da star in ansia per le sorti della pancia di Letta, che probabilmente si contorceva per l’irresistibile risata che nel frattempo si sarà fatto…
A fronte di un apparente approssimativo atteggiamento, resta tuttavia da chiedersi quali siano i reali obiettivi dell’uomo Monti. Dopo l’epilogo dell’esperienza di governo ed essere stato definito da taluni come l’inviato della Provvidenza, più volte ha manifestato la sua personale intolleranza ad essere relegato a “semplice” senatore della Repubblica, ruolo peraltro ben retribuito ma che, evidentemente, non gli consente di soddisfare appieno il suo grande ego.
Quell’evidente insofferenza ed incapacità di scendere nella quotidianità dell’impegno politico, diverso da quello più prestigioso e mediatico di governo, si è recentemente tramutato in un palese fastidio, così greve da sopportare che egli stesso non ha perso occasione di renderlo pubblico, affermando di dolersi ogni qual volta gli capita di rientrare in Italia da un soggiorno all’estero.
Ma se per soddisfare propria vanità o semplicemente togliersi quel fastidioso prurito, nella ricerca di un protagonismo perduto, Monti deve ricorrere ad alzare il pelo del cappotto, mettendo un (innocuo) sassolino nelle scarpe di Letta, le frasi pronunciate sul governo suonerebbero davvero il risultato di una sua mente cinica, altro che civica.
Un altro sospetto si fa strada: quello che l’ambizione di tornare in Europa con un incarico autorevole che gli consenta una forte presenza sui media, magari quello oggi affidato ad un certo Van Rompuy in scadenza di mandato, lo riporti ai fasti europei di un tempo, incurante e lontano dalle misere e terrene vicende di un Paese in grave difficoltà che con Letta, giova ricordarlo per spezzare comunque una lancia a suo favore, ha trovato la migliore soluzione nella peggiore delle condizioni possibili post elezioni: condizione che anche il prof. Monti, forse a sua insaputa e nonostante gli odierni rimpianti, ha contribuito a creare con una scelta che, giorno dopo giorno, si appalesa sempre più inutile.
Ma si sa, come recitava uno straordinario Al Pacino ne “L’avvocato del Diavolo” la vanità è decisamente il peccato preferito dal principe delle tenebre: il nostro Keanu Monti sembra davvero non esserne immune e lieve comunque gli parrà la condanna “all’inferno” europeo.