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Digital euro e crypto valute. Vi spiego la nuova frontiera del lusso

Di Rosa Giovanna Barresi

Le valute digitali sono diventate un fenomeno di costume, ma gli utenti chiedono più praticità nel loro uso. La Banca centrale europea dichiara di avere allo studio una nuova generazione di dispositivi di pagamento. L’analisi dell’avvocata Rosa Giovanna Barresi

Per lungo tempo i telefoni cellulari sono stati tra gli oggetti più brutti dell’intero pianeta. Ci sono voluti due maghi come Steve Jobs e Jony Ive per creare dal nulla un’industria capace di produrre e di vendere 348 milioni di smartphone (dato relativo al terzo trimestre di quest’anno).

Il prodotto che hanno inventato i nostri due maghi è un oggetto necessario, relativamente costoso, ma alla portata di tutti e con un ciclo di vita abbastanza breve. Tra l’altro, è anche uno dei prodotti a più elevato valore aggiunto: i migliori modelli costano il 400% in più del costo complessivo dei loro componenti. Nonostante queste prospettive interessanti, sia il settore della moda che quello del lusso si sono interessati poco a questo prodotto: la loro proposta si riduce a poche decine di modelli ed ad alcune linee di accessori venduti dalle griffe più esclusive.

Parlando di valute digitali (o cripto-valute) è inevitabile parlare di Bitcoin. Dalla sua prima utilizzazione commerciale (nel 2010, vennero comperate due pizze per 12 Bitcoin, quasi 120 mila dollari alle quotazioni di oggi) ha perduto gran parte di quell’alone di sospetto che lo circondava. In compenso, gli speculatori hanno cominciato a guardare con interesse ad una commodity così volatile da mettere a segno un rialzo di quasi 40% in un mese (e di quasi il 160% nell’anno).

In quanto merce di scambio, non può essere trattato in borsa, e chiunque ha diritto a rifiutare un pagamento in Bitcoin. Nonostante questo, è ormai d’uso parlare della valuta Bitcoin e di pagamenti ed accrediti in tale valuta, e per chi preferisce la finanza tradizionale sono stati introdotti i future e gli Edf basati su Bitcoin che vengono trattati a Chicago ed a New York.

Il successo di Bitcoin ha suggerito lo sviluppo di altre cripto-valute, le cosiddette altcoins. Alcune di queste hanno caratteristiche molto simili a Bitcoin, altre hanno trovato una loro utilizzazione specifica. Quello che ci interessa è che tutte queste valute identificano il loro proprietario mediante una combinazione di lettere (pressochè illegibile) chiamata indirizzo. Oltre agli indirizzi, esistono altre combinazioni di simboli necessarie a movimentare queste valute, i certificati digitali. Se poi il proprietario vuole dare in custodia presso una banca queste valute, il numero di questi certificati digitali cresce così rapidamente da diventare ingestibile.

A questo hanno cercato di porre rimedio i digital wallet: sono una versione più intelligente delle chiavette Usb, piccole unità di memoria che si inseriscono nei Personal computer per essere lette o aggiornate. Nella loro versione di base, identificano il loro proprietario mediante una sequenza di tasti, la password. Le versioni più sofisticate identificano il proprietario mediante carte elettroniche e gli consentono di effettuare pagamenti ed incassi in crypto-valuta o addirittura negoziazioni più complesse.

Anche il nostro smartphone potrebbe essere utilizzato come digital wallet ma non sembra lo strumento migliore per proteggere i nostri investimenti: potrebbe danneggiarsi, ce lo potrebbero rubare o intercettare… Proprio come i “telefonini” degli anni novanta, i digital wallet, diventati uno status symbol per una minoranza di esperti, erano in attesa di qualcuno che riconoscesse le loro potenzialità. Ora, forse lo hanno trovato.

Ian Rogers ha abbandonato il suo incarico di chief digital officer presso Lvmh (la multinazionale del lusso) per diventare chief experience officer presso Ledger, il maggiore produttore europeo di digital wallet. Ian, che fa parte dei consigli di amministrazione di alcune società nel settore del lusso e dei diritti musicali, aveva in precedenza lavorato presso Apple (in qualità di senior director) allo sviluppo del prodotti Apple Music ed Apple Beats.

Il suo lavoro consisterà nel migliorare i digital wallet in modo da nobilitare l’immagine di chi li possiede, e di rendere il loro uso più facile ed intuitivo, praticamente, sottoponendoli allo stesso trattamento che ha fatto nascere il prodotto smartphone. Le attese sono elevate: si stima che nei prossimi 5 anni, il settore registrerà una crescita del 28% annuo. Come ha recentemente ricordato Christopher Giancarlo, presidente della Digital Dollar Foundation, più del 10% del commercio al dettaglio avviene tramite internet. Però molti consumatori ritengono che gli strumenti attuali non siano adatti ai pagamenti online, una chiara indicazione della necessità di migliorarli.

A questo proposito, Fabio Panetta, del comitato esecutivo della Banca centrale europea, ha elencato le quattro direttrici delle attività di ricerca sul digital euro, la nuova valuta digitale retail, orientata ai consumatori. Oltre a sperimentare le due nuove tecnologie di archiviazione distribuita (blockchain e distributed ledger) ed a potenziare il sistema Tips per i pagamenti internazionali, ci si propone lo sviluppo ed il collaudo di nuovi dispositivi di pagamento.

Cosa possiamo ipotizzare su questo Dispositivo Universale di Accesso? Innanzitutto, dovrà avere dimensioni di poco superiori ad una carta di credito, e peso contenuto, in modo da potersi utilizzare con una mano sola. Inoltre sarà un dispositivo Universale, ovverosia in grado di effettuare pagamenti non solo in digital euro, ma in tutte le crypto-valute.

Essendo destinato a gestire dati sensibili, utilizzerà componenti ad elevata sicurezza (enclave computing) ma non avrà bisogno di componenti grafici ad alto costo (ed ad alto consumo). La sua grande autonomia gli consentirà di funzionare a lungo anche in mancanza delle reti di supporto, ad esempio nel caso di calamità naturali. Per identificare il suo proprietario, utilizzerà una o più tecnologie, anche di tipo biometrico.

Oltre ad essere un oggetto di uso comune, sarà un simbolo forte della moneta unica, in grado di favorire l’uguaglianza dei cittadini: potrà essere utilizzato anche da chi non sa usare lo smartphone, da chi non se lo può permettere, ed anche da chi non ha un conto in banca. Per effettuare un pagamento online, sarà sufficiente inquadrare con la telecamera un QR-code (mosaico di puntini che codifica un’informazione) visualizzato sulla pagina di pagamento. Un pagamento a livello personale richiederà di avvicinare i due dispositivi, ovviamente dopo aver impostato l’importo. In questa ultima modalità, sarà possibile operare anche in assenza di collegamento di rete.

Un dispositivo di questo tipo troverebbe applicazione anche al di là della semplice esecuzione di pagamenti. Si prevede che i cittadini lo possano utilizzare per ricevere pensioni o sussidi ad personam, per comprovare la propria identità ed altri tipi di certificazioni, per memorizzare i propri dati sanitari o per altre applicazioni sensibili.

Rispetto agli smartphone della generazione attuale, questo dispositivo presenta alcuni vantaggi, come quello di una maggiore sicurezza ed affidabilità: solo i modelli più costosi hanno iniziato da poco ad utilizzare i componenti ad elevata sicurezza. Inoltre, rappresenta un presidio della nostra sovranità digitale, intesa come tutela della nostra identità. Le nostre preferenze di spesa, le nostre decisioni di consumatori e cittadini, i nostri dati sensibili non sono un bene commerciabile. Pertanto, questi dati non dovrebbero essere lasciati su uno smartphone alla mercé di una delle tante applicazioni che se ne impadroniscono al fine di rivenderli.

A questo proposito, i più conosciuti self-service per smartphone (Apple Store e Google Play) hanno attivato meccanismi automatici in grado di eliminare applicazioni di questo tipo, che spesso si mascherano sotto forma di programmi “utili” o semplicemente “divertenti”. Purtroppo queste attività possono impedire il diffondersi di questi “spioni” elettronici, ma non possono curare gli smartphone che erano rimasti infettati in precedenza.

Sicuramente, molte di queste preclusioni sono destinate a decadere quando gli smartphone avranno maggiore autonomia e saranno in grado di offrire ai nostri dati una protezione adeguata. Alcuni produttori si sono già mossi in questa direzione, migliorando l’autonomia e la sicurezza dei loro articoli. Però, se personaggi come Ian Rogers hanno deciso di investire le proprie capacità sui Dispositivi universali di accesso, è probabile che per gli smartphone ci sia ancora parecchia strada da percorrere.

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