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Dove si investe (davvero) sulle idee

Leggendo Il cigno nero. Come l’improbabile governa la nostra vita * di Nassim Nicholas Taleb, mi sono soffermato su un paragrafo intitolato Scalabilità e globalizzazione. In questo frammento del libro l’autore mette a confronto la società europea e quella americana. Nella sua tesi Taleb – che è professore di Scienze dell’incertezza alla University of Massachussets – sostiene che la società americana sia più avanzata di quella europea, in quanto gli statunitensi puntano – e investono – sulle idee. Mi spiego meglio, riportando un passo del libro.

«Negli stereotipi utilizzati dagli europei altezzosi (e frustrati), gli americani vengono spesso descritti come “incolti”, “non intellettuali” e “scarsi in matematica”, perché non hanno il pallino delle equazioni e di quella che gli europei mediamente istruiti chiamano “alta cultura”, per esempio sapere che Goethe ha fatto un viaggio ispiratore (e fondamentale) in Italia e conoscere la scuola pittorica di Delft. Ma spesso coloro che utilizzano tali stereotipi non possono fare a meno del loro iPod, indossano jeans e utilizzano Microsoft Word per buttare giù le loro affermazioni “colte” sul pc, interrompendosi ogni tanto per fare qualche ricerca su Google».

In questo frammento è racchiusa una (per noi) amara verità: l’economia americana – con tutti i difetti e le forzature che può avere – ha puntato tutto sulla creazione di idee, sulla fiducia in queste ultime e sulla loro semplicità ed efficacia, arrivando a conquistare il resto del mondo. Prova di questa conquista è il fatto che – come riportato nel libro – in ogni momento della giornata, se ci sforziamo di ricordarlo, siamo portati ad avere a che fare col frutto della creatività americana.

Questa egemonia intellettuale è presto spiegata. Ad esempio: dal punto di vista economico – sostiene Taleb – vale molto di più progettare un bene piuttosto che realizzarlo. E così fanno in America: immaginano un nuovo paio di scarpe Nike, o l’iPhone 5, oppure un pezzo di  un Boeing o una nuova Ford. Si limitano, cioè, al puro lavoro intellettuale, non fanno altro che stimolare la loro curiosità e la loro creatività, consapevoli che le mansioni di routine toccheranno a qualche paese del Terzo mondo e la parte tecnica a qualche ingegnere del Vecchio continente, magari “altamente acculturato” e bravo in matematica.

È per questo motivo che in America è facilissimo perdere il posto di lavoro così come è altrettanto facile trovarne un altro, reinventarsi, rimettersi in gioco. In una società liquida e veloce come quella contemporanea i grandi colossi nascono da intuizioni piccole e veloci come schegge, in Paesi dove le case sono di legno e in media si fanno almeno 7 traslochi in una vita. In questa moderna interpretazione del vivere in chiave eraclitea la fortuna e le opportunità sono gli unici veri pilastri. E la consapevolezza che nulla è più prezioso delle idee.

*Il Saggiatore, 2008, pp. 379, 18 €

Twitter @FraOnorato

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