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L’Italia per la sicurezza dei Balcani. La visita di Guerini a Belgrado

Di Marco Battaglia

Il ministro della Difesa è stato oggi a Belgrado per incontrare il suo omologo Nebojša Stefanović il presidente Aleksandar Vučić e il primo ministro Ana Brnabić. Tra i temi in agenda la stabilizzazione dell’area balcanica, la cooperazione tecnico-militare e industriale e l’appoggio italiano all’adesione della Serbia all’Ue. Sullo sfondo le pressioni russe e cinesi nella regione

“L’Italia guarda con forte interesse alla Serbia per una sempre più stretta cooperazione anche nel settore dell’industria della Difesa che possa generare positive ricadute reciproche per l’industria italiana e serba”. È la sintesi della visita odierna del ministro della Difesa Lorenzo Guerini a Belgrado, contraddistinta da una serie di incontri con il presidente Aleksandar Vučić, il vice primo ministro Nebojša Stefanović – di recente nominato a capo del dicastero serbo della Difesa – e il primo ministro Ana Brnabić. La visita si inserisce nel quadro della stretta relazione bilaterale che lega il nostro Paese con la Serbia, e che ha visto negli ultimi tre anni un susseguirsi di incontri istituzionali ai massimi livelli. A marzo 2019 fu Giuseppe Conte a recarsi a Belgrado, mentre lo scorso febbraio fu la volta del ministro degli Esteri Luigi Di Maio.

LA VISITA

“Questa visita vuole essere un segnale chiaro e tangibile dell’importanza che l’Italia attribuisce al suo legame con la Serbia; si tratta di un partenariato maturo che è cresciuto negli anni con soddisfazione di entrambi i Paesi”, ha detto il ministro Guerini concludendo la visita. Diversi i temi in agenda: dal partenariato strategico nei settori della difesa, dell’industria e dell’economia al supporto italiano all’adesione della Serbia all’Ue, ribadendo al contempo la centralità della cooperazione tra i due Paesi per la stabilizzazione della regione. Nel corso dei colloqui è stato affrontato anche il tema del Covid-19, con il reciproco supporto nel contrasto della pandemia.

LA MISSIONE ITALIANA

L’Italia conserva d’altra parte un’attenzione particolare ai Balcani occidentali, parte di quel “Mediterraneo allargato” che Guerini ha definito, sin dal suo insediamento a palazzo Baracchini, la priorità strategica della Difesa nazionale. In termini operativi spicca l’impegno in Kosovo con la missione Nato Kfor, il cui obiettivo è preservare le condizioni di sicurezza e facilitare l’integrazione euro-atlantica dei Balcani occidentali. Vi contribuiscono circa 3.600 truppe fornite da 28 Paesi, tutte al comando del generale italiano Michele Risi. Per l’anno in corso l’impegno del nostro Paese prevede un dispiegamento massimo di 538 unità, con 204 mezzi terrestri. Sulla partecipazione italiana alla missione, il ministro Guerini ha dichiarato: “Confermo il nostro impegno in Kfor, la cui funzione di garante imparziale è per noi uno dei pilastri fondamentali della sicurezza regionale”.

IL CONTESTO

La visita di Guerini è servita per ribadire l’impegno italiano in uno scenario caratterizzato da crescenti difficoltà: la situazione economica dell’area balcanica occidentale è da molti anni in sofferenza, aggravata dall’arrivo della pandemia. Queste difficoltà avvengono in concomitanza con un peggioramento complessivo degli standard sullo Stato di diritto a livello regionale – dalla separazione dei poteri istituzionali alla libertà di stampa – che preoccupa numerosi osservatori europei e internazionali. Sullo sfondo, l’ancora irrisolto dossier sul Kosovo, il cui status internazionale è dal 2017 addirittura in contrazione, con alcuni Paesi – principalmente africani – che sono tornati sui loro passi sconfessando il precedente riconoscimento del Paese balcanico.

LE PRESSIONI DA EST

Questa contrazione, da alcuni imputata ad una contestuale pressione russa o cinese sulla questione, è da inserire nel più ampio tentativo di penetrazione delle due potenze nella regione dei Balcani occidentali: Mosca e Pechino hanno, infatti, incrementato negli ultimi anni la quantità di investimenti nei settori strategici dell’energia e delle infrastrutture, nel tentativo di aumentare il livello della loro influenza in una regione strategica come quella balcanica. In particolare, la Cina, attraverso i progetti legati alla Belt and road initiative (Bri), ha reso la regione balcanica una arteria fondamentale dell’intera iniziativa, collegando il porto greco del Pireo – di proprietà cinese dal 2009 – ai mercati dell’Europa centrale.

IL RUOLO SERBO

Da queste premesse si evince il ruolo fondamentale che la Serbia riveste per la stabilizzazione dello scacchiere regionale balcanico. Sebbene la volontà serba di entrare a far parte dell’Unione europea resti una delle priorità dell’esecutivo serbo, il processo di adesione iniziato nel 2009 è in una fase di stallo decennale: dei 34 capitoli dell’acquis comunitario necessari per l’ingresso nel gruppo europeo, solamente 2 sono stati chiusi. La visita del ministro italiano a Belgrado avviene a due giorni dalla conferenza in sede europea del Consiglio di stabilizzazione e associazione della Serbia, in programma per il 17 dicembre, che revisionerà l’avanzamento del negoziato per l’ingresso della Serba all’Ue. Sull’argomento il ministro ha ribadito il “sostegno dell’Italia al processo d’integrazione della Serbia all’interno della Ue; il futuro della Serbia è in Europa e Belgrado può contare sul nostro convinto sostegno”.


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