Skip to main content

Ecco i cinque ostacoli (secondo Politico.eu) al piano digitale Ue

La reazione Usa, le resistenze dell’Irlanda, la cooperazione tra Stati membri ma non solo. I cinque ostacoli (secondo Politico.eu) alle proposte della Commissione europea per il digitale

La Commissione europea ha annunciato ieri la sua rivoluzione sulle Big Tech: i commissari Margrethe Vestager (Concorrenza) e Thierry Breton (Mercato interno) hanno presentato due proposte — il Digital Services Act e il Digital Markets Act — pensate per rimodellare il quadro normativo per le piattaforme che vogliono operare nel mercato europeo.

Diversi esperti hanno analizzato le proposte con Formiche.net. Secondo Giulio Sapelli, storico ed economista dell’Università Statale di Milano, la Commissione europea ignora la biografia del presidente-eletto degli Stati Uniti Joe Biden,”l’uomo delle multinazionali” e della sua vice, Kamala Harris, “il procuratore della Silicon Valley”. Per Serena Sileoni, vice direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni, “l’intervento sul mercato digitale rischia di essere molto più pervasivo e determinante” della cosiddetta web tax. Julia Friedlander, senior fellow dell’Atlantic Council, ha spiegato che “l’Unione europea è troppo dipendente dai benefici commerciali e di sicurezza dei suoi accordi di condivisione dei dati con gli Stati Uniti per sognare una vera ‘terza via’”.

Se il Financial Times ha messo in guardia l’Unione europea da una possibile reazione dura di Biden, per Politico.eu la Commissione deve superare cinque ostacoli. Primo: convincere tutti i Paesi, e sarà dura. Basti pensare che l’Irlanda (che ospita colossi come Apple, Facebook, Google e Microsoft) ha già fatto sapere che non crede che le Big Tech soffochino la concorrenza. Senza dimenticare le posizioni contrarie di Finlandia, Danimarca e Svezia. Secondo: prepararsi ad azioni legali, visto che è probabile che le Big Tech considerino il progetto come uno strumento per ostacolarle. Terzo: far sì che gli Stati membri cooperino nell’attuazione (“Che cosa succede quando lo stato membro X dice allo Stato membro Y di rimuovere le informazioni LGBTQ+ e questo rifiuta?”, ha sintetizzato la vicepresidente del Parlamento europeo Dita Charanzová di Renew Europe). Quarto: trovare un accordo sulla pubblicità online mirata (argomento rimasto fuori dalle proposte). Quinto: evitare che la mossa venga letta come “unilaterale” da parte degli Stati Uniti, il che trasformerebbe la riforma in un flop.

Come ha ammesso ieri Vestager, serviranno almeno due anni per trovare un’intesa e concretizzare le proposte. E due anni, si sa, possono corrispondere a un’era geologica nel mondo tecnologico.



×

Iscriviti alla newsletter