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Un’alleanza digitale tra Europa e Stati Uniti? Il punto delle aziende tech

Google, Cisco ed Ericsson, ma anche Atos e Com.Tel. Ecco cosa pensano le aziende (europee e americane) sulla questione tecnologica che rischia di dividere le due sponde dell’Atlantico. Il punto all’evento “Tech and democracy, the alliance we need”

L’alleanza digitale tra Europa e Stati Uniti passa da quella tra istituzioni e aziende, unite nell’obiettivo finale di garantire reti sicure e veloci. Le opportunità per accelerare ci sono, a patto che le nuove regole non diventino un disincentivo agli investimenti. È il punto sulla nuova sfida tecnologica per l’Occidente che arriva dalle aziende IT, europee e statunitensi, intervenute al dibattito “Tech and democracy, the alliance we need” organizzato da Formiche in partnership con il Centro studi americani (Csa) di Roma e la rappresentanza in Italia della Commissione europea.

LE DECISIONI DI BRUXELLES

Solo pochi giorni fa la Commissione di Ursula von der Leyen ha presentato due provvedimenti, il Digital Services Act (Dsa) e il Digital Market Act (Dma). Alla ricerca di una “terza via” nel confronto tecnologico tra Cina e Stati Uniti, promettono di innescare una vera e propria battaglia legale con la Silicon Valley. Difatti, il nuovo pacchetto di regole sul mercato digitale ridefinisce i rapporti con i colossi americani, i quali saranno chiamati a rispondere a prescrizioni molto più severe, dalla concorrenza alla condivisione dei dati raccolti in rete. Oltre che economica, la partita è geopolitica, legata all’interpretazione che l’Europa vuole dare della sua “autonomia strategica”, concetto ormai al centro del dibattito continentale.

LA PARTITA GEOPOLITICA

Gli interventi istituzionali a “Tech and democracy”, a partire da quello del ministro Vincenzo Amendola, hanno difatti chiarito che va intesa (anche in ambito digital) come un rafforzamento del Vecchio continente all’interno del quadro occidentale, dunque inseparabile dall’alleato d’oltreoceano. Dai valori condivisi di libertà e democrazia, il punto è trovare delle regole comuni applicabili al web, tutte a beneficio degli utenti finali, cioè i cittadini. La stessa prospettiva è condivisa dal mondo delle aziende, fornitrici di quei servizi ormai irrinunciabili per la nostra vita quotidiana, tanto più ai tempi del Covid-19, tra smart working ed e-commerce.

(DIS)INCENTIVI

“Stiamo ancora studiano i testi presentati dalla Commissione”, ha ammesso Andrea Stazi, senior manager di Google per i Regulatory Affairs Lead Italy, Greece, Malta & Academic Outreach Europe. “Chiaramente – ha aggiunto – dal seminario emerge che trasparenza e fiducia sono cruciali tanto per le istituzioni, quanto per i privati”. L’aspetto positivo, ha aggiunto, è che “gli obiettivi sono comuni: avere di più e non di meno”, cioè impegnarsi a garantire l’accesso e l’uso migliori possibili al web per gli utilizzatori finali. Quello meno positivo è il rischio che la nuova regolamentazione europea costituisca un disincentivo all’innovazione per le grandi piattaforme del web, americane ed europee. Da qui la proposta di Stazi: affiancare alle nuove norme incentivi per le realizzazione di infrastrutture tecnologiche che creino “un ambiente più dinamico e maggiori benefici per i cittadini”.

INVESTIMENTI

Significa “essere abilitatori di una digitalizzazione sicura, semplice e sostenibile”, ha aggiunto Paolo Campoli, vice presidente Global service provider leader di Cisco, la multinazionale americana operativa sull’information technology. D’altra parte, se si punta a “digitalizzare un Paese”, la sicurezza “diventa condizione necessaria; la rete deve essere intrinsecamente sicura”. Ne deriva l’invito a investimenti pubblici (o nuovi partenariati pubblico-privati) che puntino ad alzare le barriere della sicurezza, per un sistema sostenibile che dia semplicità agli sviluppatori del futuro. Tutto questo, ha notato Campoli, non può non tenere conto della rete che dovrà sostenere la digitalizzazione: quella 5G.

ACCELERARE SUL 5G

Sul tema è intervenuto anche Emanuele Iannetti, amministratore delegato di Ericsson Italia, ramo italiano del colosso nordeuropeo che guida molti degli impegni occidentali in ottica anti-Huawei sul 5G. L’Europa, ha notato, appare “molto lenta” rispetto a quanto accade in Asia, lì dove diversi Paesi (Cina in primis) “hanno adottato il 5G rapidamente”. Il ritardo del Vecchio continente può essere attribuito ai minori investimenti sul campo, ma anche alla “iper-competizione che abbiamo in molti Paesi”. Per accelerare servono prima di tutto risorse, e si guarda (come ammesso da Antonio Parenti, capo della rappresentanza in Italia della Commissione) sia al prossimo bilancio dell’Ue, sia al Next Generation Eu, che ha nella digitalizzazione uno dei suoi pilastri. Poi, ha detto Iannetti, per dare ulteriore spinta potrebbe essere occasione utile il B20 (dove la “B” sta per business) che il prossimo anno affiancherà il G20 di presidenza italiana.

LA SICUREZZA

Obiettivo finale: “Portare i cittadini al centro della digitalizzazione”, ragion per cui occorre “considerare la sicurezza come un elemento-chiave della data economy”, ha spiegato Giuseppe Di Franco, ceo di Atos Italia e group executive vice president di Atos, la società europea (con sede in Francia) impegnata in servizi per la trasformazione digitale, guidata da Thierry Breton fino alla sua nomina a commissario europeo per il Mercato interno. “Il modo in cui trattiamo i dati – ha rimarcato – diventa un elemento centrale della democrazia”. È in questo senso che si parla di “sovranità di dati”, da intendere per l’Europa “non come misura protettiva, ma come possibilità di investire in ricerca e sviluppo per essere presenti in modo più importate e affrontare la sfida digitale”. Tutto questo presuppone tecnologie e competenze. Per poter sviluppare le prime (“l’high performance computing sarà un pilastro fondamentale”) servono le seconde. “Ci vuole – ha detto Di Franco – un programma serio sulla crescita delle persone, area fondamentale di ogni azienda”.

TRA DIGITALE E SICURO

Anche perché la digitalizzazione è un treno in corsa. Come ha notato Davide Cilli, amministratore delegato di Braga Moro e Com.Tel, rispettivamente specializzate di energia e servizi Ict, “oggi l’opportunità del cambiamento è diventata una necessità”, un impegno che coinvolge “le aziende digitali nel poter erogare servizi digitali”. E, ha aggiunto, “se la democrazia sta nell’assicurare pari accessi e opportunità a tutti, la responsabilità degli esperti aumenta e gioca un ruolo centrale”. Il bilanciamento è delicato, ha concluso Cilli: “Dobbiamo prestare la massima attenzione affinché la sicurezza non vada a influire sulla possibilità per tutti di usufruire allo stesso servizio”.



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