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Un decennio difficile per un’Italia in Coma. Parla Bill Emmott, già Direttore dell’Economist

Narratore e coautore di Girlfriend in a Coma, un nuovo documentario sul declino economico, politico e morale dell’Italia, diretto da Annalisa Piras. Scrittore e consulente che ha lavorato per 26 anni presso The Economist (1980-2006), di cui 13 come redattore capo. 

Sembra di essere davanti alla profezia di Spengler nel saggio “Il declino dell’Occidente.” Pensi sia così?

No, penso che la situazione sia diversa da quella profetizzata da Oswald Spengler, perché riteneva che una nuova civiltà avrebbe preso il sopravvento. Quello che stiamo vedendo è un declino del potere occidentale non perché una nuova civiltà ha preso il sopravvento, ma piuttosto perché il potere in tutto il mondo è più diffuso rispetto al passato. Questo che significa che nessun Paese o gruppo può avere l’egemonia. In secondo luogo, i paesi occidentali si sono divisi tra loro, con gli USA che attaccano l’Europa e la Gran Bretagna che abbandona l’Unione Europea. Quindi quello che stiamo vedendo è un declino del dominio occidentale, e una sostituzione con disordine, divisione e potenzialmente caos.

Sei stato per molti anni a capo dell’Economist. Dalla tua esperienza quale può essere lo scenario migliore o peggiore per l’UE. L’italia è ancora una girlfriend in a coma. Riuscirà mai a risvegliarsi?

Lo scenario migliore per l’UE è che diventi un risolutore collettivo di problemi, un fornitore di speranza, opportunità e prosperità per i paesi membri e i loro cittadini. L’effetto combinato dell’invenzione dell’euro nel 1999 e poi dell’allargamento nel 2004-06 per includere altri 12 paesi è stato quello di rendere l’UE un’organizzazione che dice “no”, che stabilisce regole e restrizioni. Non è un’organizzazione che dice ” si ” e offre attivamente aiuto. Questo è uno dei motivi per cui più italiani rispetto al passato hanno opinioni negative sull’Europa. L’Italia ha principalmente bisogno di riformarsi se vuole svegliarsi dal “coma”, consentendo più innovazione e creatività ai suoi cittadini. Ma per farlo ha bisogno di un’Unione europea che dica “sì” e abbia un atteggiamento propositivo, piuttosto che bloccare ripetutamente!

Ciò a cui stiamo assistendo oggi è la diretta conseguenza di un declino morale e culturale, soprattutto della classe dirigente, iniziato molti anni fa? In che modo possiamo uscire da questa situazione?

Abbiamo permesso alla nostra democrazia di essere corrotta dal denaro e dai gruppi di interesse, che hanno costantemente distorto le azioni del governo e portato all’alienazione tra la gente comune. Per sfuggire a questo, dobbiamo riformare e rivitalizzare le nostre democrazie, ripartendo dai bisogni delle persone.

L’Italia è il secondo Paese più vecchio al mondo. Questa crisi economica sembra aver acuito le differenze sociali e distrutto definitivamente le speranze dei giovani. Siamo davanti ad un punto di rottura?

No, non credo che siamo davanti ad un punto di rottura, ma il rischio reale è che ci incastriamo in un declino permanente. L’Italia ha bisogno di copiare il Giappone consentendo e incoraggiando gli anziani a continuare a lavorare fino ai 70 anni, rimanendo creativi, e sia l’Italia che il Giappone devono aiutare i giovani intervenendo per ridurre il lavoro precario e aumentare i redditi.

L’esperienza della pandemia ha visto aumentare a dismisura il patrimonio di una manciata di persone, rispetto ad un impoverimento della classe media. E’ un trend sostenibile nel lungo periodo?

 La mia più grande preoccupazione per la pandemia è che peggiorerà le diseguaglianze e sia la politica che il governo non riusciranno a trovare delle soluzioni adeguate e coerenti con i tempi duri che stiamo vivendo. Questa situazione poteva essere un momento di grande unità. Probabilmente invece condurrà ad un ulteriore declino e divisione.

Non credi che l’avanzata degli infostati, la pressione sulle democrazie e la conseguente sedazione delle masse, possa portare a vivere all’interno di una Matrix, dove sarà impossibile distinguere la realtà dalla fantasia?

Peno che già ‘”infodemia” abbia già contribuito abbastanza nel creare nell’immaginario collettivo di vivere nella propria bolla informativa.

Che futuro immagini nei prossimi 10 anni?

Sarà un decennio difficile, grazie alla doppia crisi del 2008, da cui non ci siamo ancora ripresi, e ora del 2020. Ma ci sono possibilità di rinnovamento, anche grazie all’aiuto della tecnologia. Come in una partita di calcio difficile, le cose non sono andate bene nel primo tempo, ma c’è ancora tutto da giocare.

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