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Recovery Fund, vi racconto la fine della cabina di regia. Scrive Pennisi

Lo strumento migliore per gestire le risorse è trovare apporti tramite gare per convenzioni con università, fondazioni senza fini di lucro ed organizzazioni internazionali. Un esempio? Due settori in cui l’analisi in itinere ed ex post sono particolarmente complesse: l’istruzione e la giustizia

La “cabina di regia”, che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, avrebbe voluto fare approvare nel maxiemendamento della legge di bilancio, è stata definitivamente cassata in questi giorni natalizi. Non tanto per le proteste di Italia Viva e di gran parte del Partito democratico o per il furore dell’opposizione.

Ma a ragione di un manager di un grande gruppo privato il quale, a torto od a ragione, si è vantato presso il colto e l’inclito di essere “entrato nell’area pentastellata” e che avrebbe avuto ampie assicurazioni che sarebbe stato uno dei “manager” di cui alla bozza di articolato presentato circa tre settimane fa ad un Consiglio dei ministri piuttosto allibito.

Difficile dire se la affermazioni fossero vanteria oppure avessero sostanza. No sta certo al vostro chroniqueur rivelare chi è od attardarsi su un individuo così maldestro da vendere la pelle dell’orso prima di averlo catturato.

Sia che si tratti di puro millantato credito o che sia un’aspettativa con un minimo di contenuto, l’episodio ha scoperto un nervo della proposta «cabina di regia» composta da manager ed esperti selezionati non con evidenza pubblica e procedura concorsuale ma per chiamata diretta: i potenziali molteplici “conflitti di interesse”.

Si potrebbe argomentare che potrebbero sorgere anche nella proposta della Fondazione Ugo La Malfa (Fulm) e nella ipotesi del rafforzamento delle strutture esistenti tramite l’apporto di consulenti specifici. Nel primo caso – la creazione di un ente autonomo e temporaneo – sarebbe gli statuti dell’ente e la personalità alla guida dell’istituto ad assicurarne che siano minimizzati.

Nel secondo, si potrà, anzi si dovrà, prendere accorgimenti specialmente per le analisi di valutazione in itinere ed ex post per le riforme ed i progetti a valere sulla Recovery and Resilience Facility del programma Next Generation Eu. Per tali analisi, la Pubblica amministrazione, che ha l’obbligo della “imparzialità” è poco attrezzata soprattutto in quanto sono poco richieste.

Lo strumento migliore è trovare apporti tramite gare per convenzioni con università, fondazioni senza fini di lucro ed organizzazioni internazionali. Prendiamo due settori in cui l’analisi in itinere ed ex post sono particolarmente complesse: l’istruzione e la giustizia.

Per la prima non mancano, oltre agli enti di ricerca pubblici, fondazioni ed università che lavorano da lustri in questo campo: ad esempio, la Fondazione Agnelli, le Università di Bologna e Palermo e l’International Institute of Educational Planning, un affiliato dell’Unesco con 50 anni d’esperienza. Per la seconda, oltre all’IRSiG-CNR ed ad alcune Università si potrebbe pensare all’Istituto Internazionale per l’Unificazione del Diritto Privato (di solito chiamata Unidroit) che è nata nel 1926, ha oltre sessanta Stati membri ad ha sede a Roma in quel di Via Panisperna.


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