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Ict e strategie di business, binomio in evoluzione

L’importanza della digitalizzazione e dell’Ict, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ha assunto estrema rilevanza in un anno segnato dalla pandemia. Lo dimostra anche l’ultimo report Istat su “Imprese e Ict nel 2020” che, come scritto in un articolo pubblicato online da Il Sole 24 Ore, attraverso l’integrazione di diverse fonti statistiche, per la prima volta ha analizzato in profondità se la digitalizzazione delle aziende produce benefici, quanto valgono, e in quali casi specifici. In questo modo è stato possibile produrre quattro diversi indicatori che analizzano aspetti diversi del rapporto fra tecnologia e impresa, a cominciare dal primo che misura quanto esse usano i Pc e sono connessi a Internet. Il secondo guarda a quanti sono gli addetti dell’azienda collegati in rete, con il caso più favorevole in cui essi superano i tre quarti del totale, quello meno in cui invece i connessi sono meno di uno su quattro. Vi è poi un indicatore utilizzato dall’agenzia europea di statistica sulla base di 12 attività digitali, e chiamato appunto “digital intensity index”, e infine una misurazione relativa all’e-commerce che censisce se le imprese vendono online tramite i loro siti.

Sul tema della digitalizzazione e delle nuove tecnologie, alla cerimonia per l’assegnazione del Premio Nazionale per l’Innovazione 2020 “Premio dei Premi”, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, la Ministra per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, Paola Pisano, ha ricordato che “oggi il mondo sperimenta una profonda trasformazione che sta portando alla nascita di industrie totalmente nuove nei campi della genomica, dell’intelligenza artificiale, della robotica. Rese possibili da nuove e innovative tecnologie in continua evoluzione, la raccolta e l’analisi dei dati stanno trasformando anche attività tradizionali che vanno dall’agricoltura al tessile e alla moda”.

Come si legge sul Il Sole 24 Ore, ci sono economisti secondo cui in Italia l’uso dell’ICT fatica a portare miglioramenti al sistema economico. Questo può dipendere, suggeriscono i loro studi, dalla prevalenza di piccole imprese che non agevolerebbe la diffusione delle nuove tecnologie, dall’inefficienza nella selezione del management, dal ridotto investimento in capitale umano oppure dalla bassa efficacia delle politiche a sostegno dell’innovazione. È il caso dell’Italia? I nuovi risultati prodotti dall’Istat mostrano che “la relazione tra uso di Ict e propensione all’esportazione è piuttosto evidente: la quota di imprese con almeno 10 addetti aumenta al crescere degli indicatori di digitalizzazione”, oppure se si fa uso di canali di vendita online e dunque dell’e-commerce. Lo stesso succede per le imprese esportatrici, con però alcune eccezioni come le aziende ad alta intensità di tecnologia ma che tendono a non esportare troppo: è il caso di chi produce software o fornisce consulenze informatiche.

Come emerso nel corso del convegno annuale di Confindustria Digitale, l’11 novembre scorso, la pandemia “ha riproposto in modo drammatico il tema del ritardo digitale che ci tiene inchiodati da anni agli ultimi posti in Ue nella classifica Desi, inibendo le nostre capacità di modernizzazione e crescita. Le risorse comunitarie, in arrivo con il piano Next Generation Eu, andranno concentrate su interventi strutturali di trasformazione digitale degli asset più importanti per recuperare il tempo perduto”.

Sul tema è intervenuto anche Alessandro Mercuri, Consulting Leader di Deloitte Italia, secondo il quale “la risposta delle imprese italiane alle sfide imposte dal Covid-19 ha variato molto in funzione della dimensione aziendali: le imprese più piccole hanno avuto le maggiori difficoltà, avendo investito troppo poco in digitalizzazione negli anni passati. Ma ora, con il Recovery Fund, abbiamo un’occasione imperdibile per far sì che tutto l’ecosistema imprenditoriale italiano transiti verso una nuova fase dell’economia, in cui l’ICT farà parte integrante dei piani di business e delle strategie di rilancio. La digitalizzazione sarà uno dei pilastri del Next Generation Eu: dobbiamo usare le risorse messe a disposizione dall’Ue per colmare il gap che ci distanzia dai Paesi più competitivi e innovativi in questo ambito.
Secondo Istat, nel 2020 c’è stato un aumento del numero di imprese con un sito web che rende disponibile informazioni sui propri prodotti e servizi: sono passate dal 34% del 2019 al 55% del 2020. Anche quello che utilizzano servizi cloud sono aumentate dal 23% del 2018 al 59% del 2020, certifica l’istituto di statistica nazionale.
“Ma questo avanzamento non basta: secondo lo stesso report Istat, nel 2020 l’82% delle imprese con almeno 10 addetti non adotta più di 6 tecnologie tra le 12 considerate dall’indicatore europeo di digitalizzazione denominato Digital intensity index – ha sottolineato Mercuri – ma non solo: solo l’8% delle Pmi dichiara di avvalersi di almeno due dispositivi smart o sistemi interconnessi, di robotica e analisi di big data e solo il 4,5% utilizza stampanti 3D nei processi di produzione. Per quanto riguarda l’Intelligenza Artificiale, i numeri sono in crescita ma ancora poco significativi: nel 2019 il 91,8% delle imprese con almeno 10 addetti ha dichiarato di non aver utilizzato alcuno strumento IA. Nel 2020 siamo arrivati a un utilizzo del 23% da parte delle imprese con almeno 10 addetti”.

“Da questo quadro- continua Mercuri- emerge con chiarezza che una delle priorità di investimento per l’Italia sono le infrastrutture digitali. Se c’è un driver di crescita virtuoso e strategico di cui abbiamo bisogno è quello della digitalizzazione. Ma a queste infrastrutture devono essere affiancate anche delle competenze: dobbiamo accompagnare tutta la popolazione italiana in un processo di alfabetizzazione digitale. E, come dimostra lo studio prodotto dall’Osservatorio della nostra Fondazione, bisogna investire in competenze tecnico-scientifiche: nel nostro Paese meno del 30% degli iscritti all’Università studia discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). E così nasce quel paradosso per cui, in uno dei Paesi con il più alto tasso di disoccupazione giovanile, un’impresa su quattro non riesce a trovare i profili professionali di cui ha bisogno”, ha concluso l’AD di Deloitte Consulting.

Ad Alessandro Mercuri fa eco Antonio Giacomini, amministratore delegato di Innovaway, una importante realtà modello di come l’Italia possa avere medie imprese ad operare in un contesto globale con progetti e servizi di trasformazione digitale.  
“Dal rapporto- spiega Giacomini- emerge una situazione con parecchi punti di criticità, ma anche con un’importante prospettiva futura, se l’Italia saprà cogliere l’opportunità dei fondi del Next Gen EU per superare il gap rispetto ai Paesi con un’economia digitale più matura. Sarà una grande sfida, non solo per le aziende private chiamate a un percorso di innovazione e di creazione di nuove competenze digitali, ma anche per il settore pubblico che deve mostrarsi in grado di indirizzare in maniera produttiva le risorse dell’Europa. Ci sono tutti gli ingredienti perché si possa vincere questa sfida e fare un salto in avanti nella competitività del Paese a livello globale”.
“In particolare – conclude Giacomini- sono due le aree sulle quali Innovaway ha maturato esperienze significative e ha quindi una sensibilità diretta sulla situazione delle imprese italiane: l’IoT e l’eCommerce. L’IoT gode di una buona diffusione, ma non ha ancora raggiunto quel livello di pervasività che consentirebbe di generare risultati importanti in maniera sistematica: ci sono ancora parecchie opportunità di crescita e noi lo vediamo come un settore importante per il tessuto industriale. Per quanto riguarda l’eCommerce, a fronte di una diffusione non trascurabile, il vero tema è la strategia delle aziende, che spesso lo vedono come un canale aggiuntivo per le proprie vendite e non come un’iniziativa strategica di digitalizzazione e questo si riflette sui volumi di fatturato via web, che sono ancora ridotti rispetto alle nostre potenzialità. È anche questa una sfida importante, forse quella più importante: il pensare direttamente in digitale, invece di studiare come digitalizzare l’esistente”.

Intesa Sanpaolo, TIM e Google insieme per l’innovazione del Paese

In questo scenario si inseriscono gli accordi tra Intesa Sanpaolo, TIM e Google, annunciati questa mattina.  grazie ai quali la Banca migrerà una parte rilevante del proprio sistema informativo sui servizi cloud di Google, che risponderanno ai più elevati standard internazionali di sicurezza e riservatezza delle informazioni, e si appoggeranno sui Data Center italiani di TIM a Milano e Torino. Un accordo che visto il ruolo di “Banca di Sistema” di Intesa Sanpaolo potrà avere un impatto importante nella digitalizzazione del Paese.Il progetto, che è stato sottoposto al vaglio delle Autorità competenti come previsto dalla normativa, prevede l’apertura a Torino di un’innovativa infrastruttura tecnologica per l’erogazione dei servizi Google Cloud e la creazione di un importante centro dedicato all’intelligenza artificiale, alla formazione e al sostegno professionale delle start up attraverso iniziative da definirsi insieme tra Intesa Sanpaolo, Google e TIM.La presenza di due Google Cloud Region speculari in Italia, a Milano e Torino, assicurerà a Intesa Sanpaolo la continuità operativa dei servizi cloud di cui necessita. Entrambe le Cloud Region saranno realizzate secondo le più recenti best practice di sostenibilità ambientale e saranno carbon neutral, nel rispetto delle linee guida del Gruppo Intesa Sanpaolo, condivise da TIM.
I servizi di Google Cloud nelle Cloud Region consentiranno alle famiglie e alle imprese italiane di tutte le dimensioni di usufruire dei vantaggi tecnologici ed economici del cloud computing in modo sicuro e sostenibile, dando un contributo decisivo all’accelerazione della digitalizzazione del Paese.

“Grazie a questo importante accordo, Intesa Sanpaolo -spiega Massimo Proverbio, Chief IT, Digital & Innovation Officer di Intesa Sanpaolo- accelera il suo percorso per diventare una vera e propria Digital Company; l’accordo ci consentirà di servire, sempre più rapidamente, famiglie e imprese con strumenti innovativi, facili da usare in linea con le crescenti esigenze di digitalizzazione del Paese. L’apertura di due Region Cloud, basate sulle più avanzate soluzioni di Google in Data Center di TIM, fornisce a Intesa Sanpaolo un vantaggio competitivo rilevante sia perché abilita una più veloce adozione del cloud sia perché ci posiziona come leader, anche in ambito tecnologico, in Europa. La collaborazione con due grandi realtà come TIM e Google ci consentirà poi di promuovere e accelerare la diffusione della cultura digitale all’interno di tutto il Gruppo. Le iniziative infatti non si limitano al cloud, ma potranno svilupparsi in ulteriori ambiti tecnologici quali l’analisi dati e l’Intelligenza Artificiale; il nostro obiettivo è creare un percorso virtuoso che valorizzi le professionalità che abbiamo oggi e che vorremo avere domani valorizzando le competenze presenti sul territorio anche grazie al supporto del Politecnico di Torino”.
“Gli accordi firmati oggi con Intesa Sanpaolo e Google Cloud -dichiara Carlo D’Asaro Biondo, Executive Vice President – Partnerships, Alliances and TIM Cloud Project-  rappresentano un importante passo avanti all’interno del più ampio progetto che TIM sta realizzando nell’ottica di dotare il Paese delle infrastrutture digitali adeguate a far crescere le nostre imprese. Il Cloud rappresenta una soluzione strategica per tutte le aziende e le istituzioni che potranno beneficiare di soluzioni all’avanguardia in grado di fornire i più elevati standard di sicurezza e riservatezza. Grazie ai nostri Data Center e ai recenti investimenti in soluzioni cloud e servizi professionali siamo convinti di poter contribuire in maniera significativa all’abilitazione di nuovi servizi che semplificheranno la Pubblica Amministrazione e il modo di fare impresa, accelerando al tempo stesso la diffusione della cultura digitale a tutti i livelli”.
“Siamo lieti di contribuire, insieme a TIM,- conclude Fabio Fregi, Head of Google Cloud Italy- alla trasformazione digitale di Intesa Sanpaolo. Il Cloud di Google è risultato il più idoneo a garantire l’estrema affidabilità richiesta ad una banca sistemica. Riteniamo che i servizi e le infrastrutture Cloud possano supportare l’evoluzione del sistema Industriale, Bancario e Pubblico italiano e le due Cloud Region di Google potranno sostenere la crescita digitale ed economica del nostro paese nei decenni a venire, al servizio delle aziende italiane che vorranno perseguire obiettivi di trasformazione come Intesa Sanpaolo.”


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