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007, perché (e come) Conte deve delegare. Scrive Pagani (Pd)

Di Alberto Pagani

La normativa dice che Conte può, non deve, istituire un’autorità delegata per l’intelligence. Sarebbe opportuno farlo, ponendola al riparo dalla lottizzazione dei partiti. Poi riformiamo la legge 124, in Parlamento. L’intervento di Alberto Pagani, deputato del Pd in Commissione Difesa

Nelle ultime settimane l’attenzione degli organi di stampa si è diretta, con anomala attenzione, sulla delega ai servizi di informazione per la sicurezza della Repubblica, che il presidente Conte non ha ancora attribuito.

Come avviene spesso, quando la polemica politica incrocia il circo mediatico, ne è emersa una rappresentazione abbastanza distorta della realtà, e forse un poco grottesca, che mio avviso non aiuta a comprendere gli aspetti importanti della questione.

Per metterla a fuoco può essere utile partire da tre considerazioni, la prima di ordine giuridico, la seconda di ordine operativo e la terza di ordine politico.

I Servizi sono un asset strategico del Paese, fondamentale nella competizione geopolitica globale. non lo scudo del presidente del Consiglio, né lo strumento di una parte politica. Non ha molto senso discutere della governance di un comparto così delicato della pubblica amministrazione a prescindere dalle sue funzioni e dai suoi compiti, che sono definiti dalla legge.

Questa attribuisce a quelli che sono comunemente chiamati servizi segreti (che sono le due agenzie di informazioni per la sicurezza) il compito di ricercare ed elaborare nei settori di competenza tutte le informazioni utili alla difesa dell’indipendenza, dell’integrità e della sicurezza della Repubblica e delle istituzioni democratiche poste dalla Costituzione a suo fondamento.

Ciò comporta la responsabilità di proteggere gli interessi politici, militari, economici, scientifici e industriali dell’Italia da ogni minaccia proveniente sia dall’interno che dall’estero, da ogni attività eversiva e da ogni forma di aggressione criminale o terroristica.

Inoltre il sistema ha il compito, anche in attuazione di accordi internazionali, di svolgere le attività in materia di controproliferazione concernenti i materiali strategici e contrastare le attività di spionaggio dirette contro l’Italia e le attività volte a danneggiare gli interessi nazionali.

Il sistema di informazioni per la sicurezza della Repubblica, è composto dal presidente del Consiglio dei Ministri, dal comitato interministeriale Cisr, dall’autorità delegata qualora sia nominata, dal dipartimento della presidenza Dis e dalle due agenzie Aise ed Aisi da esso coordinate, che sono i veri e propri servizi di informazione.

Questa non è un’opinione politica soggettiva, è quanto stabilisce la legge 124/07, che norma il comparto. Ovviamente tutte le leggi possono essere modificate, ma finché sono in vigore bisogna conoscerle e rispettarle.

La legge prevede dunque che il presidente del Consiglio possa delegare solo i compiti che non gli sono attribuiti in via esclusiva ad un sottosegretario o a un ministro senza portafoglio, che assume il nome di “autorità delegata”, non a caso.

A differenza degli altri ministri, che sono l’espressione articolata della maggioranza di Governo, la legge enfatizza il fatto che i suoi compiti sono delegati direttamente dal presidente del Consiglio. Tanto è vero che può nominarla senza che sentire il parere del Consiglio dei ministri, a differenza di quando accade per la nomina di un ministro. Le funzioni di direzione del sistema, cioè la definizione della linea politica, la nomina e la revoca degli incarichi di vertice e l’attribuzione delle risorse annue, spettano al presidente del Consiglio e non possono essere delegate.

Dunque non ha molto senso sia sostenere la tesi che Conte non voglia “mollare il controllo dei servizi”, perché non può farlo, né che la delega non venga assegnata perché il capo del Governo preferisce occuparsi personalmente della materia, per la stessa ragione, dato che la legge non prevede la possibilità che non se ne occupi direttamente.

L’autorità delegata è infatti una figura politica che assume i compiti che le vengono assegnati proprio dal presidente del Consiglio, che risponde a lui e che, a differenza di qualsiasi ministro, può essere da lui revocato in qualsiasi momento.

È chiaro quindi che si tratta di un incarico politico fiduciario, che non può essere rivendicato da un partito piuttosto che da un altro, come avviene per il ministero degli Interni o della Difesa, perché la legge concentra la direzione politica dell’intelligence in capo alla Presidenza del Consiglio.

Questo logicamente non significa che l’Autorità delegata debba essere una figura tecnica e politicamente neutra, essendo un incarico politico sarebbe anche impossibile, né che debba essere espresso necessariamente dal partito del Presidente del Consiglio, in particolar modo se questo partito non esiste. È opportuno, anche se non indispensabile, che sia espressione della maggioranza di governo, e sarebbe meglio che fosse anche un politico competente nella materia, come lo sono stati Marco Minniti o Gianni Letta (per altro stimati entrambi dalle rispettive opposizioni).

Questo introduce la seconda considerazione, quella di carattere operativo. Il fatto che la legge non consenta al presidente del Consiglio la possibilità di delegare i principali compiti di direzione politica che gli sono attribuiti dovrebbe far comprendere che la funzione politica dell’Autorità delegata si svolge sul confine dell’operatività, per garantire al comparto, ed in particolare modo alle due agenzie di intelligence ed a tutti gli operatori, una presenza costante e la copertura politica necessaria per lo svolgimento della loro attività istituzionali.

In tutti i Paesi, anche se i modelli organizzativi dell’intelligence sono abbastanza diversi tra di loro, vi è sempre una figura politica intermedia, che è l’interfaccia tra la massima autorità politica di governo e la struttura dirigenziale, tecnica ed operativa dell’intelligence nazionale, e questa serve per garantire la continuità della comunicazione e dell’attuazione della decisione politica.

Chiunque abbia una minima conoscenza di studi strategici, o abbia soltanto letto Sun Tzu o Clausewitz, comprende benissimo la necessità di garantire la continuità della guida politica dell’attività operatività, e chiunque abbia una minima conoscenza del funzionamento della politica, o semplicemente ragioni con il buon senso, comprende che nessuna carica di vertice Statale può avere l’attenzione, il tempo necessario ed anche la conoscenza dettagliata della complessità delle problematiche oggetto dell’attività di intelligence, per garantire in prima persona questa continuità.

Vi è infine una ragione politica che motiva la necessità di attribuire la delega: la funzione parlamentare di controllo, attribuita al Copasir, che “verifica in modo sistematico e continuativo, che l’attività del Sistema di informazione per la sicurezza si svolga nel rispetto della Costituzione, delle leggi, nell’esclusivo interesse e per la difesa della Repubblica e delle sue istituzioni”, ed è proprio per questa ragione composto in maniera paritaria e presieduto per legge da un esponente dell’opposizione.

Questo aspetto dell’ordinamento è particolarmente significativo e rilevante, perché evidenzia che il comparto non lavora per il presidente del Consiglio, che pure ha il compito di dirigerlo politicamente, ma per la Repubblica Italiana, e quindi per le Istituzioni.

Nell’interesse nazionale dunque, per sottrare questa materia alla quotidianità della lotta politica e della polemica, favorire il confronto e la collaborazione tra Parlamento e Governo e tra maggioranza ed opposizione, è utile interporre tra il capo del Governo e il Comitato di Controllo parlamentare una figura politica delegata (sempre che abbia le caratteristiche adeguate a questo compito).

In passato tutte le decisioni relative all’ordinamento specifico del comparto sono state assunte da larghe maggironze, in ottica bipartisan, seguendo il principio che si tratta di regolare un asset del Paese, non di esprimere la volontà di una maggioranza politica peotempore. Le eventuali innovazioni andrebbero introdotte seguendo lo stesso criterio.

La legge 124 del 2007 ha segnato un passaggio importante di modernizzazione del comparto, distinguendo meglio i compiti delle due agenzie e superando il modello precedente, che disarticolava la responsabilità politica tra la presidenza del Consiglio, il ministero della Difesa, a cui rispondeva il Sismi, e quello degli Interni, a cui rispondeva il Sisde, producendo disarmonia tra i due servizi. L’innovazione però non è stata sempre compresa e la legge non è stata sempre attuata correttamente. Inoltre si sono modificati dal 2007 ad oggi alcuni tratti essenziali dello scenario globale, delle minacce che interessano il nostro Paese, e delle esigenze che la prevenzioni dei rischi per la sicurezza nazionale impone.

Solo pochi anni fa era meno urgente di oggi il tema della cybersecurity, l’importanza dell’intelligence economica, e la necessità di dotarsi di strumenti simili a quelli di altri Paesi per la ricerca informativa, in particolar modo all’estero.

A queste esigenze non si risponde correttamente forzando o distorcendo l’impianto normativo che regola il comparto, né caricando di compiti operativi (e conseguentemente di personale) il dipartimento della presidenza del Consiglio che deve coordinare l’attività delle due agenzie per rincorrere le nuove sfide e contrastare le nuove minacce.

Oggi più che mai l’attività operativa delle agenzie di informazioni per la sicurezza è diventata strategica per l’interesse nazionale. Basta guardare come la Francia sostiene l’internazionalizzazione delle proprie imprese con un’intelligence che si è formata a l’Ecole de Guerre Economique, gli Stati Uniti basano la loro politica estera sul patrimonio informativo che deriva principalmente dall’attività sigint dell’Nsa e humint del National Clandestine Service, ed Israele ha costruito sull’innovazione nella protezione cyber non solamente una parte importante della sicurezza del Paese, ma anche della sua industria e della sua economia nazionale.

Ciò giustifica indubbiamente l’ipotesi di rivedere ed aggiornare la normativa, e se nel Parlamento ci saranno le condizioni per introdurre unitariamente questa innovazione sarà un bene per il Paese, tuttavia sarebbe già tanto conoscere ed applicare correttamente la normativa vigente per trarre dal sistema di informazioni per la sicurezza nazionale la massima utilità per il Paese.

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