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La pubblica amministrazione nella sfida del Recovery Fund

Di Simone Mazzucca

L’arrivo del Recovery fund e il Piano nazionale di ripresa e resilienza hanno portato ad una valutazione delle riforme necessarie per il nostro paese. La pubblica amministrazione è uno dei settori cruciali per attuare le riforme al fine di gestire al meglio i fondi europei. Il commento di Simone Mazzucca

Mano mano che si avvicina la presentazione del piano italiano per il Recovery fund, oltre alla discussione in merito alla gestione politica dei fondi, si sta animando il dibattito attorno alle riforme che il nostro Paese dovrà affrontare per la migliore gestione delle risorse che arriveranno dall’Europa. Risorse che per la prima volta deriveranno da un indebitamento comunitario, motivo per cui Bruxelles applicherà procedure inattaccabili in grado di prevalere sul quadro normativo nazionale.

Per farsi un’idea di questo dibattito è interessante leggere due interviste: la prima del commissario europeo Paolo Gentiloni e la seconda, molto più tecnica, è quella al nuovo presidente della Corte Costituzionale Giancarlo Coraggio.
Gentiloni dal suo osservatorio europeo, sostiene che l’Italia abbia bisogno di introdurre nel proprio ordinamento procedure straordinarie con leggi capaci di accelerare gli investimenti, creando vere e proprie corsie preferenziali per superare gli ostacoli della burocrazia.

Tutto ciò perché sotto la lente di Bruxelles non ci sarà solo la qualità del piano ma anche la capacità di attuazione dello stesso. La preoccupazione del commissario europeo all’Economia nasce da un timore fondato che si basa sulla difficoltà tutta italiana di assorbire le risorse ordinarie dell’Unione (l’Italia è penultima, nella Ue, per l’utilizzo dei fondi strutturali).
Domandarsi quindi se il nostro apparato sarà in grado di gestire un flusso di finanziamenti senza precedenti appare più che lecito e provare a immaginare strade nuove affinché questo problema venga risolto è una condizione non negoziabile: in gioco c’è il futuro del nostro paese.

Anche perché come spiega bene Gentiloni nella sua intervista rilasciata al direttore di Repubblica, Maurizio Molinari, l’attuale assetto europeo prevede che se non vengono raggiunti nei tempi stretti e previsti gli obiettivi scritti dal piano, le erogazioni semestrali successive saranno a rischio.
Servono leggi – dice Gentiloni – per sbloccare i colli di bottiglia sul piano normativo.

Dalle stesse pagine di Repubblica gli fa eco il neo presidente della Consulta, Giancarlo Coraggio, che pur rispettando i limiti che il suo nuovo ruolo istituzionale gli impone, sostiene che si debba cogliere l’occasione per approvare leggi che affrontino in termini generali la semplificazione delle procedure e il potenziamento e l’efficacia della pubblica amministrazione.

Appare di diverso avviso Sabino Cassese il quale sostiene che lo Stato è in possesso di tutti gli strumenti normativi per affrontare la sfida del recovery, il problema semmai è l’attuazione e quindi l’individuazione delle strutture statali deputate a seguire questa difficile sfida.
Interessante richiamare come in una pubblicazione di quest’anno dell’Irpa (Istituto di ricerche sulla pubblica amministrazione) dal titolo “Amministrazione pubblica e progresso civile”, proprio Cassese aveva scritto che “lo Stato e la sua amministrazione sono stati per un lungo tratto una forza trainante del progresso, l’hanno reso possibile provvedendo sia alla sua infrastrutturazione giuridica, sia alla sua promozione e regia”.

Comunque la si pensi vale la pena approfondire questo tema di discussione ed è quindi interessante dare uno sguardo a uno studio uscito alcune settimana fa. Si tratta del paper “La capacità amministrativa in Italia: sfide, opportunità e prospettive” della professoressa Laura Polverari pubblicato all’interno del Quaderno Svimez numero 63.
Anche la professoressa Polverani sostiene che di fronte a questa “congestione amministrativa senza precedenti” (la chiusura dei programmi 2014-2020, le risorse del bilancio Ue 2021-2027 e le poste finanziarie straordinarie stanziate per la pandemia Covid-19) la capacità delle amministrazioni di spendere nei tempi e con le modalità previste sarà cruciale.

Infatti l’autrice sostiene che “il tema della capacità amministrativa è oggi di primaria importanza. Da un lato, la crisi Covid-19 sta imponendo alle pubbliche amministrazioni di dirottare le proprie energie dall’ordinaria amministrazione alla gestione degli effetti della pandemia. Dall’altro, lo Stato italiano sta per essere inondato di risorse provenienti dal bilancio europeo; risorse che dovranno essere spese rapidamente e bene”.

Quel che è certo è che per affrontare una questione di così grande rilevanza c’è bisogno di un metodo “scientifico” che supporti il decisore politico nell’effettuare scelte che si dovranno basare necessariamente su una visione di lungo respiro, una visione di insieme capace di disegnare le soluzioni per individuare gli asset strategici dello sviluppo dell’Italia da qui ai prossimi 20 anni.

Del resto, che la pubblica amministrazione giocherà un ruolo fondamentale per l’uscita dalla crisi lo dimostra anche il fatto che tra gli obiettivi “Piano nazionale di ripresa e resilienza”, secondo le prime bozze circolate, vi sia la promozione di una svolta radicale nella pa per favorire l’innovazione e la trasformazione digitale del settore pubblico attraverso investimenti mirati e riforme strutturali.

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