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Sui vaccini tanto furore per niente (o forse per altro). Il corsivo di Landi

Di Fabrizio Landi
ricerca vaccino innovazione

I retroscena dietro all’acquisizione del numero di quote dei vari vaccini tra Unione europea, Germania e Regno Unito non sono semplici come sembrano e nascondono prospettive commerciali e interessi nazionali. Scrive Fabrizio Landi, presidente di Toscana Life Sciences

Nei giorni scorsi il dibattito politico si è infiammato su un paio di temi, in cui si criticava lo scarso atteggiamento proattivo del nostro governo rispetto alla Germania, che ha comprato 30 milioni di extra dosi di vaccino Pfizer (rispetto alle quote comunitarie) e la rapidità del governo inglese nell’approvare prima il vaccino Pfizer e poi quello AstraZeneca.

Entriamo però nel dettaglio: il vaccino Pfizer è opera di una azienda tedesca, la BioNTech, fortemente finanziata da risorse tedesche e comunitarie e che ha un accordo industriale con Pfizer che ne cura la produzione e la vendita nel mondo. Il vaccino tipo mRNA ha un grave difetto pratico, va gestito, come noto a -80° in fiale utili per 6 dosi, con una catena logistica complicatissima e forvia di errori. La scelta del creatore del vaccino BioNTech, Ugur Sahin (che da ieri Forbes annovera fra i 50 nuovi miliardari nati con la pandemia), è stata quella di uscire per primo, non risolvendo questi problemi logisticamente assai pesanti: con l’arrivo di altri vaccini e in particolare del vaccino di Moderna, biotech USA (anche il suo ceo Bancel è fra i 50 nuovi miliardari), anch’esso tipo mRNA e che richiede una normale catena del freddo cui il mondo farmaceutico è abituato (-4°), probabilmente il vaccino BioNTech/Pfizer andrà in disuso. Questo per ovvi motivi pratici di superiorità gestionale degli altri.

Con l’acquisto delle extra 30 milioni di dosi, la Germania assicura alla sua azienda tedesca una ulteriore prospettiva commerciale oltre ad assicurarsi più dosi prima degli altri: in questo modo la BioNTech avrà ulteriori risorse, per effetto delle royalties versate da Pfizer, per continuare a sviluppare magari una seconda generazione del vaccino senza le complicazioni del -80° e forse in formato monodose per evitare errori. Simile il background dell’approvazione anticipata delle autorità inglesi del vaccino AstraZeneca (quello su cui inizialmente puntava di più l’Italia) che l’autorità europea Ema, come anche la Fda Usa non hanno ancora approvato, perché non soddisfatte dai dati sinora ricevuti dagli studi clinici.

Anche qui lo sviluppo è stato fatto da un laboratorio nazionale, a Oxford cui il governo inglese tiene molto, tanto da spingerlo a forzare AstraZeneca a fare partnership con Oxford per un vaccino anti Covid-19 con tecnologia diversa da quelli sopra menzionati. Oxford/AstraZeneca non avendo capacità produttive specializzate per i vaccini hanno dato la responsabilità produttiva alla più grande azienda di produzione di vaccini in India (con effetti che forse vedremo fra mesi sulla disponibilità dei normali vaccini per l’infanzia che si producevano in India per tutti). Di fronte all’Ema che ha chiesto un supplemento di immagine, la Gran Bretagna della Brexit ha approvato questo vaccino, solo ovviamente per l’uso in Uk, per dimostrare i benefici di aver lasciato l’Europa e non far perdere troppo terreno al vaccino made in Uk nella corsa mondiale alle quote di mercato: attenzione però, e di questo noi europei continentali dobbiamo ringraziare il premier Johnson, la precoce approvazione di AstraZeneca, permetterà all’Ema di verificare da adesso in poi i limiti e i pregi del vaccino in questione e quindi a noi membri dell’Unione, di partire con maggior connessione di causa sull’uso di questo vaccino.

In sostanza forse l’atteggiamento di condividere con Bruxelles l’approvvigionamento dei vaccini e delle cure per Covid-19 è stata la scelta giusta, facilmente condivisibile se solo i nostri solerti commentatori politici avessero messo le cose nel loro giusto ordine.

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