Il premier avrà i numeri in Senato martedì? Renzi è convinto di no, e non si fa problemi a dichiararlo. Anche il Pd sta all’allerta (per sopravvivere): Zingaretti non è disposto a firmare cambiali in bianco per Conte. Per Crosetto, Conte anche senza i 161 senatori andrà avanti, convinto di trovarli nelle prossime settimane. Perché il voto non lo vuole nessuno a parte Meloni (e forse Conte…)
Ultime ore prima della due-giorni di fuoco per il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che domani sarà alla Camera e martedì al Senato per le “comunicazioni di carattere fiduciario” che seguono l’addio di Italia Viva. Il timore è che la ricerca dei responsabili si riveli un buco nell’acqua. Il leader dei “ribelli”, Matteo Renzi, ne sembra convinto e sfida così ciò che resta della maggioranza del governo Conte Bis (chissà se per tornare in pista). Intanto, dalla direzione Pd il segretario dem Nicola Zingaretti non sembra disposto a firmare cambiali in bianco al premier.
IL PD-PENSIERO SECONDO TRAVAGLIO
“Se martedì il premier salva il governo, poi non lo ferma più nessuno”. È questo il Pd-pensiero secondo Marco Travaglio. Il direttore del Fatto Quotidiano oggi ha firmato un editoriale leggendo le interviste di Andrea Orlando, Andrea Marcucci e altri “vedovi inconsolabili del rignanese”, cioè di Renzi. “Meglio umiliarlo in Senato”, scrive Travaglio continuando nell’analisi degli umori dem e riferendosi al presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Come? “Dissuadendo i ‘responsabili’ che fino all’altroieri arrivavano a frotte, convinti di essere indispensabili (e subito) del ‘mai più con Renzi’ di Zinga”. Travaglio fa (ancora una volta) quadrato attorno al premier: “per non fare un governo coi responsabili, se ne farebbe un altro con gli irresponsabili. Ovviamente senza Conte, che ha detto e ripetuto ‘mai più con Iv’ e, diversamente dagli altri, è uomo di parola”. Infine l’affondo al Pd: se dalla direzione “non uscirà un no chiaro e definito al richiamo della foresta renziano, tanto vale che domani si presenti dimissionario alle Camere”.
LA DIREZIONE DEM
E allora, cos’ha detto Zingaretti in direzione? “Il Pd è stata la forza che di più ha lavorato per superare i problemi politici, gli steccati di questa maggioranza, per costruire alleanze nuove e competitive, ne siamo orgogliosi, abbiamo ricominciato a vincere in Comuni incredibili anche nel profondo Nord. Chi rompe e chi isola invece fa vincere la destra”. E ancora: la crisi “ha indebolito la credibilità dell’Italia, ha allontanato politica dai cittadini. Il Pd è impegnato a fare di tutto per difendere gli interessi dell’Italia che in questa situazione sono più vulnerabili”. “Questo governo”, ha spiegato ancora Zingaretti, “è un governo parlamentare, non figlio di un diretto mandato elettorale ed è il parlamento che deve sancire o meno la fiducia”. Significative anche le parole dal braccio dentro di Zingaretti, Goffredo Bettini, secondo cui a impedire un qualsiasi riavvicinamento è “l’inaffidabilità di Renzi”.
RENZI SERRA I RANGHI MA…
Se Zingaretti non firma cambiali in bianco a Conte, Renzi sostiene che non è una questione personale tra lui e il premier. “Il tentativo di buttare la crisi di governo su di me, sui miei rapporti con il Pd, con Conte, sta diventando, francamente, imbarazzante”, ha ribattuto Renzi, a Mezz’ora in più su Rai3. Il tutto mentre la deputata Michela Rostan rompeva le righe di Italia Viva, annunciando di votare la fiducia (il collega Vito De Filippo invece è tornato nel Pd, ma alla Camera i renziani non spostano gli equilibri).
Non a caso Renzi si è soffermato sul passaggio parlamentare: “Conte viene in aula e il suo portavoce ha detto ‘asfaltiamo Renzi’, ma io non credo che avranno la maggioranza in Senato. Il presidente del Consiglio ha risposto di no alle richieste di mettersi sulle cose da fare”.
IL PUNTO DI CROSETTO
Cosa succederà quindi? Conte salirà al Quirinale se non dovesse convincere la metà assoluta dei senatori? L’ex senatore di Fratelli d’Italia, Guido Crosetto, non ci crede, e twitta: “La linea che sta prevalendo è: avanti così. Al Senato, martedì, basta essere più degli altri. Poi nelle settimane a seguire i 161 arriveranno. Con calma. Tanto nessuno (tranne Meloni e forse Conte), voleva veramente votare.”