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Il 2021? L’anno della scienza. Parola di Pasquale Frega (Novartis)

Di Pasquale Frega

Groucho Marx era solito ripetere “Mi interessa il futuro, è lì che passerò la maggior parte del mio tempo”. Mentre ci lasciamo alle spalle un anno orribile, nel quale la pandemia ha sconvolto le nostre vite e rimescolato le carte degli equilibri nazionali e mondiali, dobbiamo trovare la lucidità e l’entusiasmo giusto per costruire il futuro. Il commento di Pasquale Frega, country president Novartis Italia e amministratore delegato Novartis Farma

È importante innanzitutto chiarire che il Covid-19 è il più importante agente di cambiamento politico, sociale ed economico oltre che la sfida più significativa per i nostri sistemi sanitari e di welfare. Bisogna innanzitutto prendere coscienza di questa dimensione sistemica, per passare da una fase di gestione dell’emergenza ad una nella quale metteremo in campo le ricette più efficaci per mettere in sicurezza le nostre democrazie. Lo testimoniano le recenti immagini dell’irruzione al Congresso americano da parte di suprematisti estremisti il cui collante è stato anche il rifiuto delle restrizioni necessarie a contenere il contagio nonché una dose massiccia di anti-scienza.

Nel 2020, il rapporto tra politica e scienza ha oscillato troppo spesso tra fiducia e propaganda. In questo secondo caso, l’esito è sempre stato disastroso.
Ecco perché è vero che oggi dobbiamo vincere la battaglia contro il virus grazie alla scienza ma è ancora più vero che dobbiamo vincere la guerra contro l’oscurantismo che ci aspetta domani. Ecco allora un programma delle cose principali da fare.

Il primo e più importante aspetto rimanda ad un nuovo linguaggio da adottare. In questi mesi non si fa che parlare del “miracolo della scienza” in relazione ai vaccini. Un miracolo lo è per certo. Ma chi è il fautore? La ricerca, gli scienziati, la comunità internazionale. Non c’è dubbio alcuno che lo sforzo sia stato collettivo ma la verità è che si è compiuto nei laboratori delle aziende farmaceutiche che fanno parte a pieno titolo dell’ecosistema della scienza e questo sarebbe opportuno non dimenticarlo. Certo, con il sostegno finanziario dei governi. Certo con il contributo essenziale della ricerca pubblica. Ma, senza che questo si trasformi in una gara tra pubblico e privato, bisogna riconoscere il ruolo dell’industria farmaceutica in questa emergenza e in quelle future. La forma spesso è sostanza e il linguaggio è importante. L’onere è da entrambe le parti: le aziende devono rivendicare con coraggio il proprio ruolo di industria della scienza. La politica deve abbandonare la ritrosia nel presentarsi al fianco di chi genera valore condiviso: innovazione, ricerca e cure efficaci a beneficio dei pazienti e dell’intero sistema.

E qui arriviamo al secondo punto in agenda per il prossimo futuro: restituire centralità alla scienza e alla competenza. Abbiamo permesso la sistematica demolizione del sapere, traducendo l’anti-scienza in politica. In piena prima ondata Novartis ha inteso dare un segnale forte dando vita, insieme al ministero per i Beni e le attività culturali e per il turismo e al ministero dell’Università e della ricerca, ad un tavolo per progetti di valorizzazione della cultura scientifica in Italia, rivolto soprattutto alle giovani generazioni.

Il terzo punto riguarda il futuro degli spazi che abiteremo, dalle città alle nostre case. Il nesso tra ambiente e salute diventerà cruciale. Le nostre città dovranno essere a misura di benessere dopo il Covid-19. Un esempio è il nesso tra qualità dell’aria e incidenza delle patologie, soprattutto respiratorie e cardiovascolari. Insieme a Enel e i sindaci italiani, abbiamo approfondito le traiettorie urbane di domani, puntando sulle nuove tecnologie, legate alla mobilità sostenibile, per prevenire malattie croniche. Pubblico e privato, affiancati da esperti e visionari (tra cui architetti e urbanisti) devono sempre di più collaborare in questa chiave.

Il quarto punto nell’agenda di domani riguarda la capacità del nostro sistema di attrarre investimenti materiali e immateriali. La pandemia ha dimostrato che si può abbattere la burocrazia e migliorare l’efficienza del sistema senza sacrificare rigore e trasparenza. I vaccini evidenziano che è non solo possibile ma anche auspicabile, perché l’innovazione porta con sé nuovi investimenti e la ricerca deve diventare utile ed applicata nei tempi più rapidi possibili.

Ciò rimanda alla necessità di promuovere un Progetto paese che abbia al centro: ricerca e innovazione. La farmaceutica deve assurgere al rango di politica industriale. Tutti i paesi che hanno dato questa dignità alle scienze della vita guidano le classifiche mondiali di competitività e sviluppo. Il tempo è maturo per costituire a palazzo Chigi una cabina di regia sulla farmaceutica. Una delega affidata al sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, una programmazione pluriennale, un fertile incontro tra ricerca (pubblica e privata) e accademia. Con l’avvio del Cipes, ovvero del Cipe integrato con una visione di sostenibilità, abbiamo il luogo ideale per una tale “promozione”. Serve solo uno scatto di consapevolezza, per un settore che è l’unico ad aver dimostrato di essere anti-ciclico negli ultimi anni.

Il futuro è già iniziato. Dobbiamo costruirlo assieme per non essere colti di sorpresa dai cambiamenti inevitabili che seguiranno la fase acuta dell’emergenza. Serve un’agenda chiara, poche ma essenziali priorità da perseguire e realizzare, anche attraverso le opportunità che ci vengono offerte dal Next Generation Eu. Ma soprattutto attraverso una nuova “iniezione” di fiducia nel rapporto tra politica, scienza, cittadini e industria. La fiducia è la base della convivenza civile e dell’efficienza dei sistemi democratici. È in gioco molto di più della nostra salute.

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