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Smart working e capitale umano. Le nuove frontiere del lavoro post-Covid

Le parole chiave del rapporto dell’Osservatorio Mercer sul mercato del lavoro sono sostenibilità e leadership della cura, ma anche sicurezza e sviluppo organizzativo per concludere con empatia e nuove competenze. La pandemia di Covid ha portato ad un ripensamento generale sulla vita lavorativa e non, da un punto di vista digitale e di innovazione tecnologica

Empatia, cura, flessibilità e attenzione al capitale umano: questi gli strumenti principali nelle mani delle imprese per garantire una vera ripartenza dell’Italia. Se la pandemia ha avuto effetti devastanti sul mercato del lavoro, ha anche permesso di ripensare all’importanza e al potenziamento delle competenze che sono in continua evoluzione. E proprio alle prospettive del mercato del lavoro nel 2021 è dedicato il secondo webinar sul capitale umano organizzato oggi dall’Osservatorio sul mercato del lavoro di Mercer, a cui hanno partecipato oltre all’amministratore delegato dell’azienda Marco Valerio Morelli, anche Simonetta Iarlori (Leonardo), Marco Bentivogli (BaseItalia), Stefano Cuzzilla (Federmanager) e Elsa Fornero (Università di Torino). Mercer elabora ogni anno una ricerca globale sui talent trends, e quella di quest’anno è incentrata sulla trasformazione del mercato del lavoro in Italia e in Europa dal 2021 in avanti.

RIVOLUZIONE SMART WORKING E COMPETENZE STEM

Prima del Covid la maggior parte delle aziende italiane non aveva gli strumenti per mettere in pratica lo smart working. La situazione pandemica ha portato a un necessario e rapido adattamento a questa forma di lavoro agile che rappresenta oggi una risorsa. Leonardo, la quarta azienda al mondo nel settore aerospazio e difesa per investimenti in ricerca e sviluppo, è passato da un totale di 2.300 dipendenti, circa, in smart working a 19.000 nel mese di febbraio 2020.

Simonetta Iarlori, chief people, organisation and transformation officer di Leonardo ha spiegato come il Covid abbia rappresentato l’accelerazione di un processo già in corso, ricordando che i lavoratori non sono solo risorse ma competenze. La digitalizzazione, infatti, apre la strada all’esigenza delle nuove generazioni di vedersi riconosciuta una competenza spendibile in diverse aziende, più che una risorsa facente capo ad un’unica impresa. Da questo punto di vista, ha ricordato Iarlori, è necessario pensare a nuove forme di contratto di lavoro che possano essere coerenti con i grandi cambiamenti in corso.

“Leonardo ha il compito, insieme ad altri attori e con l’auspicabile coinvolgimento delle istituzioni, di aprire la strada allo sviluppo di un modello organizzativo futuro”. L’azienda, che sta chiudendo il suo piano strategico, si focalizza su tre precisi obiettivi di sviluppo e sostenibilità: l’inclusività della formazione, un approccio sostenibile alle disuguaglianze di genere e una promozione dell’innovazione attraverso il coinvolgimento dei lavoratori in ricerca e sviluppo all’interno delle aziende. L’attenzione è rivolta principalmente alla necessità di far crescere la percentuale delle competenze stem (le discipline scientifico-tecnologiche quali scienza, tecnologia, ingegneria e matematica).

LAVORO, FORMAZIONE E DIGITALIZZAZIONE

Se la tecnologia è a portata di mano e creerà, stando al report del Word Economic Forum, 97 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2025, il 40% dei lavoratori dovrà seguire un percorso di formazione per poter ricoprire nuovi ruoli e rispondere alle ultime offerte lavorative sul mercato. Tuttavia è necessario comprendere questo processo e le sue implicazioni sulla trasformazione del modello di aziende al fine di sviluppare modelli innovativi, ha sottolineato Iarlori.

Leonardo sta adottando numerosi progetti per generare innovazione e assumere giovani ricercatori. La tecnologia, ha ricordato ancora Iarlori, tende ad aiutare le persone, ma non a sostituirle. Da qui la necessità di far venir meno il controllo nelle aziende allo scopo di responsabilizzare i dipendenti e di valutarli sulla base delle attività che svolgono.

È l’assenza di tecnologia, in realtà, che crea disoccupazione. Lo ha affermato Marco Bentivogli, coordinatore BaseItalia: se guardiamo all’indicatore della densità robotica (che rappresenta il numero di robot di nuova generazione installati per abitanti in un determinato Paese), le quattro nazioni con la densità robotica maggiore (Singapore, Corea del Sud, Giappone e Germania) sono i Paesi a più bassa disoccupazione nel mondo. Detto ciò, è chiaro che il digitale non ha un impatto neutrale rispetto al mondo come lo conosciamo oggi.

Per centrare pienamente gli obiettivi di produttività di un’impresa, occorre una maggiore attenzione alla persona come componente della comunità aziendale – ha ricordato Bentivogli – quindi, la formazione considerata come “life long learning” fa parte delle attenzioni necessarie verso i dipendenti. “Il significato che ogni persona assegna al proprio lavoro è il cuore della conquista dei risultati aziendali, ciò che rappresenta il vero significato del lavoro”. A livello contrattualistico, non si tratta più quindi di uno scambio tra lavoro e salario ma della costruzione di una reciprocità più forte e responsabilizzante, tra un progetto di lavoro e il benessere della persona.

UNA DIVERSA CULTURA DI IMPRESA

Le aziende italiane sono le migliori al mondo – ha affermato Stefano Cuzzilla, presidente di Federmanager – ma è necessario sostenerle dando loro la forza, l’autonomia e la tranquillità che si rispecchiano poi su tutto il corpo lavorativo.

La trasformazione in atto è importante e richiede un cambiamento radicale della prospettiva futura dell’azienda. Innanzitutto, ripensare le attività in un’ottica di sostenibilità vera e non di facciata, al fine di garantire una sicurezza a tutti i lavoratori, perché laddove c’è un concetto di leadership corretto si esce meglio da qualsiasi crisi.

Federmanager, ha spiegato Cuzzilla, sta lavorando con le aziende per ripensare la figura del manager per non basare il successo sul profitto ma piuttosto su una trasformazione positiva dell’azienda perché possa garantire al manager una comunicazione integrata e un lavoro di squadra. Il manager del futuro deve riuscire a capire le esigenze della sua azienda ma ancor più del suo corpo lavorativo per poter far fronte alle sfide.

“Non si tratta più di un fatto isolato: per la situazione climatica, politica, pandemica, ci troviamo sempre di fronte ad un’emergenza. Allora dobbiamo formare manager che sappiano lavorare sull’emergenza attraverso la gestione di una leadership diversa e più empatica”. Nei prossimi anni cambieranno una serie di dinamiche: dallo spazio lavorativo alle figure che avranno una competenza più ampia nel futuro delle aziende. Le garanzie da dare al lavoratore rientrano oggi anche in ambito sanitario e di previdenza integrativa e in un’attenzione al bene comune dell’azienda.

LO SCENARIO MACROECONOMICO

Le prospettive di questo anno e dei prossimi sul mercato del lavoro non sono esaltanti, ha fatto presente Elsa Fornero, professoressa di Economia all’Università degli studi di Torino. L’unica certezza che ci riserva il futuro è la necessità di affrontare la complessità che si accompagna oggi ad un grande livello di incertezza. La professoressa si è interrogata su come vorremmo vedere il mondo del lavoro italiano tra dieci anni e ha scelto quattro aggettivi.

Il mercato del lavoro dovrebbe essere inclusivo: non escludere sistematicamente segmenti di popolazione e considerare tutte le persone in età lavorativa. Il mondo del lavoro, per funzionare, dovrebbe essere anche dinamico e quindi seguire il cambiamento rapido odierno e saperlo gestire anche per il futuro. Lo scenario lavorativo necessiterebbe di equità, con un annullamento dei divari retributivi e di reddito in generale e infine, la parola chiave del benessere: guardare al lavoro nell’ottica del ciclo di vita, considerando la componente di welfare nel lavoro che può essere sì aziendale e quindi rappresentare un costo, ma può essere anche un’opportunità da non perdere per le imprese.

L’Italia, ha sottolineato Fornero, deve recuperare lo svantaggio in cui si trova dato dalla scarsa, nulla o addirittura negativa crescita del Paese, senza la quale non saremo in grado di fare del mercato del lavoro un mercato inclusivo. E dall’altro lato occorre saper affrontare la complessità, dovuta in larga misura al fatto che la nostra sta diventando sempre più un’economia digitale. Senza dimenticare l’importanza della scuola e dell’istruzione. Come affermava Nelson Mandela, ha ricordato la professoressa, “l’istruzione è l’arma più potente che abbiamo per cambiare il mondo”.


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