Non solo Renzi a Riad. Anche Biden ha i suoi problemi: Linda Thomas-Greenfield, scelta come ambasciatrice all’Onu, si è dovuta scusare per un discorso (pagato 1.500 dollari) a un Istituto Confucio chiuso pochi mesi dopo per infiltrazioni del Partito comunista cinese
Matteo Renzi non è il solo politico occidentale finito in queste ore “sulla griglia” per i suoi discorsi all’estero. Ieri il quotidiano Domani ha rivelato che l’ex presidente del Consiglio, oggi leader di Italia Viva, è stato colto di sorpresa dalle dimissioni di Giuseppe Conte e costretto a prendere un aereo per tornare a Roma da Riad, dove si era recato per una conferenza in quanto membro del comitato consultivo dello FII Institute, un organismo controllato dalla famiglia reale: per sedere nel board viene pagato fino a 80.000 dollari l’anno, ha rivelato Emiliano Fittipaldi.
Ma, dicevamo, è in buona compagnia. Il Washington Post ha rivelato che Linda Thomas-Greenfield, scelta dal presidente statunitense Joe Biden come ambasciatore alle Nazioni Unite, il 25 ottobre 2019 ha partecipato a un dibattito sulle relazioni tra Cina, Stati Uniti e Africa all’Istituto Confucio della Savannah State University. Il suo discorso, pagato 1.500 dollari dall’università e di cui ormai non si trova più traccia online, è stato tra i temei al centro dell’audizione di conferma di ieri al Senato. Due i punti su cui i senatori, a partire dal democratico Bob Menendez, hanno insistito. La prima: quell’Istituto Confucio, finanziato completamente dal governo cinese, è stato chiuso l’anno scorso per i timori di infiltrazioni del Paritto comunista cinese. La seconda sono le Paole pronunciate in quell’occasione: critiche all’approccio duro dell’amministrazione Trump; “win-win-win situation” per Africa, Stati Uniti e Cina; una sorta di giustificazione alla debt-trap diplomacy cinese (“in molti casi gli Stati Uniti e l’Occidente non offrono alternative praticabili”); lodi alla Via della seta.
Andrew Bates, portavoce del Biden transition team, ha spiegato al Washington Post che la diplomatica, già Assistant Secretary of State for African Affairs durante l’amministrazione Obama, ha partecipato all’evento visto il suo rapporto con l’università, il più antico ateneo “storicamente afroamericane” (Hbcu) in Georgia. “All’epoca non si rendeva conto dell’importanza di parlare all’Istituto Confucio sostenuto dal Partito comunista cinese”, scrive il giornale anticipando quanto dichiarato da Thomas-Greenfield in un’audizione in cui ha definito “un errore” la sua partecipazione e ha sottolineato le sue preoccupazioni per l’ascesa cinese anche, ma non soltanto, alle Nazioni Unite. “Ha lasciato l’evento disgustata da ciò che ha appreso su come il governo cinese stesse depredando la comunità nera”, ha continuato Bates. “Si rammarica di aver accettato l’invito e appoggia il lavoro del Congresso per chiudere gli Istituti Confucio”, ha aggiunto il portavoce riporta il Washington Post, che poi sottolineato anche come negli ultimi mesi la diplomatica sia stata molto due sulla Cina. A partire da un saggio scritto su Foreign Affairs con William J. Burns, scelto da Biden come direttore della Cia, in cui si invitano gli Stati Uniti a “organizzarsi saggiamente per la competizione geopolitica con la Cina”. Un’impostazione che sembra essere al centro dell’agenda del neopresidente.
“Nel complesso, Thomas-Greenfield ha un’ampia esperienza diplomatica e dovrebbe essere confermata”, conclude il giornalista esperto di sicurezza nazionale Josh Rogin, che sottolinea anche come il suo vice proposto, Jeffrey Prescott, sia un esperto di Cina “molto rispettato”. “Il loro compito, se confermati, non sarà quello di gestire accordi ‘win-win-win’ con Pechino, ma lavorare con gli alleati per difendere e promuovere i valori e le norme occidentali contro i tentativi della Cina di eroderli”. Di buono c’è che la diplomatica ha riconosciuto l’errore.