La prima chiamata della nuova amministrazione Usa di Joe Biden è fra il segretario di Stato Anthony Blinken e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, un fatto inedito. Terrorismo, G20, Russia e caso Navalny al centro, ma anche la Cina. Così il ministro capitalizza gli ottimi rapporti tessuti con Washington DC alla Farnesina
Washington DC chiama Roma. È una telefonata fra il Segretario di Stato americano Anthony Blinken e il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio a segnare il primo contatto ufficiale fra Stati Uniti e Italia da quando Joe Biden ha giurato come presidente.
Tanti i temi sul tavolo, riferisce una nota della Farnesina. Oltre ai rapporti bilaterali, “la cooperazione in ambito Nato, il contrasto al terrorismo, il caso Navalny e i rapporti con la Russia”. Di Maio, prosegue il comunicato, “ha ribadito al proprio interlocutore la profonda amicizia tra Italia e Usa e, anche alla luce dell’attuale Presidenza italiana del G-20, la volontà di cooperare per dare nuovo impulso ad un multilateralismo efficace che sappia fornire risposte adeguate alle grandi sfide globali, a partire dalla lotta alla pandemia”.
È la quinta telefonata di Blinken dal giorno dell’inaugurazione, e arriva a stretto giro dopo i contatti con i colleghi di Regno Unito, Francia, Germania e il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg.
Si tratta di un fatto inedito, perché solitamente è Palazzo Chigi a ricevere la chiamata inaugurale di una nuova amministrazione americana. Certo, Giuseppe Conte è un presidente dimissionario. E tuttavia la scelta non sembra casuale e certifica un ruolo centrale della Farnesina nei rapporti con l’alleato americano che trascende il cambio della guardia alla Casa Bianca e le maree della politica italiana.
Un ruolo che, dall’altra parte, gli apparati a Washington DC riconoscono all’altro pilastro della politica estera italiana, la Difesa. Non ci sarebbe infatti da sorprendersi se, nei prossimi giorni, il ministro Lorenzo Guerini ricevesse una chiamata dal segretario alla Difesa Lloyd Austin. Chi ha consuetudine con il Pentagono racconta che il nuovo capo della Difesa Usa sia rimasto positivamente impressionato dalla recente visita di Guerini in Afghanistan.
Dalla chiamata di Blinken traspare insomma un riconoscimento alla struttura ma anche e soprattutto a chi l’ha guidata nell’ultimo anno e mezzo. Di Maio capitalizza un lavoro certosino fatto alla Farnesina (tanto a Roma quanto nel distaccamento di Washington DC) durante il governo Conte-bis nella tessitura dei rapporti con l’alleato americano e la diplomazia Usa a Roma, aiutato in questo dai diplomatici ai vertici del ministero.
Giova, mentre si apre una nuova fase alla Casa Bianca, la scelta di porre fine a certe ambiguità in politica estera che avevano segnato il corso del primo governo Conte, dai rapporti con la Cina alla linea “soft” con la Russia di Vladimir Putin.
È questo uno dei dossier al centro della telefonata, con un riferimento esplicito all’arresto di Alexei Navalny che, hanno chiarito in tutti i modi dagli Usa, è in cima all’agenda diplomatica del nuovo governo americano.
Quando l’oppositore di Putin era stato avvelenato dagli 007 russi in agosto, in ambienti diplomatici italiani si era parlato di una risposta troppo debole della presidenza del Consiglio, concentrata in uno scarno colloquio telefonico fra Conte e lo “zar”. Di altro tenore era stata la risposta della Farnesina, con un durissimo comunicato di condanna che non è passato inosservato oltreoceano. Solo due giorni fa, alla vigilia del Consiglio Affari Esteri a Bruxelles, Di Maio tornava sulla vicenda Navalny dicendosi pronto a “sostenere le sanzioni Ue” contro Mosca.
Biden d’altronde ha fatto già capire che la sua amministrazione non accetterà ambiguità sui diritti umani da parte degli alleati, con buona pace del “principio di non ingerenza” ancora oggi richiamato da una parte della politica italiana. Una parola netta sul caso Navalny, cui poi ovviamente dovranno seguire i fatti, è dunque un segnale che sarà recepito.
In definitiva, la telefonata di Blinken è molto più di una formalità. Da una parte certifica la solidità dei rapporti fra Roma e Washington DC, allo scoccare delle celebrazioni per i 160 anni di relazioni diplomatiche, come richiamato questa settimana dall’ambasciatore italiano negli Usa Armando Varricchio, ormai pontiere dell’Italia con gli Stati Uniti per ben tre amministrazioni.
Dall’altra dà un indizio dell’approccio del nuovo Dipartimento di Stato e di chi lo guida. Blinken è un diplomatico di lunghissimo corso con una profonda conoscenza dell’Europa (parla, fra l’altro, un ottimo francese). La priorità data a Uk, Francia, Germania e Italia segnala una rinnovata attenzione alle geometrie interne al Vecchio Continente assai meno presente nella precedente amministrazione.
Di qui una consapevolezza: l’approccio di Washington sarà più razionale e meno da pacche sulle spalle. E lo spazio politico sarà tutto da conquistare, senza dare nulla per scontato. I temi che l’Europa dovrà affrontare vis a vis con gli Usa spaziano dalle nuove tecnologie alle politiche climatiche, e intersecano le relazioni con potenze commerciali come Russia e soprattutto la Cina. Questa è esplicitamente richiamata nel comunicato del Dipartimento di Stato, a dimostrazione che i legami italiani con Pechino saranno scrupolosamente attenzionati dal governo Usa.
In un tweet, il segretario Blinken annuncia di voler “approfondire” i rapporti con l’Italia. Il messaggio è chiaro: bisogna lavorare, tanto. E non è detto che la strada non sia in salita.
Per dirla con Jürgen Hardt, parlamentare della Cdu intervenuto giovedì all’iniziativa di Formiche e della Fondazione Konrad Adenauer “Strategic Dialogues”, “Bisogna costruire ora, senza perdere tempo, una strategia di coesione europea per le relazioni transatlantiche”. La telefonata di Blinken a Di Maio segna un (ottimo) punto di partenza.