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La ricetta di Hardt (Cdu) e Quartapelle (Pd) per il dialogo transatlantico

Nel primo appuntamento di Strategic Dialogues, un progetto di Formiche e della Fondazione Konrad Adenauer, Jürgen Hardt (Cdu/Csu) e Lia Quartapelle (Pd) discutono su come l’Europa debba muoversi nell’era Biden – dalla Cina e la Russia al Medio Oriente, dalla competizione leale al clima

L’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca è stato salutato con giubilo dalle cancellerie europee. Di “svolta” nei rapporti fra Ue e Usa si è sentito parlare a Roma e Berlino, a Londra e Parigi. Ma la politica estera non si fa solo a parole e serviranno i fatti per sondare il vero stato di salute fra alleati. I dossier in cima all’agenda comune sono tanti, dal clima alle tecnologie emergenti fino al contenimento di due “rivali sistemici” e concorrenti, Cina e Russia.

Da dove ripartire? È la domanda cui ha cercato di rispondere il primo appuntamento degli “Strategic Dialogues“, un ciclo di incontri targato Formiche e Fondazione Konrad Adenauer (Kas) per guardare ai rapporti fra Italia e Germania con la lente transatlantica. Introdotti dal direttore della Kas Italia Nino Galetti, la deputata e capogruppo del Pd in Commissione Esteri Lia Quartapelle e il deputato e portavoce per la politica estera del gruppo Cdu/Csu al Bundestag Jürgen Hardt hanno individiduato una lista di priorità per iniziare a lavorare insieme alla nuova Casa Bianca.

Come cambia la musica?

Una premessa. Con Biden sarà più facile parlare, ha spiegato Quartapelle, complici la sua profonda conoscenza dell’Europa e l’esperienza in materia del Segretario di Stato Anthony Blinken, anche se “l’Europa non si potrà aspettare che il neopresidente gli tolga tutte le castagne dal fuoco”. I problemi sul tavolo “non saranno spazzati via da un momento all’altro, a partire dal fronte commerciale”. Qui, ha ricordato Hardt, le controversie non mancano. “Penso alla vicenda Airbus-Boeing o alla regolamentazione di Big Tech. Né è un caso che fra le primissime azioni dell’amministrazione Biden si annoveri un provvedimento dal nome poco equivoco e decisamente protezionistico , “Buy American”.

La discontinuità però c’è e già si vede, nel metodo e nel merito. “Trump non ha creduto nel multilateralismo, né ha mostrato interesse a collaborare con noi in Europa,” ha detto Hardt. “Trump ha messo a dura prova la stabilità e la fluidità dei rapporti transatlantici. Parlare con la sua amministrazione è stato difficile, a volte abbiamo ricevuto risposte, come sulla questione delle spese militari”, ha aggiunto la deputata dem.

E però, ha ricordato Hardt, “va detto che dalla parte europea c’è stata riottosità nell’onorare alcuni patti con l’America. Penso ad esempio all’obiettivo del 2% di spesa militare di ciascun Paese Nato concordato durante l’amministrazione Obama. Dunque, per avvicinare le distanze, occorre che anche l’Europa riconosca i suoi oneri nel campo della sicurezza”. Per dirla con Quartapelle, negli ultimi quattro anni “i Paesi europei sono spesso andati in ordine sparso”.

La relazione con la Cina

I dossier sul tavolo non sono solo moltissimi, ma interconnessi con la postura internazionale di due potenze globali del calibro di Washington e Bruxelles. È sentire comune tra gli addetti ai lavori che, per quanto Biden sia certamente un attore in grado di dialogare proficuamente, la sua America non diventerà più docile su certi fronti, anzi. Cina in primis. Motivo per cui, secondo l’italiana, la firma di un accordo commerciale tra l’Europa e il Dragone a pochissimi giorni dall’insediamento del presidente americano sia stata “un gesto un po’ affrettato” nell’ottica di volersi coordinare con l’Aquila.

Il riorientamento dell’America nei confronti della Cina va avanti da prima di Trump, e la questione (che è geopolitica, militare e commerciale) è stata posta al vertice dell’agenda di Biden. Per gli Stati Uniti, la Cina è un rivale sistemico da combattere. Resta da vedere se l’Europa, molto più legata economicamente alla Cina rispetto all’America (e quindi, come evidenzia Hardt, più suscettibile a ripercussioni cinesi) vorrà allinearsi con Washington.

Per Quartapelle si tratta di una scelta di campo “naturale”. Ha ricordato il primissimo decreto emanato dall’ormai defunto governo giallorosso, l’estensione del golden power al 5G, fatto per proteggere le reti italiane da un attacco informatico straniero. Non è un caso che gli Stati Uniti avessero già accusato le aziende tech cinesi, come Huawei, di spionaggio. Ma il fronte che unisce idealmente USA ed Europa è più ampio, come riconoscono entrambi i dialoganti, e ha a che fare con i valori democratici occidentali. Lo scontro idealista tra Oriente e Occidente che si traduce nell’incontro-scontro tra due modi diversi di concepire il mercato.

I confini labili tra compagnie cinesi e il loro Stato, la volontà politica del Partito comunista cinese che diventa investimenti, lo sfruttamento dei lavoratori cinesi, il dumping, la concorrenza sleale e la conseguente pressione commerciale che questo modello esercita sul mercato occidentale. Tutti questi elementi, nota Hardt, fanno pendere il piatto della bilancia nettamente a sfavore degli occidentali.

Il politico ha auspicato una modifica alle regole del WTO per cesellare un set di norme internazionali a cui la Cina dovrebbe poi sottostare per commerciare equamente col resto del mondo. Secondo lui, il negoziato europeo-cinese appena concluso va in questa direzione, proteggendo  perlomeno gli investimenti europei in Cina. Attenzione, però: secondo Quartapelle, sarebbe “velleitario” pensare di modificare il sistema cinese contando solo su accordi commerciali; “abbiamo sempre pensato che il capitalismo avrebbe portato alla democrazia, oggi vediamo che la sua forma cinese funziona meglio sul mercato e non ha contraccolpi dal punto di vista democratico. Non dobbiamo pensare che lo sviluppo economico risolva le contraddizioni”.

Russia e Medio Oriente

Volgendo lo sguardo verso Mosca, si avvertono altri cambiamenti. La Casa Bianca di Biden, scommette Quartapelle, si toglierà i guanti trumpiani nella trattativa con il Cremlino. “Trovo che il regime di Putin sia in profonda involuzione antidemocratica e retriva, specie guardando alle vicende della Bielorussia e di Navalny,” ha commentato la deputata PD; basta discorsi, servono sanzioni e contromisure, assieme a un esame di coscienza e una presa di posizione unitaria a livello europeo.

“Noi abbiamo rispedito gli ambasciatori russi in Russia,” fa notare Hardt, il cui Paese ha soccorso l’oppositore russo Navalny dopo il suo avvelenamento da parte del Cremlino. La Germania ha dalla sua anche la leva del Nord Stream 2, il gasdotto in completamento nel Mar Baltico attraverso il quale Mosca potrà rifornire Berlino. In molti hanno fatto pressione sulla Cancelliera Merkel affinché interrompesse l’opera per mettere pressione su Putin. Sarebbe però assurdo far pagare ai contribuenti tedeschi le spese di risarcimento, nota Hardt, che pure si è dichiarato opposto al progetto che ritiene obsoleto. “Piuttosto, in Europa parliamo di quanto gas far arrivare dalla Russia”.

Il membro del Bundestag si è anche detto favorevole a voler trovare un accordo con l’America “entro I prossimi tre mesi” per favorire un’evoluzione della questione iraniana. La posizione ha trovato riscontro nella linea auspicata dall’italiana –  “non scegliere un lato delle contese tra i Paesi del Medio Oriente e del Nordafrica, ma provare a bilanciare i nostri interessi e quelli dei nostri alleati”. Quartapelle ha anche apprezzato la decisione americana di interrompere l’esportazione di armi verso Emirati Arabi e Arabia Saudita (sullo sfondo del disastro umanitario in Yemen), decisione a cui ha fatto seguito l’Italia questo venerdì.

Last but not least, il clima

Non poteva mancare dal dialogo quello che Quartapelle ha definito “il vero punto di convergenza tra Stati Uniti e Europa”, ossia la lotta al cambiamento climatico. Bruxelles, ha fatto notare la deputata, sta versando fondi ingentissimi nella transizione energetica, e il fatto che gli Stati Uniti di Biden siano rientrati subito negli accordi di Parigi non fa che evidenziare gli interessi comuni. “Lavoriamoci,” ha concluso perentoria.

Hardt si è poi espresso a favore di uno scambio di best practices per non far gravare la transazione addosso alle fasce più vulnerabili della popolazione, quelle che poi – come si è visto in America quattro anni fa – potrebbero votare in senso inverso all’ondata verde. “onorare gli accordi di Parigi sarà la sfida più grande dell’umanità del ventunesimo secolo,” ha concluso, perché la minaccia climatica è la più grande in esistenza, nonché alla base di moltissimi conflitti etnici e nazionali.


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