L’importanza della pedagogia come tramite per influenzare i comportamenti dei giovani, attraverso libri, giornali e film e per inserirsi nel dibattito culturale dei prossimi anni. E questo potrebbe rappresentare un momento propizio per una moderna affermazione dell’individualità in chiave etica. L’analisi di Claudio Mattia Serafin, Luiss Guido Carli
Ho di recente avuto il piacere di ricevere personalmente dal presidente Pietro Grasso il suo ultimo scritto, “Paolo Borsellino parla ai ragazzi”.
Il saggio è un delizioso documento destinato ai giovani (per Feltrinelli kids), con una simpatica introduzione del regista Pif. Si può felicemente affermare che in un libro del genere sia presente tutto: la lettera interrotta del giudice Paolo Borsellino, la pedagogia appassionata, la storia ripercorsa con fermezza, per le sue tappe necessarie. È commovente, divertente, coinvolgente.
Simili esperienze non possono che indurre lo studente, il lettore, il consociato a riflettere, a porsi alcune domande.
Qualunque sia la fascia età che ognuno di noi sta attraversando, è innegabile che la nostra tendenza al bene, filosofica (Antiseri, 2010) oltre che fisiologica, si fa sentire. Una vera e propria tensione, che può addirittura spingere il comune cittadino a voler fare chiarezza, a porre dei punti fermi nella propria sfera di interesse personale, giuridica e culturale. Il chiacchierio continuo e le derive anche forti dei dibattiti sono oramai una realtà: essi costituiscono nient’altro che fenomeni politologici ipertesi e in eccessiva espansione, complici ovviamente i social network nel loro incessante scorrimento.
Non necessariamente un male: si cerchi di capire il motivo. È probabile che tali siano i momenti propizi per il riaffacciarsi di correnti deontologiche, da messaggi di speranza codificati dalla miglior sociologia giuridica (che ad esempio qualifica l’Italia come il paese dell’antimafia, più che della mafia, cfr. Sidoti 2012), sino a versioni moderne dell’affermazione individuale in chiave etica (si veda l’opera del celebre Taleb, e in specie “Antifragile”).
Il dizionario dei film e delle serie televisive “Morandini” compie nel settore della divulgazione un’operazione culturale fondamentale: all’interno delle sue voci, gli autori specificano che “la scritta Rag indica i film particolarmente consigliati per i ragazzi, cioè per la fascia d’età compresa fra i 6 e i 13 anni, e vuole al tempo stesso essere una guida alla costituzione di una cineteca ideale”. Il cinema, nonostante alcune poco qualificate voci dissenzienti, è veicolo importantissimo di contenuti, messaggi, nuclei di informazione diretti alle più rilevanti branche del vivere civile. I film parlano di storie vere, giornalismo, storia, crimini; le loro sceneggiature sono alti esempi di speculazione narrativa, e spesso addivengono a soluzioni sorprendenti. E, generosamente, mettono a parte lo spettatore del risultato. Un circolo virtuoso davvero impressionante, da non sottovalutare mai.
Ancora: la rivista “Internazionale” presenta un’interessante versione di sé stessa, ovverosia “Internazionale kids”, rivista di geopolitica e cultura generale rivolta ai più piccoli. Tramite i destinatari da proteggere, per certi versi, si ha modo di veicolare contenuti educati, civili, entusiasmanti. E si può fare luce anche sui punti più delicati della crescita generazionale, dagli studi di genere, alla sessualità, alla sostenibilità intesa nella sua chiave più ampia: non tanto l’ormai angusta versione “ambientalista”, quanto la vera sostenibilità scientifica, quella che vuole richiamare e applicare i concetti di solidarietà, carità religiosa in senso ampio, il rispetto delle norme giuridiche e delle tradizioni, l’apertura mentale, l’uguaglianza. Quando il progresso non viene imposto, ma condiviso (e in questo la più autorevole storia del diritto è chiara (Padoa Schioppa, 2007; Pene Vidari, 2011).
Ecco che allora la pedagogia ha ora sponda forte per diventare un programma “ombrello” (per dirla come gli americani) che includerà tutta una serie di modi di vivere, concezioni culturali e prassi socio-giuridica ed economica nella realtà di tutti i giorni, per i professionisti, gli studenti, le istituzioni. Una sorta di codice di condotta nei rapporti tra consociati, che inizieranno volentieri a comportarsi come osservatori non contaminanti (così consentendo la ripetizione dei cicli senza ripercussioni sul contesto di sistema). La pedagogia non è il bene, non è positività gratuita o un banale concetto zen: è un equilibrio dialettico di carattere etico, morale, filosofico, giuridico, economico (si pensi alla nuova disciplina legislativa – d.lgs. n. 254/2016 – avente ad oggetto l’obbligo di inserimento in bilancio nelle società di grandi dimensioni delle informazioni non finanziarie, quindi sostenibilità, etica ecc.; la Consob ora ne tiene traccia in apposito registro).
La pedagogia è soprattutto un ottimo candidato per penetrare il dibattito culturale dei prossimi anni.