Sembrava un piano inclinato, ma si sta rivelando una salita durissima. Fino a una settimana fa, era tutto già scritto. Matteo Renzi, dopo la giusta suspence sulla sua candidatura, si preparava a conquistare le redini del Pd e del Paese, osannato dai sondaggi e da un partito che finalmente era riuscito ad accettarlo.
Ma, come nei migliori thriller piddini, nulla è come sembra. Così, lo scenario ora è totalmente capovolto, o così appare. Le cronache raccontano di un partito schierato a combattere le ambizioni del sindaco di Firenze. E che ieri si è ritrovato in un convegno “Fare il Pd” che doveva lanciare la candidatura bersaniana di Stefano Fassina. Ma è finito per ricompattare l’asse ex-diessino in aperta contrapposizione alla candidatura renziana.
I presenti ovviamente negano, “non nasce nessun correntone, Renzi gioca un po’ a fare la vittima”, ha commentato Massimo D’Alema. Ma se un renziano di ferro come Paolo Gentiloni è arrivato a scrivere su Twitter che “ci sono quelli che criticano Renzi per non aver partecipato alla riunione organizzata per fermare Renzi”, l’alleanza sigillata ieri va al di là delle fantasie giornalistiche.
Siamo sicuri che questo patto faccia davvero male a “Matteo”? Il riproporsi al centro della scena di rottamati come D’Alema e Bersani, può fare gioco a Renzi nel rafforzare la sua immagine di nuovo che combatte contro tutto e tutti per affermare la sua leadership. L’incontro tra “capicorrente” a Roma ha sicuramente avvalorato il messaggio contenuto nella sua ultima e-news che lui con loro non c’entra niente. E la sua di corrente, ieri assente, ne esce la più pulita, lontana dai giochi di palazzo.
Il rischio è però che, come scrive Stefano Menichini oggi su Europa, si riproponga lo stesso copione delle primarie. E, anche se i rapporti di forza nel partito sono nettamente cambiati rispetto ad allora, il rischio che il trappolone anti-Matteo funzioni anche stavolta c’è. Anche se lui assicura, “non mi faccio fregare”.