I militari continuano a bloccare internet per cercare di evitare nuove proteste. Ma lo scontento popolare non si ferma. Le dichiarazioni del segretario generale delle Nazioni Unite sulla crisi nel Paese asiatico
È ancora oscurata la rete internet in tutto il Myanmar. Come accaduto a inizio settimana, la giunta militare che ha preso il controllo del Paese continua a bloccare le piattaforme di comunicazione nel tentativo di scongiurare nuove manifestazioni.
I generali che hanno arrestato la leader Aung San Suu Kyi hanno interrotto il funzionamento dei social network Facebook, Twitter e Instagram, da dove sono partiti i messaggi di scontento popolare e l’organizzazione di proteste in tutto il Paese asiatico. La loro versione è che cercano di proteggere “la stabilità della nazione e l’interesse pubblico”.
Telenor, compagnia di telecomunicazioni norvegese che gestisce la seconda rete mobile del Myanmar ha dichiarato che “il ministero dei Trasporti e delle comunicazioni ha ordinato a tutti gli operatori di telefonia mobile di chiudere temporaneamente la rete dati in Myanmar. I servizi voce e SMS restano attivi”.
Tuttavia, le proteste non si fermano. Oggi diverse manifestazioni a Yangon sono degenerate in scontri con la polizia. Molti partecipanti hanno indossato abiti rossi, simbolo del partito di Suu Kyi. Ieri circa 300 parlamentari del Partito Lega nazionale per la democrazia si sono dichiarati rappresentanti legittimi del popolo e hanno chiesto il riconoscimento internazionale.
Sulla crisi in Myanmar si è pronunciato il Consiglio di sicurezza. Una risoluzione ha dichiarato che è essenziale sostenere la transizione democratica ed esercitare pressione sulle autorità militari che hanno preso il potere con un colpo di Stato. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha chiesto “che tutte le persone siano rilasciate e che i risultati delle elezioni (legislative) siano rispettati, il che significa il rovesciamento del colpo di Stato che è stato condotto […] Faremo tutto il possibile per unire la comunità internazionale affinché si creino le condizioni per invertire questo colpo di Stato”.
“I membri del Consiglio di sicurezza – si legge nella risoluzione – sottolineano la necessità di un continuo sostegno alla transizione democratica in Myanmar”.
La crisi a Myanmar è cominciata lunedì, quando un gruppo di generali hanno arrestato il leader Aung San Suu Kyi, e il presidente Win Myint, nonché altri membri del Partito della Lega nazionale per la democrazia. I militari contestano i risultati del voto delle elezioni legislative dello scorso novembre.