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Comunicare con il silenzio. Lo stil nuovo di Draghi visto da Comin

Per la prima volta a memoria di osservatori, l’assenza di qualsiasi anticipazione e gossip sui nomi e sul programma di governo è diventato argomento di discussione e di analisi, anche degli esperti. L’analisi di Gianluca Comin, docente di Strategie di Comunicazione alla Luiss e fondatore di Comin & Partners

Tra i vaticanisti gira una storiella sui tre misteri della Chiesa: quanti soldi hanno i salesiani, quanti sono gli ordini di suore e cosa pensano davvero i gesuiti. Forse possiamo ricorrere a questa battuta per capire lo stile che Mario Draghi, allievo appunto dei gesuiti del liceo Massimo, ha adottato nella prima fase di costituzione del suo governo: la riservatezza estrema, il silenzio come forma di comunicazione.

Per la prima volta a memoria di osservatori, l’assenza di qualsiasi anticipazione e gossip sui nomi e sul programma di governo è di per sé un argomento di discussione e di analisi, anche degli esperti. Uno stile-Draghi che, da un lato sta frustrando giornalisti, commentatori e leader politici che, per la prima volta, non hanno potuto esercitarsi con il negoziato su nomi e caselle, dall’altro ha già prodotto un dibattito tra gli esperti di comunicazione. Se in Italia, abituata ai rumorosi talk show e alla ridda di dichiarazioni, il silenzio come modalità di comunicazione politica è come uno shock del sistema, all’estero non è un atteggiamento nuovo, tanto da aver prodotto non pochi paper universitari di studio e analisi.

Il caso più vicino è quello di Angela Merkel famosa per i suoi black out comunicativi, analizzati da un recente studio pubblicato su Contemporary Political Theory su “La natura del silenzio e le sue potenzialità democratiche”. I suoi eloquenti silenzi, scrivono i ricercatori, sono una caratteristica spesso sottolineata dello stile di leadership. Di fronte a questioni controverse, la Merkel spesso rimane in disparte, limitandosi a osservazioni generali su temi non divisivi e sulla procedura del processo decisionale. Ed il suo rifiuto di schierarsi e la sua prudenza tattica diventano spesso oggetto di dibattiti critici sui media. Insomma, il silenzio come forma di negoziazione politica.

Il silenzio, o meglio la riservatezza, è la cifra della comunicazione dei banchieri centrali. Persino con un filo di snobismo, come il noto atteggiamento del fondatore di Mediobanca, Enrico Cuccia, noto per non aver mai rilasciato una intervista e per la sua capacità di attraversare nugoli di giornalisti senza proferire parola. Solo ”Striscia la notizia”, il tg satirico di Canale 5, riuscì a strappare qualche battuta al banchiere quando avvicinato da Alberto Colajanni, travestito da D’Alema, non si accorse dello scherzo e gli strinse perfino la mano, scambiando con lui alcune battute. ”Come va, tutto bene?”, chiese Colajanni-D’Alema. ”Non c’è male, e lei?”, rispose di rimando Cuccia. Poi si accorse della telecamera e prosegui a testa bassa fino all’ingresso di via Filodrammatici.

Non c’è dubbio dunque che il nuovo inquilino di Palazzo Chigi adotterà un suo stile comunicativo, ben diverso da quello di Conte-Casalino. In primo luogo perché non dovrà né accrescere la sua notorietà, né conquistare consenso elettorale. In secondo luogo, perché adotterà il metodo delle banche centrali, trasparenza e ordine: comunicati dettagliati, emessi in orari prestabiliti, conferenze stampa ordinate e aperte a tutti. E solo quando ci sarà qualcosa da comunicare utile per i cittadini. Insomma, si torna alla comunicazione istituzionale sobria, ma non incompleta, che sostituirà le veline, i whatsapp, i retroscena e i sussurri , le dirette Facebook a cui ci hanno abituato i portavoce degli ultimi presidenti del Consiglio.

Uno stile al quale si dovranno adattare in primo luogo i giornalisti. E già abbiamo visto in questi ultimi giorni prima della costituzione del nuovo governo quanto è stato difficile per la maggior parte di loro rinunciare a retroscena e anticipazioni. In molti casi la cronaca, in assenza di notizie, si è trasformata in commenti e opinioni. Puntualmente smentiti dai fatti. Ma dovranno abituarsi al nuovo metodo comunicativo anche gli altri ministri, in particolare quelli politici. Abbiamo visto all’uscita dal Quirinale dopo il giuramento, i neo-ministri ignorare le telecamere e rinunciare ai commenti a caldo. Resisteranno a lungo a questa dieta? Temo di no e forse non è nemmeno giusto che lo facciano. I politici cercano il consenso e con l’avvicinarsi delle prossime elezioni amministrative a Milano, Roma e Napoli riprenderanno il dibattito al quale siamo abituati.

Ma per Draghi è diverso. Oltre allo stile deve marcare la differenza del suo ruolo e di quello del suo governo. “Mi raccomando sobrietà nella comunicazione”, avrebbe avvertito nella prima riunione del Consiglio dei ministri. E guarda caso, al termine della seduta, i 23 ministri hanno lasciato Palazzo Chigi senza fare dichiarazioni.

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