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E se si dovesse tornare ai lockdown alla Codogno?

Di Carlo Agnoli

Il martellamento scientifico degli ultimi giorni non ammette altre variabili: per combattere la marcia a macchia di leopardo su tutto il territorio nazionale della variante inglese del virus servono nuovi lockdown. Ma i politici, a cui tocca la decisione finale sul sì o sul no, cosa ne pensano?

Lockdown brevi, mirati e strettissimi. Zone rosse alla Codogno di un anno fa per intenderci. Il martellamento scientifico negli ultimi giorni non ammette altre variabili: per combattere la marcia a macchia di leopardo su tutto il territorio nazionale della variante inglese del virus, che come è successo ad esempio a Pescara ha portato in pochissimi giorni al nuovo esaurimento della capienza ospedaliera dei posti Covid (terapie intensive incluse), non ci sono altre soluzioni se non il richiudere tutto. Per qualche settimana sicuramente, potendo così sperare, in costanza dell’avanzamento del piano vaccinale, di avere solo ulteriori mesi di sofferenza anziché un altro anno pieno. Per la scienza servono ancora misure restrittive più forti contro il Covid-19.

A sparare ad alzo zero richiedendo, e ottenendo come nel caso del nuovo repentino stop allo sci, l’immediata azione del nuovo foverno, è innanzitutto un criticatissimo Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute Roberto Speranza. Per il quale servono “lockdown brevi e mirati per avere meno di 50 casi per 100.000 abitanti”. Proposta in linea con quanto fanno i “Ricciardi” di mezza Europa, ma la decisione sul seguire la linea della lotta a oltranza a suon di chiusure spetta però sempre agli esecutivi. “Dipende sempre dal governo – ha sottolineato infatti lo stesso Ricciardi in una intervista Tv -, la stessa proposta è stata fatta alla Merkel che l’ha recepita, e al presidente francese Macron che ha detto di no”. Per i fan del sì alle chiusure ci sarebbe anche il caso neozelandese, con Auckland che ha fermato per qualche giorno anche la Coppa America e la corsa esaltante di Luna Rossa verso la finale ai primi segnali di ripresa della diffusione del virus.

Se la scienza è compatta, ai politici tocca l’arduo compito di dire sì o no, rischiando in primis reputazione e futuro consenso proprio nelle settimane in cui l’idillio con il nuovo esecutivo è, più di sempre con Draghi, fortissimo. “Al di là della sintonia con Ricciardi su una serie di idee – ricorda ancora per la scienza Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – credo che il suo ragionamento sia allineato con quello che abbiamo pubblicato prima del periodo natalizio. La strategia che il governo ha assunto è quello della convivenza con il virus, varando misure per evitare la saturazione degli ospedali. Questo tipo di strategia possiamo portarla avanti per tutto il 2021, con stop&go a seconda della situazione. Immaginare che la somministrazione del vaccino possa far migliorare la situazione è molto difficile, sia per i tempi sia per l’incognita varianti. L’obiettivo dovrebbe essere far circolare il virus meno possibile e non abbassare il carico sugli ospedali”.

Accetteranno passivamente i politici nazionali questo nuovo tam tam mediatico degli scienziati? Pare proprio di no. La doccia fredda della nuova chiusura degli impianti sciistici a poche ore invece da una attesissima riapertura, ha aperto dal fronte politico un nuovo tiro a segno sul Comitato tecnico scientifico (e su Speranza). A trainare l’assalto con richiesta di revisione dei componenti dell’organo di consulenza il leader della Lega Salvini, ma mai come oggi sono tutti compatti, dal centro come dalle regioni. Così non si fa. Univoco soprattutto il pensiero dei governatori, la sintesi nelle parole del lombardo Fontana: il sistema delle decisioni di “settimana in settimana” è devastante sia per gli operatori, sia per i cittadini. Se vogliamo invece leggerlo in maniera più estesa, meglio usare le parole di Bonaccini: “Speriamo sia l’ultima volta” che il Cts comunichi una decisione nel modo in cui ha comunicato lo stop alla riapertura degli impianti di sci prevista per oggi. “Speriamo d’ora in poi ci sia un nuovo metodo, sappiamo che c’è un virus molto pericoloso che ha visto le cosiddette varianti tornare a spaventare e a fare male, è così in tutta Europa. Nessuno di noi vuole sottovalutare i rischi e i problemi. Però prendiamo decisioni nei tempi dovuti e non un minuto prima”.

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