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La svolta green del governo, l’eredità in chiaroscuro dei 5 Stelle

Di Nunzio Ingiusto

In questi anni è mancato il coraggio della decisione che equivale alla responsabilità politica. Allo stesso modo, seguendo le linee programmatiche di Draghi, bisognerà trovare la forza per distinguere produzioni e filiere non più compatibili con scenari ecosostenibili non solo italiani, ma globali. L’Europa ha lanciato il Next Generation Ue ambientale, che guiderà le scelte dei prossimi mesi. Ma forse in Italia ci era già noto prima

Una decisa inversione ad U. Ciò che attende il governo Draghi in tema di ambiente e di riconversione energetica è di marciare in direzione opposta ai tre anni di gestione Cinquestelle.

Davanti ci sono le principali questioni riguardanti sostenibilità, clima, infrastrutture, riciclo. Ha ragione Chicco Testa su questo giornale quando parla di eterogenesi dei fini, perché anche Grillo con il primo governo Conte nel 2018 si presentava come lo straordinario innovatore di un sistema economico tossico. Ricordate il contratto di governo Lega -M5S con i tanti richiami alla green economy?

Per tre anni nei due ministeri chiave dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente ci sono stati esponenti di punta del Movimento. Che hanno lavorato sodo, salvo lasciare oggi un’eredità fatta anche di provvedimenti non andati a buon fine, “no” ad infrastrutture degne della migliore economia circolare, bonus e agevolazioni di corto respiro, discariche in attività.

Quando Draghi dice che ai giovani bisogna lasciare anche un buon pianeta, oltre che una buona moneta, indica una prospettiva ideale e concreta. A conti fatti anche i Cinquestelle si rendono conto di aver deluso molte aspettative che ne avevano decretato l’exploit. Perché la transizione energetica era attuale anche quando le loro piazze erano gremite di giovani nemici delle terre dei fuochi, delle emissioni di Co2, di chi voleva produrre l’acciaio con pannelli solari o pale eoliche e via dicendo.

Ora è diventato urgente voltare pagina con un passo accelerato già nel trasferimento di deleghe e competenze al nuovo ministero di Cingolani. Ma non tutto si decide a Roma: questo deve essere chiaro. Lo stesso presidente del Consiglio ha detto in Parlamento che senza la collaborazione di Regioni, Province e Comuni non si centra nessun obiettivo. Le materie su cui lavorare sono tante e la ricerca di un consenso nell’interesse superiore del Paese, piuttosto che dei singoli territori, può fare la differenza.

D’altra parte i fondamentali di una economia sostenibile travalicano gli ambiti e le prerogative dei poteri locali. I nostri principi costituzionali di tutela della salute pubblica e dell’ambiente dovranno essere declinati in maniera molto diversa dal passato. La costruzione di un termovalorizzatore o la scelta di un deposito per i rifiuti radioattivi, per esempio, sono destinati all’utilità collettiva, non a danno o al profitto di un preciso territorio.

In questi anni è mancato il coraggio della decisione che equivale alla responsabilità politica. Allo stesso modo, seguendo le linee programmatiche di Draghi, bisognerà trovare la forza per distinguere produzioni e filiere non più compatibili con scenari ecosostenibili non solo italiani, ma globali. Sarà necessaria una discussione ampia e seria con le organizzazioni industriali e dei lavoratori per ritrovare la strada della riconversione, dell’innovazione e della formazione professionale per guadagnare mercati, nuova occupazione e punti di Pil.

Il nocciolo di tutte le questioni ambientali gira intorno all’economia e alla sua capacità di innovarsi, cercando nuovi punti equilibrio tra chi investe e chi ne ricava benessere. Ai due ultimi governi è mancata anche questa forza di sintesi che avrebbe facilitato il compito a chi veniva dopo. Per questo il consenso che accompagna la nascita del governo di Mario Draghi per molti avrà il suo riflesso proprio nella svolta ambientalista. L’Europa ha lanciato il Next Generation Ue ambientale, che guiderà le scelte dei prossimi mesi. Ma forse in Italia ci era già noto prima.

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