È il momento di una destra non solo mai più marginale, ma anche sempre alleabile come Giorgia Meloni ha più volte chiarito, non venendo mai meno all’insegnamento di Tatarella di dividere la “casa al 65% di italiani non di Sinistra”, come Pinuccio definiva il centrodestra di cui fu il padre politico. L’intervento di Fabrizio Tatarella, vice presidente Fondazione Tatarella
La scelta di Giorgia Meloni di andare all’opposizione, opzione che evita alla democrazia del nostro Paese di restare orfana di una normale dialettica tra maggioranza e opposizione costruttiva e di governo, non deve essere confusa con una voglia nostalgica e fine a se stessa, pur presente in alcune sensibilità minoritarie della destra politica, di ritornare a fare opposizione dura e senza sconti, pur di non incidere nelle scelte impopolari che un governo di emergenza può assumere.
La destra, in questa fase storica, deve essere duplice garante sia dell’interesse nazionale, contro cessioni di sovranità nazionale, che di quello del Mezzogiorno, come da tradizione della destra a vocazione meridionale, per investire al Sud i miliardi del Recovery Fund anche per ricucire l’Italia, riducendo il gap tra Nord e Sud del Paese.
In poche ore dalla nascita del governo Draghi un deputato europeo, il capogruppo in Regione Basilicata e un deputato italiano hanno lasciato la Lega per aderire al progetto della destra di Meloni.
Non a caso, più la Lega si sposta verso il centro nel tentativo di occupare lo spazio politico della prima Forza Italia, quella liberale del 1994, aderendo in prospettiva in Europa al Ppe e abbandonando di fatto, come il voto a favore del Recovery Plan a Bruxelles ha già confermato, il gruppo delle destre estreme e non di governo, più Fdi legittimamente conquista lo spazio di una grande destra.
La Meloni non ha alcuna intenzione di isolarsi, nonostante contro di lei e contro la destra abbiano ripreso a suonare le campane a morto di chi, a Sinistra, vorrebbe nei suoi confronti una riedizione della “conventio ad excludendum”, di cui per decenni fu vittima il Msi di Almirante, con lo scopo di dividere la destra dal Centro e vincere le elezioni.
Una convenzione come quella che si verificò dopo il fallimento del governo monocolore Dc di Tambroni nell’estate del 1960 (che ottenne la fiducia grazie ai voti determinanti del Msi) e che fu il pretesto per lanciare la formula del centro-sinistra, non esiste più dopo la trasformazione del Msi in An.
La moderna destra di governo è nata a Fiuggi con lo storico Congresso che portò alla nascita di Alleanza Nazionale, una destra democratica, europea non più emarginabile dal gioco della democrazia in cui chi vince governa e chi perde controlla, svolgendo il ruolo di opposizione seria, istituzionale, nell’interesse nazionale ed in grado di correggere gli errori di un governo.
In questo scenario, lungimirante si è rivelata la scelta di aderire, in tempi non sospetti, alla nobile famiglia europea dei conservatori, grazie al lavoro di relazioni di Raffale Fitto co-presidente dell’Ecr e Carlo Fidanza capodelegazione dei Fdi al Parlamento europeo, che ha successivamente portato la Meloni ad essere la prima italiana a guidare un partito a livello internazionale.
Tra i conservatori vi sono partiti, come quello polacco Diritto e Giustizia (Pis), al governo dei rispettivi Paesi ed altri che svolgono il ruolo di opposizioni responsabili.
Non va dimenticato che Alleanza Nazionale dal ‘99 al 2009, al governo in Italia, fu tra i promotori al Parlamento europeo di un gruppo conservatore, l’Uen, Unione per l’Europa delle Nazioni, proprio con i polacchi, gli irlandesi del Fianna Fail e i gollisti francesi, tutte forze di governo.
La Meloni rappresenta, quindi, una destra moderna e conservatrice erede, e in perfetta continuità storica e politica, della destra di governo ed europea voluta da Pinuccio Tatarella.
In questi due anni che ci separano dalle elezioni politiche la destra deve aprirsi il più possibile all’esterno, dialogando con tutte le categorie, per interpretarne istanze e bisogni post pandemia, svolgere un determinante ruolo culturale dotandosi di Fondazioni di riferimento, think thank, luoghi in cui elaborare programma di governo e selezionare attentamente la sua classe dirigente quando, finita l’emergenza, la Destra sarà nuovamente chiamata a ricoprire responsabilità di governo.
Una destra non solo mai più marginale, ma anche sempre alleabile come Giorgia Meloni ha più volte chiarito, non venendo mai meno all’insegnamento di Tatarella di dividere la “casa al 65% di italiani non di Sinistra”, come Pinuccio definiva il centrodestra di cui fu il padre politico.