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Torneranno i popolari (con o senza Renzi). Firmato Rotondi

Renzi da solo non farà nessun partito macroniano, in una squadra nuova e larga potrebbe rifarsi una vita. Con o senza Renzi, il popolarismo in Italia invece risorgerà perché è nella sua storia. Troverà un suo portavoce, sperando che non frequenti ancora i banchi del liceo. Il commento di Gianfranco Rotondi

Lascio agli appassionati del genere il giochino su chi sia preferibile come premier tra Conte e Draghi. Io stimo entrambi, e non giuro sul buon risultato governativo né del primo né del secondo. Ma una cosa è certa: a far fuori Giuseppi è stato Matteo Renzi, a buon diritto considerato il vincitore assoluto della crisi di governo.

I patiti del gossip raccontano la rivalità tra i due in varie versioni, tutte letterariamente godibili, nessuna politicamente attendibile. La verità è chiara e lampante: Conte era molto popolare, e questo per Renzi era ancora accettabile, l’uomo essendo più intelligente e meno vanitoso di quanto gli antirenziani viscerali proclamino.

Ciò che Renzi non poteva accettare era un partito di Conte, una forza politica nuova più o meno cucita sul premier, più o meno centrale, più o meno similmacroniana, ossia più o meno quella che voleva realizzare Renzi. Qui è cascato il governo: Renzi sicuramente si è dotato della complicità delle altre vittime oggettive dell'”operazione Conte”, ossia il Pd e il Movimento 5 Stelle. Il gioco è stato rapido e tecnicamente perfetto.

Ho fatto i complimenti a Renzi, sportivamente, ma io tifavo al contrario: non è un mistero che io fossi tra gli ufficiali di collegamento di un certo mondo moderato, Dc e forzista, e l’ormai ex premier Conte. Prima mi chiedevano se Berlusconi fosse informato di questo traffico, e io non rispondevo. Adesso posso anche rispondere, tanto l’operazione è saltata: Berlusconi era costantemente informato di tutto. Non posso dire che fosse l’ispiratore, ma nulla avveniva senza che ne fosse da me dettagliatamente informato.

Renzi è molto più veloce di me, e capiva il rischio di lasciare al governo un signore divenuto contemporaneamente interlocutore del Vaticano, del mondo cattolico, di Berlusconi, rimanendo sostenuto da un movimento grillino sempre più moderato e quasi democristiano.

Stava avvenendo il miracolo: dall’antipolitica dei grillonzi veniva fuori una piattaforma programmatica – quella ambientalista, per capirci – identica a quella dettata dalla Pontefice, e sottoscritta da ciò che resta di un laicato cattolico autorevole pur se privo dei riferimenti e dei consensi del passato.

A Renzi era stato chiesto di associarsi a questo progetto. Lui, come molti, aderisce solo ai progetti che fonda lui. E fa saltare la concorrenza, con rapidità ed efficienza, come ha dimostrato anche in questa occasione.

Mi permetto di dire – certo della incomprensione renziana – che ne varrebbe ancora la pena: Renzi da solo non farà nessun partito macroniano, in una squadra nuova e larga potrebbe rifarsi una vita. Con o senza Renzi, il popolarismo in Italia risorgerà perché è nella sua storia. Troverà un suo portavoce, sperando che non frequenti ancora i banchi del liceo.



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